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 2016  settembre 27 Martedì calendario

Andremo al referendum domenica 4 dicembre e, sembra impossibile, anche la scelta di questa data, proposta da Renzi e accettata dal Consiglio dei Ministri di ieri, sta provocando polemiche feroci

Andremo al referendum domenica 4 dicembre e, sembra impossibile, anche la scelta di questa data, proposta da Renzi e accettata dal Consiglio dei Ministri di ieri, sta provocando polemiche feroci.

Intanto, ricordiamo che cos’è questo referendum.
La Camera e il Senato, votando ciascuno per due volte, hanno approvato una serie di modifiche alla nostra Costituzione. Ma con una maggioranza inferiore ai due terzi, e questo dà il diritto ai cittadini di chiedere un referendum, per confermare o abrogare le modifiche. Questo referendum costituzionale è diverso dai referendum abrogativi (e solo abrogativi) ai quali siamo chiamati ogni tanto: mentre nei referendum abrogativi se il numero dei votanti è inferiore al 50% degli aventi diritto + 1 la consultazione è invalidata ed è come se avessero vinto i No, nel referendum costituzionale non c’è nessun quorum, cioè nessun limite al numero dei votanti. Il referendum è valido anche se andiamo a votare solo io e lei. Questo fa sì che mentre nel referendum normale il partito del No si limita a parlare il meno possibile di quello che sta succedendo per stare sotto al 50% dei votanti, nel referendum costituzionale bisogna scendere in campo per forza, prendere posizione, fare comizi e, insomma, sporcarsi le mani.  

Quali sarebbero queste modifiche apportate dal Parlamento?
Avremo tempo di parlarne. Per ora si accontenti dei due interventi più importanti: la diminuzione del numero dei senatori, scelti all’interno dei consigli regionali, da 315 a 100; l’abrogazione del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). Il Senato è stato anche depotenziato: non dovrà più dare la fiducia al governo e sarà chiamato ad approvare solo un numero limitato di leggi.  

Bene. Che cosa c’è di scandaloso nel votare il 4 dicembre invece che, poniamo, l’11 dicembre o il 27 novembre?
I sondaggi dànno in questo momento in vantaggio il No, quindi quelli che vogliono bocciare le riforme costituzionali vorrebbero votare se possibile già domani mattina. Prendendosi due mesi di tempo, Renzi spera di recuperare consensi, e infatti comincerà la sua campagna elettorale praticamente subito, cioè il prossimo 29 settembre, giovedì, da Firenze. I grandi oppositori, riuniti nei vari comitati per il No, dicono anche che a dicembre ci sarà meno gente invogliata a votare, a causa delle prossime vacanze natalizie. E, secondo loro, l’astensione favorirà quelli del Sì. Non so da dove i fautori del No abbiano ricavato queste due certezze, ma tant’è: è quello che sostengono. I grillini protestano anche perché Renzi ha stabilito la data senza discutere prima con l’opposizione. Renzi ha buon gioco nel rispondere che la regola non prevede che il capo del governo, per decidere la data, consulti l’opposizione.  

Che altro dice Renzi?
«La partita è adesso e non tornerà. Non ci sarà un’altra occasione. Sono certo che non la sprecheremo». Brunetta aveva accusato Renzi per il fatto che sulla scheda la legge da approvare è presentata così: «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione», una formulazione che incoraggerebbe gli elettori a votare Sì. Non ha torto, ma la legge prevede che la scheda riporti il titolo della legge e a suo tempo Renzi, sicuro che si sarebbe andati al referendum, intitolò la legge proprio così. Furbo e lungimirante. A Brunetta ha risposto: «Il quesito referendario è stato stabilito dalla legge, non dal marketing. Ma potremmo ridurlo a un concetto più semplice. Vogliamo avere un paese più stabile e più semplice o vogliamo tornare alle bicamerali D’alema-Berlusconi o consegnarci a una strana forma di democrazia diretta in cui una srl di Milano controlla la democrazia interna di uno dei più grandi partiti del paese e si lega ai propri amministratori da contratti privati con tanto di penali da pagare?». La srl di Milano sarebbe quella di Casaleggio, e «uno dei più grandi partiti del paese» è il Movimento 5 stelle.  

Se vince il No si dimette o non si dimette?
Mattarella sta facendo di tutto per evitare crisi di governo e la data del 4 dicembre, approvata dal capo dello Stato, dovrebbe rendere più difficile una caduta di Renzi: in quei giorni si dovrà approvare la legge di stabilità, che mette i paletti alla politica economica del 2017. Io penso però che, se vince il No, Renzi alla fine non potrà non dimettersi: ha troppo caratterizzato il suo governo sulla riforma costituzionale, se il Paese gliela boccia è obbligato a trarne le conseguenze.