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 2016  ottobre 28 Venerdì calendario

In morte di Rispoli

Renato Franco per il Corriere della Sera«L’urlo, lo scandalo e la volgarità non hanno mai abitato nella mia televisione, per questione di rispetto». Se ne è andato uno degli ultimi simboli di una televisione che non c’è più, quella «garbata», aggettivo ormai sparito dal lessico non solo televisivo. Luciano Rispoli è morto dopo lunga malattia – da tempo soffriva di cuore – nella sua casa romana. Aveva 84 anni.Per sintetizzare la sua carriera in due programmi non si può prescindere da Parola mia e Tappeto volante. Il primo fu un successo che oggi finirebbe annegato su Rai Scuola, un quiz sulla lingua italiana – un po’ divulgazione, un po’ intrattenimento – composto da tre rubriche: Conoscere l’italiano, Usare l’italiano, Amare l’italiano. Etimologie, significati delle parole, modi di dire, sinonimi e contrari, insomma l’abc per poter esprimere dei concetti in tempi in cui la forma non era così svilita. A fare da arbitro Gian Luigi Beccaria, docente di lingua all’Università di Torino, mentre Rispoli conduceva affiancato da Anna Carlucci. Parola mia andò in onda per tre edizioni dal 1985 al 1988 su Rai1 e poi azzardò un nuovo tentativo nel 2002 (questa volta su Rai3) quando ormai la tv era già stata irrimediabilmente infettata dal Grande Fratello. L’altro grande successo fu Tappeto volante, un talk show quotidiano nel quale Rispoli fu affiancato da diverse conduttrici (Rita Forte e Melba Ruffo quelle che più sono rimaste impresse, ma passarono anche Roberta Capua, Samantha De Grenet, Michela Rocco di Torrepadula). Era il periodo in cui il conduttore gentleman aveva lasciato la Rai (1990) per passare a Telemontecarlo. E Tappeto volante (dal 1993) rappresentò ancora una volta la cifra – sempre perbene, mai scorretta – della sua televisione: un talk show classico con interviste dai toni civili e non urlati a cui si accompagnavano momenti dedicati all’attualità, con un centralino aperto al pubblico.
Nato a Reggio Calabria il 12 luglio 1932, Rispoli fu assunto in Rai nel 1954 a 22 anni e si affermò sempre più prima come voce (in radio) e poi come volto (in tv). Sapeva anche essere autoironico sui suoi modi a volte eccessivamente ossequiosi: «È vero che a volte sono un po’ cerimonioso. Ho fatto esercizi per parlare in modo più asciutto, meno iperbolico, ma non sono riuscito a cambiare una virgola, sono così».

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Silvia Fumarola per la Repubblica
ROMA CON LUI gli effetti speciali non erano mai le risse, le lacrime, gli insulti, ma il garbo. La tv che faceva lo rispecchiava in pieno: Luciano Rispoli, conduttore di programmi come Parola mia e Tappeto volante, è scomparso ieri a 84 anni dopo una lunga malattia nella sua casa, a Roma (oggi i funerali alle 11 nella Parrocchia di San Timoteo).
Gentiluomo sullo schermo e nella vita privata, ha costruito una lunga carriera tra radio e tv, con qualche rimpianto. «Da anni sono escluso dalla programmazione della tv pubblica perché ne ho più volte criticato la mancanza di contenuti», si sfogava Rispoli nel 2008.
La Rai, il grande amore della vita. Nato a Reggio Calabria nel 1932, Rispoli entra con un concorso per radiocronisti nel 1954. È tra gli ideatori di Bandiera gialla, condotta da Boncompagni e Arbore, di Chiamate Roma 3131 e della famosa Corrida di Corrado. Come responsabile del settore varietà fa esordire Maurizio Costanzo, Raffaella Carrà, Paolo Villaggio. Tra il 1977 e il 1987, anni in cui dirige il Dipartimento Scuola Educazione (l’attuale Rai Educational), propone varie edizioni di Intervista con la scienza. Nel 1985 porta la lingua italiana nel gioco preserale di RaiUno con Parola mia, a pensarci oggi una vera rivoluzione.
Nel 1990 lascia la Rai per Telemontecarlo, dove conduce Tappeto volante. Per milioni di spettatori diventa “zio Luciano” come lo chiama la pianista Rita Forte. Voce nasale, modi cerimoniosi («Ma che belle parole!», è la formula di rito), ispira imitazioni esilaranti (da Fabio Fazio a Neri Marcorè a Max Tortora che, dietro l’apparenza felpata, propone un Rispoli feroce e parolacciaro). «È vero, a volte sono un po’ cerimonioso », ammetteva sorridendo, «ho fatto esercizi per parlare in modo meno iperbolico, ma non ci sono riuscito. L’urlo e la volgarità non hanno mai abitato nella mia televisione ». Sposato con Teresa Betto, tre figli, le nozze furono celebrate da Padre Pio. «Il rito era fissato per le 4 del mattino. Era un uomo burbero anche nella celebrazione del matrimonio ». Quando ha compiuto 80 anni aveva confessato a Vanity fair: «Mi avevano messo il pacemaker e non andava mai bene: a volte i battiti cardiaci erano troppi, a volte troppo pochi. C’era solo un momento in cui la frequenza era perfetta: quando il tecnico abbassava il braccio, la spia sulla telecamera si accendeva e io ero in onda».