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 2016  settembre 06 Martedì calendario

Breve e chiara cronistoria del caso Muraro

Il 2 agosto scorso, mentre infuriava la polemica sul «caso Muraro», Virginia Raggi partecipò a una cena con il «direttorio» del Movimento 5 stelle. Tra gli argomenti affrontati, come fu specificato all’epoca, c’era proprio il ruolo del neoassessore all’Ambiente. Paola Muraro era infatti sotto attacco per la consulenza da oltre un milione di euro ottenuta dall’Ama, municipalizzata dei rifiuti a Roma, e soprattutto per i suoi rapporti con gli ex vertici Franco Panzironi e Giovanni Fiscon, imputati nel processo di «Mafia Capitale». Ma anche per i legami con l’ex ras dei rifiuti a Roma Manlio Cerroni, pure lui sotto processo e indagato nel nuovo filone d’inchiesta avviato dalla Procura di Roma. Ecco perché appare incredibile che Raggi non abbia informato i vertici del partito, come invece sostengono loro, che Muraro era indagata. Anche tenendo conto che Raggi avrebbe confidato a qualcuno di avere una mail che avvalora la sua versione. Ed ecco perché appare importante, per sapere chi mente, ricostruire quanto accaduto a partire dal 18 luglio.
L’istanza alla procura
Quel giorno Muraro presenta una richiesta formale alla procura di Roma, come previsto dall’articolo 335 del codice di procedura penale, per conoscere la propria posizione processuale. E scopre di essere indagata per «gestione illecita di rifiuti» nel fascicolo del pubblico ministero Alberto Galanti sull’attività di Ama e delle ditte che fanno capo a Cerroni. I filoni di inchiesta sono tre, riguardano la gestione degli impianti per lo smaltimento della spazzatura, gli appalti concessi, i contratti stilati da Ama negli ultimi anni. Subito dopo Muraro informa la sindaca, che evidentemente le rinnova la propria fiducia.
Alle 15.30 di quel giorno in Campidoglio inizia una riunione tra Raggi e il cosiddetto «minidirettorio». Partecipano la senatrice Paola Taverna, l’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo e il consigliere regionale del Lazio Gianluca Perilli. All’ordine del giorno c’è la discussione sulla prima riunione operativa della giunta prevista per il giorno successivo.
Il Campidoglio
Nei giorni successivi il «caso Muraro» monta. Il 26 luglio l’assessore compie infatti un blitz in Ama con telecamere al seguito e arriva allo scontro diretto con il presidente Daniele Fortini, che poche ore dopo annuncia le proprie dimissioni. Si scopre che la donna è stata consulente dell’azienda per dodici anni, collaboratrice fidata di Panzironi e Fiscon.
Il 31 luglio la sindaca rinnova pubblicamente la propria fiducia all’assessore: «Sta facendo un ottimo lavoro». Entrambe, incalzate più volte sulla possibilità che Muraro sia indagata, negano categoricamente. Eppure all’interno del Campidoglio hanno già informato almeno il capo di gabinetto Carla Raineri «per decidere che cosa fare», come ammette adesso la stessa Raggi. L’indagine prosegue, viene fuori che agli atti di «Mafia Capitale» ci sono tre telefonate tra Muraro e Salvatore Buzzi, ritenuto il capo dell’organizzazione mafiosa insieme con Massimo Carminati.
I vertici a cena
Il 2 agosto viene organizzata una cena. Raggi viene accompagnata dal suo vice Daniele Frongia. Per il Movimento ci sono Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Il «caso Muraro» è l’argomento che monopolizza l’attenzione di tutti. Se davvero Raggi non ha informato gli altri dell’iscrizione nel registro degli indagati rischia di essere espulsa, visto che le regole dei 5 Stelle prevedono la trasparenza totale in materia di procedimenti giudiziari. Se invece l’ha fatto bisognerà sapere perché si è deciso di mantenere la notizia segreta.
Resta il fatto che il 4 agosto, Beppe Grillo, Di Battista, Di Maio, Fico, Ruocco e Sibilia lanciano un «hashtag» ed un post sul blog dello stesso Grillo «per difendere il sindaco di Roma da retroscena e notizie false sui rapporti con Virginia e assessori nel tentativo di screditare l’operato del sindaco e nella speranza (vana) di spaccarci». Il titolo scelto per «fare squadra» è eloquente: «Siamo tutti con Virginia». Difficile credere che non fossero tutti d’accordo.