Libero, 1 settembre 2016
I Radicali hanno deciso di trasferire la battaglia dell’eutanasia in sede politica: sparendo
La prima battuta è che i radicali hanno deciso di trasferire la battaglia dell’eutanasia in sede politica: sparendo. La seconda, ancora più becera, è che l’unico partito che celebra il proprio congresso al posto giusto – a Rebibbia – è anche l’unico che non lo meriterebbe: i Radicali. Anzi, i radicali scritto minuscolo, perché al solito sono una galassia. Anzi, neanche, perché va distinto tra radicali, Radicali italiani, Partito radicale transnazionale (che dovrebbe equivalere al Partito radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito) e poi Agenzia radicale, Quaderni radicali, Associazione Luca Coscioni, Nessuno tocchi Caino, Non c’è pace senza giustizia, Era, Anticlericale.net, Lega internazionale antiproibizionista, Associazione Radicale Certi Diritti, il tutto variamente monitorato dall’imprescindibile Radio radicale e, sino a poco tempo fa, amalgamato e coperto dal simbolo che fingeva di tenere insieme tutto: Marco Pannella, un nome un partito, ciò che rappresentava un’intera galassia, appunto, come solo Silvio Berlusconi seppe fare con la sua.
Tutte queste organizzazioni ovviamente sono ordinate e sottordinate secondo una logica, ma spiegarla è complicato e soprattutto non gliene frega mediamente niente a nessuno: e questa invece non è una battuta becera, è un dato politico a pochi mesi dalla morte di Marco Pannella. A chi frega dei radicali? Sono vivi, sono morti? Le nuove generazioni ne conoscono l’esistenza? Ecco, anche per capirlo i «radicali» si riuniscono finalmente a congresso: cominciano domani al carcere romano di Rebibbia – luogo simbolo di battaglie che solo loro hanno affrontato – e questo perché una parte l’ha convocato per fare i conti con l’altra. I primi dovrebbero essere rappresentati dal tesoriere Maurizio Turco e poi da Laura Bernardini, Valter Vecellio, Angiolo Bandinelli più altri, in sostanza un fronte che della politica tradizionale e partitica non vuole più saperne da tempo (quindi neanche di un partito radicale alla vecchia maniera) contrapposto a coloro che qualche lista radicale, forse, la gradirebbero di più, anzi, di recente hanno pure provato a farla con la scritta «Radicali» alle amministrative di Roma e di Milano. Questo secondo fronte dovrebbe essere rappresentato da Roberto Giachetti, Marco Cappato, Riccardo Magi, Valerio Federico eccetera, più un’Emma Bonino nell’ombra ma che scalpita da anni – lontanissima da Pannella – per rientrare nella politica istituzionale in qualsiasi maniera le sia possibile. Quest’ultimo fronte è quello che negli ultimi anni si è più allontanato dallo stesso Pannella, accusato di tenere il partito sotto il pelo dell’acqua sino all’annegamento.
Detto questo, volendo fare ordine (si fa per dire) diciamo che il partito radicale allo stato ha 997 iscritti (una trentina all’estero) compresi 44 ergastolani di Rebibbia che però non potranno partecipare al congresso. Prima della morte di Pannella gli iscritti erano 650, mentre nel 2015 erano 900. Tesserarsi costa 200 euro, che sono tanti. Per il resto, da quasi trent’anni (1988) i vari simboli radicali e la parola «Radicali» sono nella gestione esclusiva del citato Partito transnazionale, che per volontà di Pannella non si presentò più a nessuna elezione. Molti se ne andarono già a suo tempo e proprio per questo, contrari alla dispersione del consenso radicale (4 o 5 per cento dei voti, si dice) sparpagliato nelle citate organizzazioni non governative. Le uniche eccezioni, a memoria, sono state la lista «Rosa nel pugno» o ancora «Amnistia, giustizia e libertà». L’ultimo congresso è stato quasi tre anni fa. Soldi non ce ne sono, nel senso che alla morte del leader le casse registravano debiti per un milione di euro. La radio (che ogni anno riceve un finanziamento pubblico di circa 12 milioni di euro) e poi la sede storica peraltro ipotecata (in via di Torre Argentina) appartengono a due distinte società e non si sa ancora che fine faranno.
Bene, su che cosa discuteranno o litigheranno i radicali, che a farlo sono bravissimi? Risposta: su tutte queste cose più molte altre. Al solito: questioni di soldi (l’Associazione Luca Coscioni percepisce il 5 per mille e ha molte più risorse del Partito) ma soprattutto una probabilissima scissione non si sa bene tra chi e che cosa. Ci sono due anime, come visto, ma c’erano anche prima, e la differenza è che ora la deflagrazione è assicurata.
In brutale sintesi: lo scontro è tra quelli che vogliono continuare a fare le storiche battaglie radicali fuori dal palazzo e dall’altra quelli che si sono stufati, nel palazzo ci vogliono rientrare. Anche se l’impressione, personale, è che i buoi siano ampiamente già usciti dalle due rispettive stalle: e da un pezzo. Perché da una parte, appunto, ci sono coloro che vogliono continuare a fare del proselitismo non politico in un mondo in cui le dinamiche comunicative sono enormemente cambiate: le nuove generazioni spesso non sanno neppure che le storiche battaglie radicali (eutanasia, amnistia, ricerca scientifica, stati uniti d’Europa) sono storiche e sono radicali. Dall’altra, peggio, si registra un’ansia di rimettere le mani nella pasta della politica col rischio di doversi rimangiare tanti principi e battaglie radicali: esattamente quello che ha fatto Emma Bonino negli ultimi anni, divorata dal problema – per dirla con Pannella – «di far parte del jet set internazionale». E questo con la prospettiva di arrivare a un’improbabile variazione intelligente neppure dei grillini, ma di quei cespuglietti del Partito democratico come per esempio il Psi di Nencini. Meglio la morte. Anzi, l’eutanasia.