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 2016  ottobre 09 Domenica calendario

Kaczynski e la sua rivoluzione contro l’Ue

«O l’Europa si riforma ascoltando ogni Stato nazionale membro, o sarà la disintegrazione». «Non cederemo alle pressioni». «Non prendete sul serio Walesa…». Così parla Jaroslaw Kaczynski, leader storico del PiS (Diritto e giustizia, i nazionalconservatori polacchi tornati al potere con le elezioni del 25 ottobre) il più influente politico neoconservatore nella Ue.
Presidente, insieme al premier ungherese Orbàn avete auspicato una “controrivoluzione”, che significa?
«Un programma di cambiamenti ben preparato. Priorità iniziale: rafforzare il capitale nazionale, oggi troppo debole. Aumentare il costo del lavoro, per rafforzare potere d’acquisto e domanda. E limitare la paura della povertà, soprattutto per le famiglie con molti figli. Non siamo dirigisti, ma parte dell’economia deve restare in mano allo Stato. Abbiamo già preso misure per avere più capitale polacco in economia e banche. Siamo felici degli investimenti stranieri, ma vogliamo un trasferimento di economia e finanza in mani polacche. E vogliamo rafforzare patriottismo e identità nazionale, concetti sfidati dal governo precedente».
Possibile, visti sviluppi e trend attuali in Europa?
«L’Europa intera affronta problemi gravi. La “correctness” limita la libertà di parola, religione, dibattito, decisioni. E assistiamo alla liquidazione della democrazia da parte di gruppi di pressione. Noi ci opponiamo, in Polonia e in Europa. Per questo ho parlato con Orbán di controrivoluzione, sebbene per tradizione polacca preferiamo chiamarla rivoluzione che aiuti a conquistare la libertà».
Come si fa questa rivoluzione?
«Tutti in Europa dobbiamo tornare al concetto di Stato nazionale, la sola istituzione capace di garantire democrazia e libertà, e grande diversità e vitalità delle culture. Un’unificazione culturale dell’Europa significa anche degradazione, sarebbe pericolosa. Almeno finché l’Europa vuole essere superpotenza globale e agire come tale senza gettar via le sue identità culturali nazionali. È possibile. Noi abbiamo avanzato proposte: cambiare i Trattati per rafforzare gli Stati nazionali ed eliminare ogni arbitrio. Dalla Ue abbiamo ricevuto in risposta una sorpresa amara: gentilezza con Ankara, linguaggio brutale con Varsavia».
Ma molti leader europei, da Juncker a Schulz, vi criticano in modo molto duro. Ci sono compromessi possibili?
«Non vogliono che siamo noi a governare la Polonia. Ci considerano scomodi. Mi è stato detto che l’Ungheria è piccola, può avere alcune concessioni. Ma non la Polonia. Eppure siamo membro Ue e Nato, l’economia cresce, i conti sovrani sono stabili. Ma chi ci attacca non l’avrà vinta, la Polonia resterà Polonia».
Come vede il futuro dell’Europa?
«Cambia rapidamente, non dico per il meglio. Ovunque i populisti si rafforzano, dalla Germania con la AfD alla Francia con Marine Le Pen, che non credo vincerà le prossime elezioni ma è giovane e avrà l’occasione per farlo. O guardi alla Lega Nord, ai partiti populisti scandinavi. Un partito antieuropeo è al top della popolarità in Olanda, vediamo strane forze di sinistra antieuropee in Grecia e Spagna. Possono far esplodere la Ue. O riformiamo la Ue o andrà al collasso. Un’idea di riforma è internazionalizzare il debito. La Germania dovrebbe spendere per la seconda volta i duemila miliardi di euro spesi per salvare il suo Est, funzionerebbe».
Il futuro: Europa dal forte potere centrale, Europa delle patrie citando de Gaulle, Europa disintegrata?
