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 2016  agosto 24 Mercoledì calendario

Come Erdogan sta cambiando la guerra in Siria

Dalla corsa a Raqqa siamo passati, più modestamente, alla corsa verso Jarabulus. Questa volta fra turchi e curdi. Il posto di frontiera fra Turchia e Siria, una cittadina di ventimila abitanti prima della guerra, non è la roccaforte dell’Isis. Ma ha assunto un’importanza strategica. È l’ultimo in mano allo Stato islamico e ci resterà per poco. Lo vogliono i curdi della Syrian democratic forces, appoggiati dall’aviazione americana. È il naturale sviluppo della vittoria a Manbij, trenta chilometri più a Sud, per tagliare completamente le vie di rifornimento degli islamisti dalla Turchia alla Siria. Ma su Jarabulus puntano anche i ribelli sostenuti da Ankara. Sono oltre 1500 uomini della Divisione 13 del Free syrian army, che sono stati spostati dalla provincia siriana di Idlib al territorio turco, a ridosso del confine.
La Divisione 13 fa parte dei ribelli moderati ma ha una storia più controversa rispetto alle forze curde, che finora sono state la migliore e più affidabile fanteria della coalizione anti-Isis a guida Usa. Nella provincia di Idlib gli insorti hanno spesso combattuto a fianco di Al-Qaeda anche se in marzo hanno rotto i rapporti e si sono scontrati con gli islamisti. La Turchia ha però precisato che è disposta ad accogliere «ogni aiuto» per «liberare Jarabulus dall’Isis». Che tradotto significa: impedire che ci entrino i curdi. La corsa è cominciata subito dopo la liberazione di Manbij, dieci giorni fa. I curdi hanno formato un Consiglio militare di Jarabulus e si sono portati a solo 2 km a Est della città e a 15 km a Sud. L’arrivo dei ribelli della Divisione 13 ha innervosito i curdi.
Il consiglio militare di Jarabulus ha accusato la Turchia di «azioni aggressive», di voler usare nell’operazione «ribelli simili ad Al-Qaeda, gli stessi che festeggiavano la decapitazione di un bambino ad Aleppo». E Salih Muslim, co-presidente del Democratic Union Party (Pyd, braccio politico dei guerriglieri curdi dello Ypg) ha alluso a un possibile «accordo sotto banco» di Ankara con l’Isis per farsi cedere il controllo della città. Alle accuse dei curdi ha replicato il comandante della Divisione 13, Abu Hammoud: «Prenderemo Jarabulus e sventeremo il complotto dello Ypg per creare un Kurdistan siriano e dividere la Siria».
L’attacco turco a Jarabulus è imminente. L’artiglieria turca ha martellato ieri le postazioni dell’Isis ai margini della città. Gli islamisti hanno replicato con colpiti di mortaio contro la città turca dall’altra parte del confine, Karkamis. Ma i potenti cannoni da 155 mm, con trenta km di gittata, sono stati puntati anche più a Sud, sulle postazioni a Nord di Manbij, da dove i curdi stanno preparando l’assalto da Sud. «L’esercito turco ci sta bombardando» ha confermato Shervan Darvish, portavoce del Consiglio militare di Manbij.
Le vittorie dei curdi hanno coalizzato i loro nemici. Ankara e Damasco, complice anche il fallito golpe che ha riavvicinato Turchia e Russia, si parlano di nuovo. Secondo il quotidiano libanese «As-Safir», nella capitale siriana è giunto due giorni fa uno dei vice del capo dell’Intelligence turca, Hakan Fidan. Sul tavolo un possibile accordo sulla guerra civile e la questione curda. I guerriglieri dello Ypg sono diventati, nel Nord-Est del Paese, da alleati a nemici di Al Assad. La battaglia per il controllo di Hasakah, la più importante città curdo-siriana, ha subito ieri una pausa. I russi hanno mediato un cessate-il-fuoco. Il timore di Mosca è che i raid dell’aviazione siriana portino a uno scontro con i jet americani a sostegno dei curdi. Un incidente che farebbe saltare tutta la strategia russa in Siria.