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 2016  ottobre 30 Domenica calendario

Lutero Superstar

IL VIAGGIO DI PAPA FRANCESCO in Svezia coincide con il cinquecentesimo anniversario del 31 ottobre 1517 che la memoria collettiva ricorda come data di inizio della Riforma. Secondo una tradizione la cui storicità non è accertata, Martin Lutero avrebbe quel giorno fatto affiggere 95 tesi teologiche sulla porta della chiesa di Wittenberg, piccola città della Sassonia. Inviò le tesi con una lettera all’arcivescovo di Magonza. Quasi la metà sostengono argomenti polemici contro le indulgenze, che non assicurano la salvezza, perché solo Dio può perdonare il peccatore pentito.
LUTERO sferrò quindi un attacco frontale contro uno dei principali sostegni del sistema finanziario della Chiesa di allora, delegittimando nello stesso tempo la funzione di mediazione spirituale e sacramentale del papato. Ed è per questo duplice motivo che le “tesi di Wittenberg” ebbero uno straordinario successo. Non a caso, Silvestro Mazzolini da Prieiro, maestro del sacro palazzo vaticano, il cui compito era analogo a quello che svolge oggi il prefetto della Congregazione per la dottrina della Chiesa (l’ex Sant’Uffizio), polemizzò con Lutero pubblicando a Roma, già nel 1518, un Dialogo contro le conclusioni presuntuose di Lutero intorno al potere papale.
Ad Augsburg, ai margini della Dieta imperiale (ottobre 1518), Lutero ebbe un incontro con un altro ben più celebre domenicano, il cardinale legato Tommaso De Vio, il quale chiese a Lutero di ritrattare. L’agostiniano preferì però appellarsi direttamente a Leone X, perché, disse, «è stato male informato». Lutero non ruppe allora con Roma, ma discusse sempre più apertamente la legittimità dell’autorità papale. A Lipsia, durante una disputa (giugno-luglio 1519), dichiarò che la Chiesa non ha bisogno di un capo terreno, perché Cristo è il suo capo e la roccia sulla quale si fonda la fede è Cristo e non il successore di Pietro.Roma reagì allora ufficialmente. Il 15 giugno 1520 Leone X autorizzò l’apertura di un processo contro Lutero che fu chiamato nuovamente a ritrattare, non tutte, bensì quarantuno tesi di Wittenberg entro sessanta giorni, pena la scomunica. Le tesi condannate erano soprattutto quelle che mettevano in discussione i sacramenti e la mediazione spirituale del papato. Furono lasciate fuori tesi ripetitive o che non toccavano temi così fondamentali. Lutero non si recò a Roma per il processo, preferendo rimanere sotto la protezione del principe di Sassonia. Al Papa inviò il Trattato della libertà cristiana con una lunga lettera dedicatoria in cui espose la sua visione della Chiesa. Al Papa, Lutero riservò parole di rispetto e di elogio: «Il tuo buon nome e la fama della tua vita irreprensibile... non possono essere attaccati da nessuno». Feroce fu invece la polemica nei confronti della curia: il Papa «non può negare sia più corrotta di qualunque Babilonia o Sodoma» e «Satana in persona... regna... su questa Babilonia».
Due mesi dopo (10 dicembre) Lutero diede pubblicamente fuoco alla bolla papale. Il 3 gennaio 1521 Leone X scomunicò l’agostiniano e alla Dieta imperiale di Worms (26 aprile) Carlo V fece mettere il frate al bando dell’Impero, una decisione che contribuì a politicizzare lo scontro tra Lutero e la Chiesa. Con straordinaria rapidità le idee di Lutero si stavano diffondendo nelle città libere dell’Impero, da Norimberga a Strasburgo, o a Zurigo, dove il teologo svizzero Ulrich Zwingli organizzò già nel 1523 una disputa per discutere settantasette tesi secondo cui la fede è suscitata nell’uomo direttamente dallo Spirito. Spettacolare, il successo della traduzione di Lutero della Bibbia – nel 1522 il Nuovo Testamento fu pubblicato in tremila esemplari – non si spiega soltanto perché fu un capolavoro sul piano linguistico. Per Lutero – e per la Riforma in generale – la Bibbia è l’unica fonte della Rivelazione, il che elimina la necessità di una mediazione dottrinale della Chiesa. In pochi anni, le differenze con i cattolici si erano dunque acuite: se per Lutero soltanto Cristo è il capo della Chiesa, e non il Papa, la sola autorità che conta non deriva dall’autorità della Chiesa ma dalla Parola di Dio che ogni fedele riceve dalla lettura della Bibbia. Fu con questi argomenti che, fin dagli anni 1517-1522, si venne a costruire il profondo diverbio tra cattolicesimo e luteranesimo che si affermò a macchia d’olio in gran parte dell’Europa. Contro il papato di Roma, fondato dal demonio è il titolo di una delle sue ultime opere, scritta un anno prima della sua morte (1545).
