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 2016  settembre 01 Giovedì calendario

I Radicali si riuniscono oggi nel carcere di Rebibbia, senza più Pannella e con il rischio scissione

Silvio Buzzanca per la Repubblica
Marco Pannella è morto e, come in molte le famiglie, è baruffa fra i 585 eredi che oggi si riuniscono nel carcere romano di Rebibbia, prima volta nella storia politica, per celebrare il 40° congresso straordinario del Partito radicale non violento transnazionale e transpartito.
«Vi voglio bene, siete tutti miei figli», aveva detto loro il leader in una delle ultime apparizioni. Parole dolci che sono cadute nel vuoto perché una volta seppellito il leader lo scontro fra le due anime del partito è esploso in tutta la sua ampiezza e potrebbe avere il suo epilogo nel congresso che si chiuderà domenica, perché nel dibattito precongressuale la parola scissione viene pronunciata con insistenza. Anche se non si capisce bene chi vuole scindersi da chi.
Da un lato ci sono Maurizio Turco, Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Angelo Bandinelli, Laura Arconti, Aurelio Candido, Elisabetta Zamparutti, Matteo Angioli e tutti quelli che negli ultimi tempi avevano costruito intorno a Pannella una sorta di cerchio magico. Un gruppo intento a portare a compimento l’ultima battaglia del leader: la transizione verso lo Stato di diritto e il diritto universale alla conoscenza da far riconoscere dalle Nazioni unite. Battaglia universale che si associa a quella per gli Stati Uniti d’Europa e a livello nazionale alla lotta per l’amnistia e l’indulto. Obiettivi racchiusi nello slogan del congresso “da Ventotene a Rebibbia”.
Sull’altro versante si ritrovano i quarantenni del partito, che senza abbandonare i grandi obiettivi universali, puntano a battaglie locali, nazionali, specifiche. Uno schieramento che raccoglie alcune delle associazioni della galassia radicale che sono soggetti costituenti del Partito transnazionale. Così ci sono Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani, Mario Staderini, ex segretario, Marco Cappato e Filomena Gallo, leader dell’Associazione Luca Coscioni, Yuri Guaiana di Certi diritti, Niccolò Figà Talamanca dirigente di Non c’è pace senza giustizia. E, a detta di tutti, dietro di loro si staglia l’ombra di Emma Bonino.
L’ex ministro degli Esteri ci sarà al Congresso? «Oggi no per impegni medici, dopo vedremo», dice sibillina. Nel frattempo, come in tutti i congressi che si rispettino, lo scontro è insieme regolamentare e politico. Lo statuto del Partito radicale prevede il congresso ogni due anni, ma l’ultimo si è tenuto nel 2011. Si concluse con Pannella che tirò fuori da cilindro l’ennesimo coniglio: fu eletto segretario Demba Traorè, un avvocato maliano. Ma di lui non si è saputo più nulla. E neanche dei congressi. Ora il tesoriere Maurizio Turco ne ha convocato uno usando gli iscritti.
Ma i “giovani”, appoggiati da Roberto Cicciomessere e Gianfranco Spadaccia, vi leggono l’intenzione di mettere le mani sul partito. E, visto che lo statuto non prevede espulsioni, la voglia di indurre alla scissione gli avversari. Magi contesta la fretta con cui è stato convocato il congresso, e il luogo, che non permette, come al solito, di iscriversi all’ultimo minuto e votare. Una violazione, dice, della natura del partito.
E sullo sfondo c’è l’eredità materiale: Radio Radicale e il suo archivio, la grande sede di Via di Torre Argentina. Oggi è tutto nella mani della Lista Pannella diretta da Turco, insieme a Laura Arconti, Aurelio Candido e la Bernardini. Per il domani si pensa a una fondazione.

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Ugo Magri per La Stampa
Frizzanti discussioni si annunciano al congresso radicale che inizia alle ore 14 nel carcere romano di Rebibbia. Il primo scontro sarà proprio sulla «location»: mai era accaduto che un intero partito si riunisse dentro un penitenziario, al massimo singoli esponenti loro malgrado. Per accedervi bisognerà superare i controlli di sicurezza e lasciare all’ingresso tutta l’elettronica, telefonino compreso. Inoltre verrà ammesso solo chi aveva compilato un modulo online prima del 26 agosto, i ritardatari resteranno fuori. Cosicché non vedremo più la variopinta umanità tipica delle kermesse pannelliane, dove pure l’ultimo arrivato diceva la sua. Gli organizzatori sono convinti che Marco ne sarebbe stato orgoglioso, perché la drammatica condizione carceraria era una delle sue due nobili «fisse» (l’altra: il «diritto alla conoscenza», tema di gigantesco impatto rimasto purtroppo allo stato gassoso). Una parte della galassia radicale, invece, sospetta che la trovata di Rebibbia sia solo un modo astuto per filtrare il pubblico, isolare chi contesta la linea e svicolare dal vero grande punto interrogativo: che ne sarà del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito dopo la morte del suo fondatore?
«Felloni» contro ortodossi
I più critici si annidano tra i Radicali Italiani, dépendance nazionale del PRNTT, anche per ragioni anagrafiche. C’è proprio una diversa mentalità tra i quarantenni come Riccardo Magi o come Marco Cappato, e la vecchia guardia pannelliana incaricata di vigilare sul lascito politico del leader scomparso, oltre che su un patrimonio stimato (tra immobili e radio) in 50 milioni di euro. I «giovani turchi» muoiono dalla voglia di cimentarsi non solo sui due soliti temi cari a Pannella ma a 360 gradi. Per esempio, si sono presentati alle scorse comunali di Roma e Milano, con risultati decisamente mediocri; ma non importa, dicono, per loro contava spezzare l’incantesimo o quantomeno provarci, laddove il gruppo degli «ortodossi» (Maurizio Turco, Rita Bernardini, Walter Vecellio, Sergio D’Elia) li considera alla stregua di arrivisti che non vedono l’ora di farsi cooptare nel regime. Addirittura Turco li ha definiti pubblicamente «felloni», e di qui a sabato ne sentiremo volare altri di epiteti sanguinosi. Grandi figure come Emma Bonino, o come Gianfranco Spadaccia, per ora se ne stanno appartate, forse pure un po’ disgustate.
Il debutto di Marianna
Troppo forte è il dissidio per ricomporlo: un divorzio sembra nell’aria. Ma pure se non si arriverà a tanto, l’unica a trarne vantaggio sarà probabilmente Marianna. Cioè l’associazione lanciata un paio di mesi fa da Giovanni Negri, segretario del partito pannelliano negli anni Ottanta che poi si era ritirato dalla politica per scrivere libri e produrre dell’ottimo barolo. È ritornato in azione perché, secondo lui, ce ne sono tutti i presupposti. «I partiti di plastica sono finiti», spiega, «la Repubblica dei giudici ha fallito, rimane soltanto il grillismo di cui presto l’Italia si stancherà». Su queste macerie i radicali possono diventare l’embrione di un nuovo partito dei cittadini, Marianna appunto, che simboleggia le conquiste della Rivoluzione francese declinate nel tempo presente. Lanciare un’opa sul Partito radicale a Negri, così egli assicura, non interessa. Tantomeno infilarsi nelle liti sull’eredità di Pannella. «C’è tutta un’altra storia da iniziare con l’aiuto dei tanti radicali attivi o in sonno, desiderosi di risvegliarsi». Sta preparando la proposte di Marianna su fisco, giustizia e lavoro. Ha già fissato l’atto ufficiale di nascita, una convention nazionale che si terrà a Bologna il 14 e 15 gennaio.