la Repubblica, 30 agosto 2016
Un tempo i cafoni come Trump li tenevamo alla larga
Il musicista Moby ha postato su Facebook un’immagine della famiglia Trump piuttosto agghiacciante: potrebbe competere, quanto a sobrietà ed eleganza, con il clan dei Casamonica. Moby si chiede come sia possibile che il 45 per cento degli americani (stando ai sondaggi) voglia un siffatto figuro alla Casa Bianca. È una domanda che ci facciamo in tanti, ma non riguarda solamente Trump. Riguarda l’impressionante obsolescenza di un criterio di giudizio che ha retto, bene o male, per l’intero Evo Borghese: un paio di secoli. Quello secondo il quale l’ostentazione, la tracotanza, la volgarità di modi erano ragioni di istintiva diffidenza. Non erano solamente “i signori”, a pensarla così. Era anche il popolo. I nostri contadini e operai sapevano bene la differenza tra un ricco e un signore. Ed erano molto spesso, a loro volta, signorili, ovvero profondamente dignitosi, indipendentemente dal censo. Borghesi e popolo sono stati, in questo senso, sconfitti allo stesso modo, e gli Usa non fanno eccezione. I contadini migranti di “Furore” così come l’avvocato liberal del “Buio oltre la siepe”, la borghesia colta urbana (oggi cretinamente definita, all’ingrosso, “radical chic”) come i farmer conservatori, e religiosissimi, amati dal padre dell’ambientalismo Wendell Berry: nessuno di loro avrebbe mai votato Trump. Loro sapevano riconoscere un cafone tracotante e tenersene alla larga. Oggi quel vaglio è in frantumi. Viviamo in attesa che ne nasca uno nuovo, che tuteli non la sinistra o la destra, ma il rispetto che si deve a chiunque incarni il potere, perché lo fa in nostro nome.