Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 31 Mercoledì calendario

«Non potrei mai immaginare una F1 senza Monza». Sebastian Vettel parla del Gp, della Ferrari e del suo futuro

Domenica si corre a Monza: è un Gran Premio speciale per tutti, ma per Sebastian Vettel lo è molto di più. Vero?

«Non potrei mai immaginare una F1 senza Monza. Sarebbe un incubo. Ogni volta non vedo l’ora di tornare su questa magica pista: tutti quei tifosi, quel calore, gli striscioni colorati, bambini e adulti che fanno la coda per un autografi e selfie dall’alba. Roba da pelle d’oca».
Dall’album dei suoi ricordi monzesi: la prima vittoria in F1, con la Toro Rosso, e il secondo posto al debutto con la Ferrari. Che cosa sceglie?

«Tutte e due. Nel 2008 ero un ragazzino: come passa il tempo... Ma non dimenticherò mai il primo Gp d’Italia con la Ferrari. Sotto c’è la marea rossa, è il podio più bello del mondo. E quando ci sali sopra con la tuta con il Cavallino, credetemi, è tutta un’altra storia (nel 2011 e nel 2013 altri due successi con la Red Bull per Seb, ndr). Non mi era mai capitato di provare quelle emozioni con altre divise. Spero di ripetermi: pure stavolta dovremmo andare bene».
Si riprende dopo la gara di Spa rovinata in partenza. Che cosa è successo?

«Cercavo di prendere la seconda posizione alla prima curva. Con il senno di poi avrei dovuto lasciare più di spazio, ma ho capito dopo che c’era Max Verstappen che ci provava all’interno. Da dove mi trovavo era impossibile vederlo. Ci siamo toccati tutti e tre e a me e Kimi è andata male: ed è l’ultima cosa che avrei desiderato».
È un anno per lei complicato: rotture, ritiri, incidenti, errori ma anche belle prestazioni: scelga il momento peggiore e il migliore.

«La domenica più brutta è stata in Bahrein: mi preparo per partire, penso di avere buone chance per giocarmela e percorro pochi metri perché il motore va in fumo. Una botta tremenda per il morale. Poi mi sono fatto forza e ho detto: “Succede, guarda avanti”. La gara migliore, invece, è stata in Canada. Eravamo veramente forti e a lungo pensavamo di poter vincere. Poi è mancato qualcosa. Ma a Montreal eravamo reduci da un paio di Gp difficili: aver recuperato così tanto ci aveva fatto sperare».
Si dice che lei sia un pilota fortunato. Ma da come stanno andando le cose non sembrerebbe. Le hanno fatto il malocchio?

(ride) «Ma dai, non credo a queste cose. A volte ti gira bene, altre no. Poi quando capita che la macchina si rompe, un pilota non può farci nulla. In Formula 1 tutto è al limite e dietro ogni guaio c’è una spiegazione».
Però sembra simile alla sua ultima stagione in Red Bull, il 2014. Non trova?
«No, è tutto diverso. Allora a malapena riuscivo a guidare, a inizio stagione avevamo enormi problemi tecnici. Venivo da quattro titoli mondiali consecutivi e quando ho capito che non ero in grado di difenderli, be’, la sensazione è stata davvero orribile».
Michael Schumacher, il suo idolo, ha impiegato quattro anni prima di vincere un titolo a Maranello. Lei sarebbe abbastanza paziente da aspettare così tanto per tornare campione del mondo?

«Uhm, è una domanda difficilissima. Se avessi la possibilità di vincere anche soltanto la metà dei suoi trofei (con la Ferrari ndr) varrebbe la pena di aspettare. Ma la Formula 1 non è uno sport fatto di pazienza. Abbiamo lavorato duramente per recuperare il divario, ma abbiamo ancora tanto da fare. È inutile nasconderlo, non siamo sufficientemente competitivi per vincere una gara».
Quindi?
«Forse dovremmo essere più pazienti. Ma sono fiducioso, saremo di nuovo al top».
In Cina e in Belgio, due contatti al via con il compagno. Come va con Kimi? Nel 2017 sarete ancora insieme, è cambiato qualcosa?

«No, nulla. Ci stimiamo e ci rispettiamo a vicenda e questo va molto bene alla squadra. Proviamo a lavorare quanto più possibile nella stessa direzione: entrambi vogliamo vincere e sappiamo che non siamo ancora in condizione di farlo. Quindi cerchiamo di aiutare il team sugli sviluppi della macchina. Io e Kimi siamo tipi diversi: di sicuro io parlo molto più, ma anche lui con gli ingegneri è loquacissimo, dà un sacco di feedback su come va la monoposto».
Quanto è frustrante vedere la Mercedes dominare in questo modo?
«Di sicuro non è bello. Ma non mi sento frustrato anche se la Mercedes è fortissima e continua a migliorare. Oggi è la squadra da battere. Noi siamo dietro e cerchiamo di lottare, è evidente che l’obiettivo non è arrivare secondi. Penso di essere stato chiaro: non siamo dove vorremmo essere».
Hamilton può raggiungerla conquistando il quarto Mondiale. Che effetto le fa? Che cosa invidia a Lewis?

«Nulla. E sarò contento per lui se dovesse riuscirci: a me non cambia niente. Ma anche Rosberg meriterebbe di farcela. Prima o poi, comunque, li batteremo: ne sono certo, non è impossibile».
Pensa di chiudere la carriera alla Ferrari?
(ride) «Perché, mi considera un vecchio? Se è così, grazie... Non ci ho ancora pensato, è un orizzonte troppo lontano. La mia grande sfida è vincere con la Ferrari, mi assorbe tutte le energie. Ci metto l’anima».
Che cosa farà quando smetterà di correre?
«Mi prenderò un anno sabbatico o qualcosa del genere per visitare tanti posti nel mondo in cui sono già stato, ma senza conoscerli davvero per mancanza di tempo. Poi mi troverò un ruolo nel mondo delle corse, è una parte troppo importante della mia vita».