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 2016  settembre 27 Martedì calendario

Ecco cosa ha sbagliato Hollande

«Se sapessi di qualcosa che fosse utile alla mia patria e che fosse di pregiudizio per l’Europa o che fosse utile all’Europa e di pregiudizio per il genere umano, la considererei come un crimine». Da come François Hollande si muove sulla scena politica dell’Unione si può ritenere che l’attuale presidente francese non abbia mai letto o – peggio – non condivida queste parole che pure nascono da una delle menti eccelse della cultura d’Oltralpe. Da quel Charles-Louis de Montesquieu al quale non solo la Francia ma il mondo intero deve un’impareggiabile e più che mai viva lezione in materia di dottrina dello Stato e di fondamenti della democrazia.
A prima vista il richiamo storico può sembrare fin troppo alto rispetto alle miserie dell’attuale politica europea. Ma proprio questo è il punto. Non si può comprendere il senso di quella che Jean-Claude Juncker definisce la “crisi esistenziale” dell’Unione se non si avverte che essa è, in primo luogo, crisi culturale e quindi politica. Con gaudio diffuso in questi anni si sono celebrate festo- se esequie di quella che con disprezzo è stata definita l’era delle ideologie per far posto a un “sano” (chissà poi perché?) pragmatismo dell’azione politica. Peccato che l’emancipazione dalle derive settarie degli scontri ideologici del Novecento, così sovente degenerati nel sangue, stia ora producendo frutti solo altrimenti velenosi. Come quell’abbandono di principi e di regole per difetto conclamato di riferimenti ideali del quale proprio il presidente francese sembra incarnare l’epitome più significativa.
Nessuno rimprovera ai socialisti francesi di aver abbandonato la vecchia sigla Sfio (Section Française de l’Internationale Ouvrière): tutto cambia, tutto si trasforma. Ma in un’Europa che oggi conta disoccupati a decine di milioni, sarebbe stato lecito attendersi che il presidente socialista della Francia fosse il primo ad alzare la bandiera di una politica economica antirecessiva contro la dominante ideologia tedesca dell’austerità. Par di capire, invece, che l’inquilino socialista dell’Eliseo sia pago in materia di aver strappato per il suo paese la licenza a non piegarsi sotto il vincolo del tre per cento al deficit di bilancio. Un vero nazionalista, più di Madame Le Pen.
E non basta. Il socialista Hollande è anche lo stesso che, in tema di migranti, ha avallato senza fiatare l’orribile intesa negoziata da Angela Merkel con il Mussolini di Ankara e ora si appresta a far costruire un muro a Calais a servizio e spese dei sempre più isolazionisti inglesi. Cose da far rabbrividire non solo Montesquieu. Ma di che stupirsi? Si tratta dello stesso Hollande che viene a Ventotene a celebrare l’Europa di Spinelli, va ad Atene per partecipare a un summit dei socialisti del Mediterraneo, ma poi corre a Bratislava e da ultimo a Berlino a far da scudiero alla Bundeskanzlerin, sotto la cui sottana stanno silenti da tempo anche i socialdemocratici tedeschi.
Suona, quindi, saggio il richiamo dell’ex presidente Napolitano a Matteo Renzi sul fatto che l’Italia non può muoversi da sola nella crisi dell’Unione. Ma ci vuole pur qualcuno che chiami allo scoperto le forze progressiste europee mettendole di fronte al tradimento delle proprie radici culturali. L’importante è che Renzi sia consapevole che questa è la vera partita da giocare.