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 2016  ottobre 24 Lunedì calendario

Logistica, tutti in volata all’ultimo miglio

Milano L’ e-commerce rimette in pista vecchi e nuovi padroncini. Prendete il caso di Luciano Mangione, a lungo alla guida di Rinaldi L’Espresso, una flotta che negli anni Novanta e primi Duemila aveva quasi il monopolio delle consegne dei recapiti postali della Lombardia, poi acquisita da Tnt Post e ora Nexive. Oggi Luciano Mangione è a capo di Errepost, una startup milanese, 60 dipendenti, 35 furgoni elettrici e 10 biciclette che si è aggiudicata, bruciando sul tempo i colossi dei servizi express, la gestione dell’ultimo miglio del servizio di consegne rapide Prime Now di Amazon. Oppure prendete la fioritura in tutto il Paese dei bike messenger, una quarantina di società a pedali che recapitano a domicilio pasti caldi e pacchi ordinati online, per conto dei big della logistica o in collaborazione con catene e negozi retail e della ristorazione. C’è poi Shadow che si fa largo con le consegne in scooter di documenti, e ancora Click&Quick, società nata nel 2008 che si è sviluppata nelle consegne “pesanti” dell’ecommerce: come gli elettrodomestici, e che oggi trasporta merci ordinate online per ePrice, Saldi Privati, Smeg, ePlaza, MrPrice. 
Lungo il breve tratto che è l’ultimo miglio dell’e-commerce, c’è un mondo in pieno fermento che sta riordinando le carte di logistica e spedizioni, e in questo disordine creativo i padroncini, vecchi e nuovi, provano a rimettersi in gioco. Perché nella consegna a domicilio servono rapidità e flessibilità più dei muscoli. E quindi non stupisce che Amazon abbia scelto per la flotta superveloce (consegne per migliaia di prodotti in un’ora) di affidarsi a giovani operatori come Errepost, lasciando cadere le proposte dei big del corriere espresso. 
Ma i grandi operatori non stanno a guardare. Basti pensare alle flotte messe su strada da Gls, Dhl e Tnt, spesso in collaborazione con startup a due ruote, ma anche sviluppando team interni dedicati alle consegne ecologiche. È il caso di Zalando che ha un accordo in esclusiva con Ups per la gestione, il prelievo e la raccolta dei resi dei capi d’abbigliamento, e un altro con Dhl per le consegne (a pagamento) express. 
Al di là delle mosse sulla scacchiera logistica, lo sviluppo del canale e-commerce rappresenta una boccata d’ossigeno per i padroncini dell’autotrasporto, un mondo pulviscolare che è uscito dalla crisi con le ossa rotte. Dal 2009 al 2013, stima la Cgia di Mestre, hanno chiuso 16 mila imprese, e 70 mila addetti hanno perso il posto di lavoro su un totale di 400 mila lavoratori. Ora c’è chi scende dal camion per inforcare la bicicletta o cargo bike, chi trasforma il furgone in veicolo elettrico e davvero tanti guardano con interesse allo sviluppo dei canali online. Intanto le piccole flotte tornano a crescere. Aumenta il fatturato complessivo del comparto (+1,6%) con un’accelerazione ormai quasi consolidata dei corrieri, che viaggiano a tassi di sviluppo compresi tra il 4,5 e il 6%. Il fatturato delle società non di capitali, circa 74 mila imprese, vede il primo rimbalzo dopo anni di diete amare, tornando sulla soglia di 14 miliardi di euro per un totale di 73 mila aziende attive. E uno dei motori trainanti è proprio la richiesta che arriva dalle piattaforme di e-commerce e da quelle del food delivery, che hanno bisogno di un parco mezzi efficienti, rapidi, ecologici e soprattutto a prova di ingorgo. 
Oltre al caso Foodora, il cui sciopero dei collaboratori in bicicletta ha rivelato le zone d’ombra delle consegne low cost (il basso costo delle consegne è scaricato sui pedali dei giovani lavoratori), c’è però un settore ciclo-logistico che sta prendendo forma ben oltre i corrieri a due ruote. Pensiamo alle edicole, sempre più spoglie di giornali, che si trasformano, in base agli accordi fatti con Nexive, in luoghi dove poter ritirare e consegnare lettere e pacchi. E a tutte quelle attività commerciali, dal fiorista alla tintoria, che fanno parte del network degli Access Point di Ups, il gigante del corriere espresso made in Usa. Spuntano luoghi alternativi alla consegna a domicilio, si moltiplicano i locker automatici, ma per collegare tutti questi punti si sta strutturando la nascente industria ciclo-logista. 
La corsa è appena iniziata. Secondo Gino Marchet, direttore dell’Osservatorio di Contract Logistics del Politecnico di Milano, il ritorno in pista dei padroncini è però da «collegarsi in primo luogo alla ripresa delle attività produttive». E rassicura: «Non ci trasformeremo in un popolo di ciclisti e portalettere. Ci sarà sempre bisogno del trasporto pesante. Anche perché le merci voluminose, anche se ordinate online, avranno sempre bisogno di furgoni, magari ecologici e a trazione elettrica, e di centri logistici efficienti». 
Il caso Fercam è esemplare. La società bolzanina, tra i principali operatori nelle spedizioni internazionali e logistica, punta a raggiungere quota 1 miliardo di fatturato entro il 2020. Un balzo rispetto ai 600 milioni di ricavi del 2015 ma giustificato dalla crescita a doppia cifra, che non disdegna, oltre allo sviluppo internazionale, di dedicarsi in servizi per il consumatore finale, tanto da acquisire società per grandi e piccoli traslochi e offrire la gestione di magazzini e consegne per l’e-commerce delle piattaforme online. Vedremo se anche i nuovi padroncini, quelli delle piccole flotte in biciclette, sapranno crescere e svilupparsi lungo questi percorsi. Visto l’interesse dei grandi investitori c’è da credere di sì. 
Mail Boxes, la grande catena di business center, oggi parte del gruppo Ups, ha investito nel capitale sociale della startup torinese Pony Zero che fa consegne in bicicletta per clienti come Cortilia e Just Eat. Risorse che servono per l’espansione e infatti Pony Zero ha acquisito una quota nelle consegne a “ruota libera” della milanese Triclò, creando così le premesse per un primo M&A della ciclo- logistica. E non è finita.