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 2016  agosto 31 Mercoledì calendario

Le donne musulmane sono libere di farsi il bagno vestite. L’Onu dice no al divieto del Burkini

A parte ogni considerazione di carattere etico-religioso: uno si domanda: ma che gusto ci sarebbe a tuffarsi in mare, per noi uomini, con felpa e jeans, se non proprio con cappotto e galosce? E non si può dire lo stesso per certe donne musulmane di stretta osservanza che sguazzano in «burkini», versione ipercastigata (ma castigata dalla testa ai piedi; anzi, piedi esclusi) del bikini?
Le avrete viste, al mare in Francia, nei filmati e nelle foto che in questi giorni hanno fatto il giro del mondo. Velo nero, maglia nera con le maniche lunghe fino ai polsi, fuseaux neri. Sembrano dei sub. E tuttavia. Contente loro, sembra dire l’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani... Ed ecco dunque un bel comunicato partire dritto da New York per approvare con fervidi accenti la decisione assunta dal Consiglio di Stato francese di bocciare l’ordinanza anti-burkini presa dal sindaco di Villeneuve-Loubet e da altri che ne avevano seguito l’esempio. Il motivo: ordinanze del genere, mandano a dire quelli dell’Alto Commissariato, alimentano la «stigmatizzazione». E sottolineando la «diversità» di chi indossa il burkini non si migliora la sicurezza, giacché «la parità di genere non si ottiene regolamentando dall’alto ciò che le donne indossano». Al contrario, così facendo «si alimenta l’intolleranza religiosa nei confronti dei cittadini di confessione musulmana, e in particolare delle donne».
Nessun rilievo, nessuna notazione negativa, naturalmente, nei confronti dei mariti, dei padri, dei fratelli, del mondo maschile che impone alle sventurate quando non siano felici esse stesse della loro condizione, vissuta come «tradizionale» e culturalmente accettata: e va detto che ce ne sono – che impone alle sventurate, si diceva, questa «prigione» in cui in alcuni Paesi, soprattutto quelli a trazione «integrale» le donne sono costrette, chiuse in una invisibilità che ne vetrioleggia lo spirito e ogni anelito alla libertà.
E se le ordinanze che vietano il burkini alimentano la «stigmatizzazione», per usare il grottesco termine adottato dai soloni dell’Alto Commissariato, non si capisce perché non abbiano trovato il destro per sottolineare quanto di costrittivo, di punitivo, di disprezzo nei confronti della donna vi sia nel «burkinizzarle».
Insomma la polemica perdurando l’area di Alta Pressione e la conseguente voglia di ombrellone – non sembra destinata a placarsi. Al contrario, il caso rischia di assumere rilievo nel dibattito politico. Con Nicolas Sarkozy, candidato della destra alle primarie, che propone di estendere il divieto del velo islamico (oggi proibito solo nelle scuole fino alle superiori) anche all’università.
A ribadire il suo no al burkini è il premier francese Manuel Valls, che ha tirato in ballo perfino la Marianne, figura simbolo della Repubblica Francese che nel celebre quadro di Eugène Delacroix, come si dice qui accanto, sventola a seno nudo i valori di Liberté, Egalité e Fraternité.
Tra i favorevoli e i contrari, la polemica monta. E con l’Alta Pressione che non accenna a mollare, viene da dire che «c’est ne qu’un debut». Perché è evidente che l’Alto Commissariato per i Diritti Umani, occupandosi di affari di questa importanza, non mollerà tanto facilmente il colpo.
E la bagarre, solleone aiutando, continuerà per qualche giorno ancora, alimentando una polemica forse sbagliata in partenza. Giacché non si capisce perché, se una donna musulmana è contenta di andare a far la spesa catafratta in un lenzuolo nero (o vi è costretta) non si capisce perché non possa liberamente andare anche a fare il bagno... vestita.