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 2016  agosto 24 Mercoledì calendario

Storie di ex prostitute vittime della burocrazia

Da vittime del racket della prostituzione a vittime della burocrazia. In cinque regioni italiane, a partire dal primo settembre, centinaia di donne in fuga da una condizione di sfruttamento rischiano di trovare chiusa la porta delle associazioni che fino ad oggi le hanno aiutate. In Piemonte, Liguria, Sardegna, Basilicata e Sicilia, non si potrà infatti attingere al fondo di circa 13 milioni di euro messo a disposizione con un bando del ministero per le Pari Opportunità. 
Dai moduli compilati solo a metà, inviati dalla regione Piemonte, agli otto minuti di ritardo sulla scadenza del bando che hanno escluso la regione Liguria «per colpa – dice l’assessore regionale Ilaria Cavo – della lentezza nel fornire la documentazione da parte della città metropolitana di Genova», fino ai casi di Sardegna, Sicilia e Basilicata, in cui a fare richiesta erano state associazioni onlus private, e dove l’esclusione dalla graduatoria finale è stata decretata per esaurimento fondi, caduti però a pioggia sugli altri enti. Bocciature che, nelle loro diverse sfumature di irragionevolezza, dovranno essere compensate da soluzioni di rimedio.
La proposta fatta ai rappresentanti delle associazioni presenti sul territorio piemontese dall’assessore per le politiche sociali Monica Cerutti prevede la richiesta di intervento del ministero per le Pari Opportunità, «affinché venga assicurata una continuità del servizio attraverso delle convenzioni con le regioni che invece hanno ottenuto i finanziamenti», dice Cerutti. Nel frattempo si lavora per individuare nuovi fondi provenienti da Bruxelles. È necessario però, sottolinea l’assessore piemontese, che «si superi la logica del bando annuale. Questo genere di servizi deve essere finanziato con continuità».
In Liguria, invece, l’obiettivo si sposta sul bando nazionale per la riqualificazione urbana delle periferie, che ha un capitolo dedicato all’inclusione sociale ed è in scadenza il 29 agosto. «I 200mila euro provenienti da questo nuovo bando coprirebbero il budget previsto dal progetto originario», assicurano dalla Regione. «Ora vediamo se la Città metropolitana di Genova riusciranno a dimostrare efficienza». Una scommessa che se venisse persa porterebbe a dei tempi di rientro alla normalità più lunghi, passando dal ricorso al Tribunale amministrativo regionale, con un esito non scontato.
Pensano di appellarsi al Tar anche le associazioni che non sono rientrate nella graduatoria, come l’associazione Penelope, che opera in Sicilia, regione che più di ogni altra assorbe i flussi migratori e che, dai risultati del bando ministeriale, verrebbe coperta dall’azione di una singola associazione operante nel territorio di Ragusa. «È assurdo pensare che in zone come quella del Cara di Mineo non ci saranno enti in grado di aiutare le vittime del racket della prostituzione», dice Mirta Da Pra, dell’onlus Gruppo Abele di Don Ciotti, «quando è proprio nei centri di accoglienza che gli sfruttatori reclutano ragazze per portarle in strada». Il rischio del ricorso al Tar, però, è che in caso questo fosse respinto, le associazioni meno grandi si troverebbero costrette a pagare anche le spese processuali.
La partita dei cavilli burocratici e delle soluzioni tampone, dunque, si giocherà nelle prossime settimane sulla pelle delle ragazze sfruttate. «Sfortunate», ieri, perché costrette a vivere in un mondo di disagio e dal quale è difficile uscire; ancora più sfortunate, oggi, per il semplice fatto di vivere in una regione piuttosto che in un’altra.