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 2016  ottobre 30 Domenica calendario

Rajoy, la vittoria dopo 10 mesi. La Spagna ritrova un governo

Sono servite due elezioni, quasi tre, ma alla fine Mariano Rajoy è rimasto alla Moncloa. Il leader della destra spagnola ha saputo aspettare, ha vacillato, e poi, praticamente senza muoversi, ha visto cadere a uno a uno i suoi nemici. Rajoy è stato eletto capo del governo, dopo dieci mesi di inedita paralisi politica, un’investitura arrivata a 48 ore dalla scadenza costituzionale della legislatura. Per ottenere il via libera è stata necessaria l’astensione del Partito socialista, una scelta dolorosa per evitare il baratro delle terze elezioni in un anno, «ma, signor Rajoy – ha detto dalla tribuna il portavoce Antonio Hernando – non confonda questa astensione con un appoggio, lei è in minoranza e noi siamo all’opposizione». Le facce degli eredi di Felipe González ieri sera descrivevano bene il dramma vissuto in uno dei partiti più antichi d’Europa. Il Psoe è alle prese con una fronda seria, in 15 (7 dei quali della federazione catalana del partito) si sono rifiutati di seguire il «mandato imperativo» del partito. Si parla di espulsione, ma senza i deputati del «no», il Psoe avrebbe un gruppo parlamentare inferiore a quello del rivale di sinistra, Podemos. L’ex segretario defenestrato che aveva incarnato la linea del «no es no» a Rajoy, Pedro Sánchez, si è dimesso da deputato a poche ore dal voto, pur di non dire quella parola «astensione», che aveva contrastato sin dal dicembre scorso. Il suo addio al seggio, tra le lacrime, è stata l’immagine del giorno: «Da domani andrò in giro per ascoltare la voce di chi non è stato ascoltato», ha detto, preannunciando una lotta dura all’interno del partito. Il Psoe promette opposizione dura, ma Podemos è pronta a rinfacciare l’astensione. Il clima a sinistra sarà pesante e lo dimostra la manifestazione di indignados che ieri ha circondato il Congresso. 

Quello che Mariano Rajoy annuncerà giovedì sarà un governo, almeno apparentemente, debole, senza maggioranza in parlamento e con oltre 5 miliardi di taglia ordinati da Bruxelles. Due fattori però rafforzano il premier: l’opposizione dilaniata, guidata di fatto da Podemos (avversario comodo per il Pp) e i poteri che la costituzione assegna al primo ministro. Nelle facoltà di scienze politiche questi mesi di paralisi si cominciano a studiare. Ma una nuova disciplina avanza, il «marianismo», «la rivendicazione costante della normalità», scrive sulla Vanguardia, Enric Juliana. L’antileader è ancora leader.