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 2016  agosto 24 Mercoledì calendario

È morta la ragazzina dai capelli rossi più famosa del mondo, quella di Charlie Brown

La ragazzina dai capelli rossi più famosa del mondo è morta a 87 anni in una casa di riposo del Minnesota, i capelli non più infuocati ma candidi, gli stessi occhi azzurri e il sorriso irriverente che, tanto tempo fa, avevano fatto innamorare un giovane artista timido. Donna Mae Johnson Wold, per 66 anni non si è mai separata da una scatola di ricordi: un calendario da tavolo del 1950, un piccolo carillon, la statuetta di un gattino e un pacco di ritagli di giornale, sempre dalla pagina domenicale dei fumetti del «Minneapolis Star Tribune».
Donna è stata l’ispirazione per la ragazzina dai capelli rossi amata disperatamente, e senza speranza, per tutta la durata della saga dei Peanuts da Charlie Brown. Nell’estate del 1950 il giovane insegnante in una scuola di disegno per corrispondenza Charles M. Schulz (ma tutti lo chiamavano Sparky, Scintillina) accompagnava a casa la contabile «con i capelli d’un rosso violento»: lui, 28 anni, gentleman, le apriva la porta dell’auto e la faceva salire, lei 21enne si gettava subito dalla parte del guidatore per chiudere con la sicura, e impedirgli d’entrare e guardare la sua faccia quando, felice, le chiedeva di aprire. Lui le lasciava disegnini sul calendario della scrivania, le faceva piccoli regali, la portava a cena al ristorante dei grandi magazzini di Minneapolis.
Una sera, al cinema, faceva freddo «e ci scambiammo un bacio», ricordò lei quattro decenni dopo, quando quel giovane timido era diventato il fumettista più famoso del mondo, papà dei Peanuts, e lei uno dei suoi personaggi più famosi. Donna, quella sera, ebbe l’ardire di suggerire con un tenero eufemismo che, forse, avrebbero potuto «fuggire insieme». Lui, gentleman ottocentesco, fece intendere che la madre non l’avrebbe mai perdonata. Alla fine di quell’estate la ragazzina dai capelli rossi si trovò davanti alla scelta che, forse, ha fatto nascere i «Peanuts» come noi li conosciamo: poteva accettare la corte di «CS» come lo chiamava lei sul suo diario, artista che sperava di vendere a un consorzio di giornali quelle strisce di fumetti su un bambino triste e sul suo cane matto che aveva inventato due anni prima su un quotidiano di provincia, oppure Donna poteva dire sì a un ex compagno di scuola.
Charles più grande di lei e dal cuore d’artista, Al coetaneo di Donna con un solido futuro da vigile del fuoco. Donna sposò Al che le diede due bambini e col quale ne adottò altri due (battezzati come personaggi dei Peanuts, Schroeder e Lucy). Dal 1961 al 2000 ritagliò puntuale le mille strisce dedicate a lei che, come il Godot di Beckett, non appare mai (è invece nel film a cartoni animati uscito l’estate scorsa, 16 anni dopo la morte di Schulz), sempre fuori scena, ammirata da Charlie Brown che non ha mai il coraggio di parlarle. Jonathan Franzen è uno di quelli che pensano che senza la Beatrice di Schulz non avremmo i Peanuts come li conosciamo, delusione e fatalismo, il sogno impossibile di calciare il pallone di Lucy. Nel 1998 Schulz finalmente mostrò ai suoi 355 milioni di lettori la «Amata Immortale» più famosa dai tempi di Beethoven, ma solo in penombra. Mentre ballava con Snoopy come Daisy con il grande Gatsby, altro eroe tragico della letteratura americana, proprio come il nostro Charlie Brown.