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 2016  settembre 28 Mercoledì calendario

Il Grande Fratello, ovvero un mondo che accorcia le distanze tra la gente comune e i Vip

Guardo il «Grande Fratello Vip», guardo l’Italia e scopro che le analogie non sono poche, scopro che i Vip (o presunti tali) che ci rappresentano non sono molto diversi dai Vip (o presunti tali) che giocano nella Casa. Intanto dobbiamo prendere atto, una volta per sempre, che è la vita a copiare la tv (Canale 5, lunedì, ore 21.32). La puntata inizia con una litigata. «Falla finita, è una cosa pazzesca. Hai un atteggiamento arrogante», grida Valeria Marini a Mariana Rodriduez (non so chi sia, giuro).
Durante il collegamento Valeria si giustifica: «Non è successo niente. Ho diviso i trucchi, mi ha dato fastidio quello che mi ha detto Mariana sugli specchi. C’era tensione, ci siamo preparati all’ultimo momento». Ecco, si questiona per cose di questo genere, a dimostrazione che il reality è la chiave di volta dei nostri rapporti sociali.
Senza telecamere, senza la retorica della trasparenza tutto sarebbe diverso. Pamela Prati: «Io voglio andare a casa». Signorini: «Perché vuoi fare i reality? Avevi i biglietti per “L’Isola” e non sei partita. Ora vuoi andartene. Ma perché?». Pamela: «Ho visto cose che non mi son piaciute e voglio tornare a casa…». Pamela è triste, vuole uscire dalla Casa per tornare a casa sua perché non sopporta i giudizi in diretta. Lei viene dal varietà, dalla Prima Repubblica. Clemente Russo chiede scusa. Aveva dato del «friariello-ricchiunciello» a Bosco Cobos (non so chi sia, giuro) e ora subisce il processo di Signorini. Alfonso: «A casa mia ricchiunciello è un’offesa». Clemente: «Sono pronto a chiedergli scusa. Ho un milione di amici così che stimo e apprezzo. Chiedo scusa al mondo gay se si sono offesi».
Ecco, in questo mondo dove non c’è più distanza tra scena e retroscena, tra uomo comune e Vip, ci vuole Signorini, il sacerdote della «questione morale», ci vuole il pentimento pubblico. Ilary può insultare l’allenatore della Roma, ma nella Casa il politicamente corretto è legge.