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 2016  ottobre 29 Sabato calendario

Spunta la norma «acchiapparicchi». Tassa fissa a chi si trasferisce in Italia

ROMA Sono passati venti anni da quando Romano Prodi disse che il nostro Mezzogiorno doveva diventare la «Florida d’Europa». Un posto dove far venire a vivere i ricchi stranieri che, in cambio di un po’ di sole e di grande bellezza, avrebbero pagato le tasse nel nostro Paese e sostenuto i consumi, dando fiato all’economia. Nel disegno di legge di Bilancio trasmesso ieri al Quirinale c’è una norma che si ispira a quell’idea, allargandola a tutta l’Italia. Un progetto che noi abbiamo solo vagheggiato e che nel frattempo è stato raccolto da altri Paesi, come il Portogallo, con i suoi sconti sulle tasse ai pensionati di tutto il mondo che si trasferiscono lì.
L’articolo in questione è il 24 bis. Funziona così: gli stranieri che decidono di trasferire in Italia la loro residenza potranno scegliere di pagare una tassa fissa di 100 mila euro l’anno a prescindere dal loro livello di reddito. Tecnicamente si tratta di una «imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfettaria». Di fatto è una norma acchiapparicchi. Perché la tassa fissa da 100 mila euro sarebbe conveniente solo per chi ha redditi molto elevati e nel suo Paese d’origine finisce per versare al Fisco molto di più. Il meccanismo viene descritto nei dettagli: per chi ha intenzione di trasferirsi in Italia la tassa fissa non è né un diritto automatico né un obbligo. Si tratta di una scelta e si deve presentare domanda all’Agenzia delle Entrate, che fa i suoi controlli con il Paese di provenienza prima di prendere una decisione.
Se la domanda viene accettata, lo straniero deve impegnarsi a mantenere la residenza in Italia per un periodo di almeno nove anni. Scaduti i nove anni la tassa fissa non c’è più: lo straniero può decidere di rimanere a vivere nel nostro Paese, pagando da quel momento in poi le normali tasse, molto più salate. Oppure trasferirsi altrove, magari in cerca di altre aliquote vantaggiose. Se però lascia il Paese prima dei nove anni previsti, perde il beneficio e deve pagare tutti gli arretrati.
La tassa da 100 mila euro va pagata una volta l’anno, con un versamento unico. Non può essere scalata da altre imposte o contributi. Se si salta un versamento scattano tutti i meccanismi di accertamento e riscossione previsti per i contribuenti normali. E si potrà anche perdere lo sconto con il rischio di dover pagare gli arretrati. Funzionerà?
Forse la norma è stata pensata anche per intercettare i possibili flussi d’uscita che potrebbero seguire la Brexit, l’addio del Regno Unito all’Unione Europea, con un percorso per altro ancora da definire. Anche se la norma acchiapparicchi riguarda le tasse pagate dalle persone fisiche. Per le aziende, in realtà, c’è un’altra misura di cui si era già parlato nei giorni scorsi perché era presente anche nelle bozze precedenti della manovra. Si tratta delle agevolazioni, anche sui visti di ingresso, per chi decide di investire nel nostro Paese sia in start up, sia in aziende già esistenti a condizione di creare nuovi posti di lavoro. La norma acchiapparicchi sembra chiudere il cerchio. Sempre che l’intero pacchetto regga nel testo della manovra che verrà trasmesso al Parlamento. Dall’approvazione in Consiglio dei ministri sono passate ormai due settimane. Ieri sera il ddl è stato inviato al Quirinale con la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato e in una versione più asciutta. Modifiche e cambiamenti sono ancora possibili.