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 2016  agosto 23 Martedì calendario

Tasse, referendum ed elezioni. Il punto su tutte le polemiche all’interno del Pd

Dopo la breve pausa feriale, il presidente del Consiglio offre un assaggio della campagna autunnale per il referendum costituzionale, con un’accelerazione comunicativa su almeno tre fronti. Matteo Renzi continua a duellare con la minoranza interna del Pd sulla «riduzione delle tasse per i ricchi»; tende la mano agli ex partigiani sulla libertà di parola alle Feste dell’Unità ma dall’Anpi, per ora, riceve una risposta di gelo; dice e non dice sulle sorti del governo in caso di vittoria del No e, sul punto, riceve l’assist puntuale dell’alleato Angelino Alfano: «Renzi fa bene a dire che non si dimette», dice il ministro dell’Interno.
Così, anche nel giorno dello storico vertice europeo di Ventotene, tiene banco la tattica in vista di una lunga campagna referendaria. Alla minoranza del Pd – che con il suo leader in pectore, Roberto Speranza, ha attaccato il premier («È un errore abbassare l’Imu per la prima casa anche ai miliardari») – Renzi non fa sconti: «È assurdo che nel mio partito mi attacchino perché riduco le tasse. Noi continuiamo ad abbassarle perché solo così riparte l’economia. Tutto il resto è noia o bufale: qualcuno ha provato a diffondere la notizia che all’importo del canone Rai in bolletta fosse applicata l’Iva. Roba da matti...».
C’è poi la questione, delicatissima, delle sorti del governo in caso di vittoria del No al referendum di novembre. In principio Renzi e la ministra Boschi avevano detto che sarebbero «andati a casa» nell’eventualità di una sconfitta. La sostanza, dicono a Palazzo Chigi, non cambia, ma la forma della comunicazione si rivela meno tranciante: «Si vota nel 2018», risponde secco Renzi a Paolo Del Debbio che lo intervista alla Versiliana («Presidente si vota nel 2018 comunque vada il referendum?»). Come dire, basta sfide perché il referendum il Pd lo vince comunque. E sulla nuova narrazione referendaria («Ho sbagliato a personalizzare», ha ammesso il premier) concorda l’alleato Alfano: «Renzi fa bene a dire che non se ne va. Io avevo contestato la sua prima presa di posizione perché il governo si giudica sulle azioni politiche...».
Eppure quel «si vota nel 2018» (scadenza naturale della legislatura, ndr ) ha scatenato le opposizioni. Spiega il vice presidente del comitato del No, Alfiero Grandi: «Renzi fa autocritica? È la conferma che il risultato del referendum non è scontato. Renzi, bontà sua, ci informa che in caso di vittoria del No non ci saranno conseguenze catastrofiche. Bene, ora gli elettori possono votare secondo coscienza». «Renzi è come Pinocchio, ridicolo e imbarazzante», dice Laura Castelli (M5S) che fa eco al blog di Grillo: «Ritratta perché ha paura di perdere». Matteo Salvini (Lega) se la cava con poco: «Buffone!». Più concreto Elio Vito (Forza Italia): «Renzi ha annunciato che si voterà nel 2018, intanto fissi la data del referendum». Renato Schifani, di nuovo in Forza Italia: «Non si dimette? Spiana la strada al centrodestra».
Infine, c’è il fronte degli ex partigiani dell’Anpi. Renzi ha auspicato la fine delle polemiche sulla «libertà di parola» alle Feste dell’Unità. Dopo settimane di ostracismo dem contro i banchetti per il No promossi dall’Anpi, il segretario del Pd ha invitato il presidente Carlo Smuraglia a un pubblico dibattito per esporre le ragioni del Sì e quelle del No. La Festa di Bologna si è candidata per il match ma l’Anpi ha gelato il Pd, giudicando «anomala» la proposta del segretario: «Il presidente esaminerà con la segreteria nazionale l’intera situazione...». Tanta freddezza per dire: «Il tema della discussione, ossia le modalità della presenza dell’Anpi alle Feste dell’Unità, non è stato ancora affrontato e risolto».