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 2016  agosto 31 Mercoledì calendario

Macron, il ministro dell’Economia che ora vuole l’Eliseo

«Ho toccato con il dito i limiti del nostro sistema politico», dice Emmanuel Macron mentre pronuncia il suo ultimo discorso nella grande sala di Bercy, sede dei ministeri economici del governo francese. Quindi, vuole recuperare «libertà» e «responsabilità» per ridare alla Francia il ruolo che le spetta e trasformarla «a partire dall’anno prossimo», che è l’anno delle elezioni presidenziali.
È un’evidente strizzata d’occhio – l’ennesima – al voto 2017, ma ancora non una candidatura ufficiale. Il 38enne ministro dell’Economia si dimette ed esce dal governo per preparare la sfida, è chiaro, ma non dice ancora se davvero si presenterà. Tutto lascerebbe pensare che sia ormai inevitabile, ma in pochi mesi, da qui alla prossima primavera, Macron è chiamato a inventarsi una rete di sostegno e fare del movimento «En marche!» fondato ad aprile una vera macchina elettorale. Compito non da poco, per un’associazione che per adesso ha non più di 60 mila aderenti e fondi giudicati insufficienti.
Ex banchiere d’affari per Rothschild, chiamato da Fran-çois Hollande come vicesegretario dell’Eliseo e consigliere per gli affari economici, Emmanuel Macron fu la sorpresa del governo Valls II varato nell’agosto 2014. Hollande decise di chiamare il giovane Macron al posto del ministro ribelle Arnaud Montebourg. Macron ha contribuito in modo decisivo alla svolta social-liberale della presidenza Hollande: per questo è amato dalla destra moderata, certo non dalla sinistra tradizionale, che non gli perdona le frequenti critiche a un totem della gauche come le 35 ore.
Mai candidato a un’elezione, ministro in un governo di sinistra senza avere la tessera del Ps, negli ultimi mesi Emmanuel Macron aveva moltiplicato i segnali di un suo sganciamento nei confronti della maggioranza di governo. E ha lanciato il movimento «En Marche!» con non poche acrobazie diplomatiche: voleva prepararsi a correre da solo, ma senza dare l’impressione di tradire il suo mentore François Hollande.
Per mesi Macron ha cercato di conciliare le due esigenze, restando nel governo ma precisando che il suo movimento non era «né di destra né di sinistra», oppure ricordando – come ha fatto la settimana scorsa facendo visita all’esponente di estrema destra Philippe de Villiers – di non essere socialista. E intanto, Macron ha cercato in questi mesi di coltivare una già grande celebrità mediatica, per esempio apparendo su Paris Match al mare in bermuda con la moglie Brigitte Trogneux, la sua ex insegnante di liceo di quasi vent’anni più grande. Era pronto a dimettersi già a luglio, ma l’attentato di Nizza gli ha consigliato di attendere ancora per non dare l’impressione di abbandonare la nave in difficoltà. Nelle prossime settimane si vedrà se Macron riuscirà a bruciare i tempi, e a far giocare in suo favore una circostanza senza precedenti nella politica francese: un ministro che deve la sua carriera politica al presidente, e si dimette perché medita di presentarsi contro di lui.