«Difficile cercare un compromesso. Sfortunatamente le divergenze non sono a nostro vantaggio. Alcune idee francesi non sono interessanti per la Germania, c’è qualche margine di manovra. L’Italia pur in crisi può giocare un certo ruolo. In colloqui privati, politici europei mi hanno detto che tra 10 anni l’Europa sarà totalmente diversa. Altri vogliono mantenere lo status quo. Ma ciò porterebbe alla disintegrazione. O riforme, ascoltando ogni Stato membro, o disintegrazione. Meglio curare il paziente a casa che in ospedale, e l’Europa è ancora a casa».
Orbàn non ha ottenuto il quorum al referendum sui migranti, ciò rafforza gli europei pro-società multietnica. Cosa si aspetta?
«Non credo che Orbàn abbia perso. Una partecipazione del 50 per cento sarebbe stata meglio. Il nostro partito è assolutamente contro ogni antisemitismo e razzismo. Ma chi arriva in un paese deve rispettarne le regole, e il paese d’accoglienza ha diritto d’esigerlo. Alcuni paesi europei dimenticando queste regole hanno causato conflitti. Altro problema: l’aggressività dei migranti musulmani, specie verso le donne».
Bruxelles vi accusa di troppo poca solidarietà, cosa risponde?
«Sentiamo la pressione, ma non ci piegheremo. La questione sono le scelte di Angela Merkel. Forse dietro l’invito a tutti i migranti a venire in Europa senza consultare i partner europei c’era la convinzione di vantaggi per l’economia tedesca, idea falsa. Oppure volevano spingere Londra fuori dalla Ue rafforzando il “no” per la paura dei migranti. Ma la Gran Bretagna è un osso troppo duro per i tedeschi. E Ue e Germania dimenticano facilmente che oltre un milione di ucraini sono rifugiati benvenuti in Polonia. Ricordi quanto disse Oriana Fallaci, “perché decisioni di altri dovrebbero avere effetti sulla nostra vita?”.
Non accetteremo quote obbligatorie».
Quanto temete le provocazioni militari russe?
«Le aggressive provocazioni russe sono continue. Anche i nostri caccia assicurano la difesa aerea dei paesi baltici. Credo che durerà a lungo. Possiamo normalizzare la situazione solo se la Russia capirà che esiste un muro. Mosca sta esaurendo le risorse, oggi come accadde all’Urss prima della sua fine. Ci aspettiamo solidarietà, specie dalla Nato. Ne abbiamo più oggi di ieri».
E la tragedia di Smolensk? L’incidente aereo in cui morì suo fratello Lech, allora presidente della Polonia: sappiamo tutto?
«Aspetto i risultati dell’inchiesta, finora non sono venute spiegazioni esaurienti. L’ambasciata polacca a Mosca allora chiese nuovi passi investigativi. L’allora ministro degli Esteri Sikorski e probabilmente l’allora premier Tusk bloccarono la richiesta a Mosca. Troppi comportamenti irregolari».
Ma in Polonia le donne, il Comitato per la difesa della democrazia (Kod) scendono in piazza, Walesa vi attacca. Perché?
«Primo, non prendete sul serio Walesa. È vittima dei tempi moderni. Ebbe un ruolo leader in Solidarnosc, ma fu possibile solo nel contesto specifico di allora. Dopo, grandi deficit intellettuali, difetti di carattere, l’orribile passato, prevalsero sull’abilità politica. Si è più volte screditato».
E le nuove opposizioni: donne, liberal in Parlamento, Kod?
«A volte rappresentano gruppi che con diversi abusi approfittarono della transizione dal comunismo alla democrazia. La legge anti- aborto fu proposta da organizzazioni civiche, non dal mio partito, che vuole proteggere sia la vita sia le madri. Le donne in piazza mi hanno attaccato personalmente, ma non avevo appoggiato la legge. Malinteso totale. E poi la legge è stata bocciata, anche con i nostri voti».