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 2016  agosto 24 Mercoledì calendario

Il viaggio di Mahdi, legato sotto il Tir dalla Grecia all’Italia

«Dell’Italia so che c’è poco lavoro. Che bisogna aspettare tanto tempo per avere asilo. Che c’è la Juventus. E un calciatore fantastico: Pirlo». È arrivato da poche ore Mahdi, il diciottenne scoperto dalla Polstrada legato al semiasse di un Tir sulla A1. Era provato e disidratato, ma non ha alcuna intenzione di mollare. E non ha perso la voglia di sognare. «Cosa voglio fare in Europa? Va bene qualsiasi lavoro. Ma quello che davvero so fare è giocare a calcio». A calcio? «Sì, sono bravo. Davvero. Giocavo in una squadra di professionisti nel mio Paese: il Sulh Football club. Centrocampista centrale».
L’odissea di quel viaggio dalla Grecia, legato sotto il semiasse di un autoarticolato da Idomeni a Brindisi e poi su per la A1 fino allo svincolo di Ferentino, Mahdi Nawrozi, diciottenne di Kabul, la racconta con la semplicità di un adolescente scoperto durante un’avventura da film. Ma quando arriva al punto, a quelle ore interminabili, buie, infuocate e faticose, il ragazzo afghano che ha attraversato Iran, Turchia, Grecia e Italia per raggiungere i fratelli in Francia, volta gli occhi per nascondere un velo di commozione: «È stata dura. Due giorni attaccato lì sotto. Senza mangiare. Senza bere. Ma no, non avevo paura. Era molto meno pericoloso della mia vita a Kabul. Il mio migliore amico non c’è più. È stato colpito da una mina davanti ai miei occhi. Però è stata dura. Molto». E, mentre parla, dalla bottiglietta di plastica tracanna tutta l’acqua che può, quasi ad assicurarsela ora che c’è. Domani chissà.
Ieri notte è stato accolto in Questura. Gli agenti della Polstrada, che ne lodano l’educazione, gli hanno apparecchiato una cena e lo hanno fatto riposare («Ho dormito benissimo»). Poi l’intimazione a lasciare l’Italia entro 7 giorni. Se per quella data non lo avrà fatto, o non avrà chiesto asilo, sarà ufficialmente clandestino e, se fermato, finirà in un Cie.
Per ora è stato accolto dalla Caritas di Frosinone, che nelle varie strutture ospita attualmente 200 migranti. «Cercheremo di spiegargli cosa può e non può fare. Fosse per lui ripartirebbe subito per la Francia», spiega Fabio Piccolo, responsabile dell’area accoglienza. «Voglio andare a Parigi. C’è un mio fratello là. Ho sentito che lì danno subito i documenti», dice Mahdi, tradotto da un mediatore culturale. E spalanca gli occhi quando gli viene spiegato che le frontiere sono chiuse, che in Francia ci sono molti controlli e che, un po’ in tutta Europa, si teme che arrivino terroristi. «Ma quello che io voglio è una vita sicura, senza i pericoli di Kabul. Io sono musulmano sciita. Non sono un terrorista». E poi sorride e alza le spalle: «I terroristi non viaggiano appesi sotto un Tir».
Ieri anche a Teramo è stato scoperto un ragazzo nelle stesse condizioni. E Mahdi spiega come funziona. «Sei mesi fa, in Grecia, ho conosciuto una persona che ha promesso di aiutarmi. Ho pagato 900 euro». E ora? «Forse non mi accetteranno in Francia, ma magari mi accetteranno in Svizzera. Ho altri fratelli anche a Ginevra. Proverò ad andare lì. Lavorerò. Ma poi voglio tornare a Kabul dalla mia famiglia. E al mio amore: il calcio».