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 2004  marzo 13 Sabato calendario

Gabbie - Nel 1927 Georges Simenon si fece pagare centomila franchi da ”Paris-Matin” per ultimare in tre giorni e tre notti un romanzo, restando chiuso in una gabbia di vetro piazzata davanti al Moulin Rouge

• Gabbie. Nel 1927 Georges Simenon si fece pagare centomila franchi da ”Paris-Matin” per ultimare in tre giorni e tre notti un romanzo, restando chiuso in una gabbia di vetro piazzata davanti al Moulin Rouge.
• Dada. Per attirare pubblico alla manifestazione Dada organizzata il 5 febbraio 1920 al Grand Palais, Tzara, Breton e Aragon diedero la falsa notizia della partecipazione di Charlie Chaplin.
• Poveri. "Vorrei vivere da povero, con molti soldi" (Pablo Picasso).
• Autografi. La sera in cui Modigliani in un bistrot fece il ritratto a una turista americana in cambio di tre birre. Quando la signora gli chiese l’autografo nell’eventualità che diventasse famoso, il pittore fece la firma in diagonale, coprendo il ritratto.
• Carta. Mise di Jarry per andare a teatro: camicia di carta con su una cravatta dipinta a china.
• Bare. Le stanze affittate agli artisti da Alfred Boucher a Montparnasse erano chiamate ”bare”: un triangolo con un soppalco dove l’inquilino dormiva su un materasso sottile, senza gas, elettricità, né acqua.
• Vestiti. Max Jacob, per spiegare la differenza tra prosa e poesia: "Il romanziere scrive: Une robe verte, il poeta scrive: Une robe d’herbes" (’un vestito verde – un vestito d’erbe”).
• Cubisti/2. "Non ho più bisogno del sole, porto la mia luce con me" (George Braque).
• Tasca. Gesto tipico di Guillaume Apollinaire per scroccare la cena agli amici al ristorante: mettersi la mano in tasca al momento di pagare e fingere stupore nel constatare l’assenza del portafoglio.
• Colazioni. Picasso, nei primi tempi della convivenza con Fernande Olivier, per colazione ordinava a domicilio dei pasticcini con l’intenzione di non pagarli. Perciò obbligava lei a rispondere al fattorino: "Non posso aprire, sono nuda. Lasci il pacchetto davanti alla porta". Se riusciva a svegliarsi presto, rubava le bottiglie di latte lasciate davanti alla porta dei suoi vicini.
• Sardine. Paco Durrio, scultore e ceramista, si preoccupava sempre per gli amici. Davanti alla porta di Pablo Picasso, che s’era appena trasferito a Montmartre dalla Spagna, lasciava sempre del pane e una scatola di sardine. Le sue ultime parole prima di morire: " seccante lasciare gli amici".
• Profumo. Per prender parte al ricevimento organizzato dal mercante d’arte Vollard, Degas pretese: niente burro nelle pietanze né fiori sulla tavola, illuminazione fioca, il gatto chiuso in una stanza, il cane tenuto lontano, le donne senza profumo, la cena servita alle sette e mezza.
• Pulviscolo. Il divieto assoluto di Picasso di spolverare nel suo atelier perché il piumino avrebbe fatto cadere il pulviscolo sulle tele. Compromesso raggiunto con la compagna Fernande: pulire la stanza ogni tre mesi.
• Dieci litri. Utrillo iniziò a dipingere su prescrizione di uno psichiatra consultato dalla madre Suzanne, disperata perché non riusciva a farlo smettere di bere (mandava giù fino a dieci litri di vino al giorno). Per tenerlo lontano dalla bottiglia, la madre lo rinchiudeva in una stanza con pennelli e colori, lasciandolo lì finché non avesse esaurito il materiale. Utrillo s’appassionò subito alla pittura ma non smise di bere, tant’è che cedette spesso i suoi dipinti in cambio di un bicchiere di vino o d’assenzio.
• Grappa. Prima di colazione Alfred Jarry beveva due litri di vino bianco e tre Pernod. A pranzo non mancavano alcolici e caffè con grappa. La cena era preceduta da svariati aperitivi. Prima di coricarsi una dose di Pernod, mescolata con una d’aceto e una punta d’inchiostro. Nessuno l’ha mai visto ubriaco.
• Raymonde. Durante il periodo rosa (1905 - 1906), Picasso e Fernande Olivier presero in affidamento una bambina all’orfanotrofio di rue Caulaincourt, dandole il nome Raymonde. Dopo tre mesi la riportarono indietro perché richiedeva troppe attenzioni.
• Ritratto. Dopo novanta sedute di posa per ritrarre Gertrude Stein, Picasso abbandonò il pennello: "Non vi vedo più quando vi guardo". Aveva appena dipinto il viso, ma lo cancellò. Ripreso in mano il ritratto dopo qualche tempo, lo terminò in sua assenza. Quando gli rimproveravano che non era per niente somigliante, rispondeva: "Non importa: è lei che finirà per assomigliargli".
• Cubisti/1. "Quando un pittore cubista pensava: ”Dipingerò una ciotola”, si metteva al lavoro, pensando che una ciotola in pittura non aveva niente in comune con una ciotola nella vita" (Pablo Picasso).
• Mimetiche. Nel 1915, scrivendo all’amico Apollinaire impegnato al fronte, Picasso suggerì l’idea di realizzare divise mimetiche usando colori vivaci disposti come le pezze del costume di Arlecchino. Lo stesso anno, il telefonista Lucien Guirand de Scevola, pittore, incaricato dal ministero della Guerra di mettere insieme la prima unità mimetica della storia militare, si rivolse ai pittori cubisti.