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 2016  ottobre 30 Domenica calendario

Banche, la mappa
 degli esuberi. 
In arrivo 18mila tagli

La mappa degli esuberi nel mondo del credito assume via via le dimensioni di un esodo. Mano a mano che le banche aggiornano i loro piani industriali – in un epoca di tassi zero e quindi di bassa redditività – avanzano i tagli. Negli ultimi 13 anni sono usciti dalle banche – tra pensionamenti anticipati e pre pensionamenti – oltre 60 mila bancari. Un assaggio del fenomeno che in pochi anni abbatterà il numero dei 300 mila addetti allo sportello. Di qui al 2020 le banche, finora, hanno comunicato di voler tagliare ulteriori 18 mila posti di lavoro. E non è finita.

Al punto che anche il governo si sta attrezzando per accompagnare l’esodo di altri 7 mila bancari almeno, entro il 2022-2023. Non a caso nei piani del governo per la legge di Bilancio, tra gli importi per le categorie in crisi, ci sarebbero 648 milioni che confluiranno nel Fondo esuberi delle banche, la cui dotazione ora è di circa un centinaio di milioni. La trattativa è durata due mesi e mezza ed è stata condotta tra l’Abi e il ministero dell’Economia. Il risultato porterà ad accompagnare all’uscita, in tutto, 25 mila bancari nel giro di 7 anni, durata massima del sostegno del fondo.

I 648 milioni sarebbero così suddivisi: 174 milioni per il primo anno, 224 milioni nel secondo, 139 milioni per il terzo, con risorse nei due anni successivi di 87 più 24 milioni. Da tempo la Fabi, il principale sindacato dei lavoratori bancari, spingeva affinché il governo lasciasse per almeno 3 anni i 200 milioni che, ogni anno, le banche versano per la Naspi (l’indennità di disoccupazione) di altri settori. E così ha favorito una soluzione migliore che permetterà di gestire i prossimi esodi in maniera ordinata, tutti con prepensionamenti volontari.

La principale incognita da gestire «è ancora il Monte dei Paschi», dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. Il recente piano industriale da 2.900 esuberi controbilanciati da 300 assunzioni «appare leggero e se le cose non dovessero andare bene non è escluso un suo aggiornamento», dice Sileoni. In più c’è l’incognita dei 400 lavoratori esternalizzati in Fruendo che potrebbero essere reintegrati in Mps: manca un solo grado di giudizio. Ed è probabile che ciò comporterebbe per Siena una compensazione in termini di tagli. 

Altri mille esuberi potrebbero arrivare dalle tre «good bank» (le nuove Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti) su cui Ubi Banca sta chiudendo il cerchio. Se c’è attesa per le mosse di Unicredit, in Veneto i tagli saranno profondi. La fusione tra la Popolare di Vicenza e Veneto Banca procurerebbe 2.400 esuberi. Il presidente della Vicenza, Gianni Mion, ha detto nei giorni scorsi che per i 1300-1500 tagli da fare in banca non è possibile usare il fondo esuberi. «È solo un bluff – ribatte Sileoni -, visto che per poter procedere a licenziamenti si deve dichiarare lo stato di crisi, in seguito a cui sarei curioso di vedere quanti clienti rimarrebbero fedeli alla banca. Dovrebbe poi intervenire o il Fondo interbancario o il “bail in”, in cui pagherebbero gli azionisti e gli obbligazionisti. La verità è che i licenziamenti non se li può permettere nessuno». La via resta il prepensionamento volontario che riconosce il 66% dell’ultima retribuzione e che con gli accordi aziendali può arrivare all’80%.