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 2016  agosto 31 Mercoledì calendario

La cura Mustier per Unicredit

Il cantiere di Unicredit non è meno grande di quello senese, e vede uno stuolo di banche d’affari e consulenti al capezzale di Jean Pierre Mustier, per cambiare pelle alla banca italotedesca. «Capitale, qualità dell’attivo e costi sono le fissazioni del manager francese – racconta un operatore attivo sui dossier – che guarda poco al conto economico ma vuole rimettere in sesto la banca e limitare al minimo l’aumento per i soci».
Molti pezzi pregiati di un gruppo tra i più grandi in Europa (440 miliardi di impieghi) sono dunque in vendita: la controllata polacca Pekao, la banca online Fineco, il risparmio gestito di Pioneer, una parte dell’8,5 di Mediobanca. Non in alternativa, ma tutte insieme, per racimolare otto miliardi almeno dalle cessioni, e contenere la ricapitalizzazione sul mercato attesa verso la fine dell’anno e che comunque non scenderà sotto i 7-8 miliardi. Un ammontare leggermente superiore a quello su cui ragionano gli investitori: perché insieme al rafforzamento del patrimonio primario, che a luglio (dopo un primo round di dismissioni parziali) era salito al 10,53% degli attivi ponderati al rischio, si dovranno ripianare le perdite derivanti dalla cessione di una ventina di miliardi di sofferenze lorde. È quasi lo stesso ammontare dei crediti insolventi che il Monte dei Paschi sta vendendo al fondo Atlante, dopo la lettera con cui a giugno la Banca centrale europea chiedeva alla banca senese di riportare su livelli fisiologici la qualità dell’attivo.
Unicredit, che non ha commentato le indiscrezioni a riguardo, non ha avuto lettere del genere, né ha gli stessi problemi con le sofferenze: ma ne ha pur sempre per 51,3 miliardi di euro al lordo delle rettifiche già compiute, e già negli ultimi mesi è stata tra le banche più attive nello smaltirle. Attualmente la trattativa sembra essere con un grande fondo chiuso anglosassone, specialista del settore. Unicredit ha una copertura delle sofferenze media del 61,6%: significa che le valuta nei bilanci al 38,4% del nominale. Se dunque vendesse quei 20 miliardi di insolvenze allo stesso prezzo cui il Monte tratta con Atlante, si avrebbe un impatto di circa 10 punti base, pari a 2 miliardi di euro.
Anche per ripianare la futura svalutazione, che Mustier intende compiere già nel bilancio 2016, servirà fare cassa il più possibile con le dismissioni. L’ultima pedina che si è aggiunta è Pioneer, il colosso del risparmio gestito che l’ex ad Federico Ghizzoni aveva cercato di inserire in un polo a tre con gli spagnoli del Santander e alcuni fondi chiusi, con una valutazione tra 2,5 e 2,75 miliardi per il 100% di Pioneer. Mustier, in sella da luglio, ha però quasi subito revocato quel contratto, e ora sembra intenzionato a vendere tutto il colosso del risparmio, preferibilmente tramite un’asta per contanti. Finora non sembra che l’iniziativa interessi la rivale Intesa Sanpaolo, con cui nel 2011 c’era stato un abboccamento per creare un polo unico del risparmio. Due diverse banche d’affari hanno stimato in circa 3 miliardi il prezzo di possibile aggiudicazione di Pioneer, per chi vorrà annettersi i suoi 225 miliardi di masse gestite.
Dove le trattative sono più avanzate è sulla cessione del rimanente 40% della banca polacca Pekao; con l’assicuratore statale polacco Pzu sembra sia ormai solo questione di prezzo: Unicredit vuole 3,5 miliardi, l’offerta si aggira sui 3. Un’altra pedina studiata dagli operatori è Fineco, che capitalizza 3,2 miliardi e potrebbe portare 1,6 miliardi in dote a Unicredit, che ne detiene il 51%. Per Fineco però vanno chiariti alcuni aspetti, sia di strategicità, sia di valutazione. E a quanto si apprende nei corridoi di piazza Gae Aulenti, non pare intoccabile nemmeno l’8,5% di Mediobanca, che in Borsa vale sui 460 milioni: si dice che Mustier ne venderebbe volentieri una metà sul mercato, ma non se ne parla finché la quotazione non torna sopra il prezzo di carico. Attualmente manca un 16%.