La Riforma si affermò anche per motivi politici. Numerosi Stati territoriali tedeschi, dalla Pomerania alla Sassia, potevano così manifestare la loro indipendenza verso l’imperatore. In Danimarca, la Riforma prese piede grazie all’appoggio del re Federico I, e da qui in Norvegia e in Islanda, paesi allora sottomessi alla corona danese. In Svezia, Gustavo I Vasa fece decretare la libera circolazione del Vangelo (1527). A Basilea, Calvino pubblicò la Istituzione della religione cristiana proprio nell’anno in cui (1536) impose la Riforma a Ginevra, che diventò una «Roma protestante». Già nel 1530 il re d’Inghilterra Enrico VIII fece accettare dal Parlamento il titolo di capo supremo della Chiesa di Inghilterra, e quando l’unione segreta del re con Anna Bolena fu resa pubblica, papa Clemente VII lo minacciò di scomunica. Il re rispose facendo votare dal Parlamento l’Atto di Supremazia (1534). Nel 1538 Paolo III scomunicò il re sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Sotto Maria Tudor alcuni credettero che l’Inghilterra sarebbe tornata alla fedeltà verso Roma, ma il lungo regno di Elisabetta I d’Inghilterra (1558-1603) consolidò definitivamente la riforma anglicana.
Insomma, nel corso di pochi decenni l’Europa cristiana si divise profondamente, con regioni dominate dalla Riforma, irrimediabilmente separate da Roma, dove si continuò però a sperare di poter ristabilire l’unità della Chiesa. Convocato dapprima nel 1536 e poi nel 1545, il concilio di Trento si concentrò sui problemi teologici posti da Lutero. Sotto Giulio III una delegazione di protestanti tedeschi partecipò (1551-1552) al concilio ma senza risultati. Dopo una lunga pausa – per Paolo IV il compito di riformare la Chiesa spettava alla Sede apostolica – il Concilio riprese sotto Pio IV e si concluse nel 1563.
Proprio allora (1562) la Francia iniziò a essere dilaniata da una serie di guerre di religione. L’evento più tragico avvenne nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572, festa di san Bartolomeo. Numerosi protestanti erano venuti a Parigi per assistere, il 18 agosto, al matrimonio tra Margherita di Valois (la regina Margot) e il futuro re di Francia Enrico IV, una «unione esecranda» secondo l’espressione del generale dei Gesuiti. Il massacro di san Bartolomeo – così è passato alla storia – fu una strage. Si calcola che furono allora uccisi cinquemila ugonotti.
Con l’editto di Nantes (30 aprile 1598) Enrico IV porrà fine alle sanguinose guerre di religione riconoscendo ai protestanti la libertà di culto nei territori dove erano già insediati, tranne che a Parigi e in alcune città. Due decenni dopo, tra il 1618 e il 1648, fu l’Europa centrale a essere attraversata da uno dei più sanguinosi conflitti della storia europea, la Guerra dei trent’anni. Mezzo secolo dopo, con la revoca dell’editto di Nantes da parte di Luigi XIV (18 ottobre 1685), ripresero in Francia le persecuzioni contro i protestanti. Ventimila ugonotti fuggirono verso l’Inghilterra, la Virginia e la Carolina del Sud, la Germania, la Svizzera e i Paesi Bassi. Anche nello Stato sabaudo i valdesi furono cacciati dalle loro valli. Più di duemila persone trovarono rifugio nella Ginevra protestante, e altri nella Germania luterana.
Sono episodi tragici che fanno parte della nostra memoria collettiva, a ricordo – ora che si celebra il cinquecentesimo anniversario dell’inizio della Riforma protestante – di quei lunghi decenni di storia dell’Europa moderna, in cui incomprensioni e polemiche, stragi e massacri, migrazioni e esodi erano all’ordine del giorno, per ragioni profondamente religiose oltre che politiche.