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 2016  agosto 24 Mercoledì calendario

André e Simone Weil, due geni-fratelli, inseparabili

Mio padre aveva un doppio perfetto, un doppio femminile, un doppio morto, un doppio fantasma». Così Sylvie Weil, figlia del grande matematico André e nipote di Simone, la filosofa, combattente, mistica, martire, santa. André Weil e Simone, due giganti del Novecento, due geni, fratelli-gemelli anche se nati a tre anni di distanza l’uno dall’altra. «Quel doppio femminile mi parlava tramite la voce di mio padre». In Casa Weil (Lantana editore), Sylvie ripercorre da scrittrice il rapporto con il padre, ma anche con il fantasma della zia, morta a 34 anni il 24 agosto ‘43, pochi mesi dopo la nascita della nipote. «Avete un’altra fonte di consolazione», scrisse Simone ai genitori nell’ultima lettera, quando sentì che la fine, nel sanatorio inglese di Ashford, era vicina.
Se volete sapere che cos’è la fatica di vivere in una famiglia celebre, schiacciati non da uno ma da due genî, leggete questo bellissimo memoriale. «Sono cresciuta all’ombra di Simone» confessa Sylvie: confrontata in tutto con la zia, avendo i suoi stessi occhi miopi, la sua magrezza, i suoi folti capelli neri. Lamenta di essere diventata «la tibia della santa», la sua reliquia: tutti le parlano della zia, tutti la paragonano a lei, e Sylvie, a volte, non può che detestarla. Vive tra il fantasma mistico della zia e l’intelligenza algida del padre, un padre che non prepara il caffè, non gira l’insalata, non sa dove si trova la zuccheriera, fa mulinare una mano a tavola se desidera un coltello lasciando che la moglie interpreti quel mulinello: Eveline è totalmente sottomessa, devota al genio. In compenso André ha un cervello che somiglia a una piovra, è uno dei più grandi matematici del suo tempo, conosce il sanscrito, ama Omero Teocrito Dante Cervantes, li legge in lingua originale. Pretende la stessa intelligenza da Sylvie, però quando vede che la figlia è intimorita dal confronto, le scrive ricordando che sua sorella Simone, che lui chiama trollesse (un troll al femminile), a 15 anni voleva suicidarsi sentendosi mediocre. La rassicura: per usare al meglio l’intelligenza bisogna avere fiducia in se stessi e i successi aiutano ad acquistarne. André, il bell’uomo severo, il professore terrificante, non fa che citare la sorella, è il suo ventriloquo, è un uomo che non riesce a esprimere i sentimenti e che si accende quasi solo per le astrazioni matematiche. Forse con un po’ di invidia, Simone allude alla matematica come a uno «stato di esaltazione lucida in cui i pensieri si concatenano per miracolo». Manifestò sempre grande interesse per quella materia, e a suo fratello poneva molte domande, forse per cercare di creare un ponte verso quel «Principe Azzurro» ammirato e distante. André rispose alle curiosità della «soror» con una celebre lettera del 1940 in cui sosteneva che la matematica è un’arte, una specie di scultura ricavata da un materiale duro e resistente.
Per Sylvie, sua zia, vista in fotografia, ha uno sguardo da «macho», vuole considerarsi come un uomo. A differenza di André, esercitò un’umiltà appassionata, ma come suo fratello doveva avere un fascino soggiogante fuori dal comune, il fascino della sincerità brutale, il fascino di credere nella propria missione fino all’arroganza. Simone e André si scrivono ogni tanto, ma non sono tipi da mandarsi baci per lettera, neanche nei momenti più tragici. È lei che scrive di più, ma è solo lui, il primogenito, che può ricordare, con il suo tono asciutto, il senso profondo di una complessa, fredda simbiosi: «Da bambini fummo inseparabili, ma io ero il fratello maggiore e lei la sorellina. In seguito siamo stati raramente insieme, e il più delle volte parlavamo in tono scherzoso, perché Simone era di carattere allegro e piena di spirito (…), e rimase tale anche quando le miserie del mondo innestarono nella sua natura un fondo di inguaribile tristezza».
Non nega, André, che alcune scelte esistenziali di sua sorella gli siano apparse come «un affronto al buon senso», anche se non hanno mai compromesso il filo della loro sintonia. Per cui, scrive: «Nulla di ciò che la riguardava ha mai potuto davvero sorprendermi – con la sola eccezione della sua morte».
La morte di Simone lo colse del tutto impreparato, perché aveva sempre ritenuto sua sorella uno «stupefacente fenomeno», una creatura indistruttibile.