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 2016  ottobre 30 Domenica calendario

Se l’immigrazione fa aumentare il Pil

Non saranno le statistiche a risolvere le dispute e gli scontri sull’immigrazione. Se così fosse, la questione sarebbe in gran parte risolta. Uno studio pubblicato dal Fondo monetario internazionale ha cercato di stabilire le conseguenze dell’immigrazione sul Pil pro capite nei Paesi più sviluppati, in sostanza sugli standard di vita. Il risultato più notevole è che, nel medio-lungo periodo, un aumento degli immigrati pari all’ 1% della popolazione adulta di un Paese accresce il Pil pro capite generale di almeno il 2%. Avviene, in parte, perché i migranti sono di solito più giovani della media dei cittadini delle Nazioni ricche e quindi fanno salire la quota di persone in età da lavoro; soprattutto, però, avviene perché migliora la produttività, in quanto spinge i nativi a occupare lavori più specializzati.
Una delle conclusioni interessanti dello studio dell’Fmi (che utilizza un approccio sviluppato in anni recenti da Alberto Alesina, Johann Harnoss e Hillel Rapoport) è che, a differenza di quanto in genere si pensa, il grado di istruzione degli immigrati non è l’elemento determinante per giudicarne l’effetto su un’economia. Per esempio, migranti con minori competenze spesso aumentano il numero di donne native che lavorano, in quanto vanno a sostituirle nelle prestazioni di assistenza famigliare. Inoltre, i benefici di più immigrati tendono a distribuirsi su tutta la scala sociale, anche se non allo stesso modo: per un 1% di aumento della quota di immigrati ad alta istruzione sulla popolazione, il reddito pro capite aumenta di quasi il 6% per il 10% più ricco dei residenti e di quasi il 2,5% per il restante 90%; se l’aumento dell’ 1% della quota è composto invece da persone di istruzione media o bassa, il reddito pro capite cresce del 2,5% per il 10% più ricco dei locali e del 2,2% per il restante 90%. Interessante notare che i migranti hanno livelli di competenza sempre più alti. Tra il 1980 e il 2010, i meno istruiti in arrivo sono restati di fatto stabili, anzi leggermente in calo, attorno al 5% della popolazione. I mediamente istruiti sono saliti dal 2% al 4,5%. E i più istruiti dal 2 al 5,7% (hanno superato la quota di chi ha basse competenze a metà del decennio scorso). Tutto questo è una media tra Paesi. Decisive perché i vantaggi si concretizzino sono le politiche di integrazione nel mercato del lavoro. Su questo sarebbe bene che i governi si concentrassero.