Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 22 Lunedì calendario

Nudi fotografici e libri erotici. Nella biblioteca di Alessandro Bertolotti la più spettacolare raccolta di ogni tempo

Un racconto (delizioso) di Roald Dahl, Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra, narra di un libraio antiquario un po’ mascalzone che per incrementare gli affari consultava i necrologi del Times e spediva alle vedove di rispettabili morti borghesi insidiose letterine, in cui chiedeva di chiudere il conto per certi preziosi libri erotici consegnati ma non ancora pagati. Le malcapitate, imbarazzatissime, saldavano senza fiatare. L’amena truffa finì male: quando per disgrazia una lettera arrivò all’indirizzo di un defunto cieco da quarant’anni.

Il racconto è del 1987, venne pubblicato su Playboy - e dove, se no? – col titolo The bookseller, e sui libri erotici del passato dice più di quanto appaia. Per esempio, spiega perché siano piuttosto rari, e quindi costosi. Si tratta di tomi ricercatissimi, che i proprietari tendono a celare e gli eredi spesso lasciano in cantina, a disposizione dei topi. Hanno lungamente vissuto negli enfer delle biblioteche private, che prendono nome da quello celebre e quasi mitico della Biblioteca di Parigi; odorano di zolfo. Possederli è un piacere segreto, che sfiora l’estasi mistica o il rito misterico. Quasi sempre.
Non nel caso di Alessandro Bertolotti, che ha raccolto una delle più spettacolari collezioni di libri su questo tema. Due grandi famiglie si affollano in altrettanti appartamenti romani: quelli fotografici dedicati al nudo, e quelli che si definivano «libertini», le storie erotiche vere e e proprie, antiche e moderne, preferibilmente antiche. «Ho viaggiato molto per lavoro, da regista della Rai, e si sa come sono i bibliofili. Quando arrivavo in una nuova città, appena c’era un attimo di tempo, mi scatenavo per librerie e bancarelle. Esiste sempre la possibilità di trovare qualcosa a buon mercato». Che è il sogno di ogni collezionista. Una sfida, quasi un duello di intelligenze e saperi tra chi vende e chi compra.
Il piacere della conquista
Bertolotti ne ha vinti parecchi. Il più bello è stato con un mercante tunisino, alla Porte de Vanves, nel mercato parigino che cantò George Brassens. «Aveva uno scatolone di libri molto male in arnese, e probabilmente si era sbagliato a selezionarli. Trovai Les yeux de la poupée, testi di Paul Eluard, nell’edizione del ’46 con le fotografie che lo scultore Hans Bellmer fece alla seconda versione della sua opera più famosa, La poupée appunto. Un libro prezioso, saltato fuori in un modo incredibile». Adrenalina senza sensi di colpa nei confronti del distratto venditore? «Un giudizio del genere condannerebbe ogni tipo di commercio. L’importante è non approfittarne».
Il piacere viene dalla vittoria o dell’oggetto conquistato? O forse da una punta di crudeltà? «Se lo conservi, e dato che lo conserverai, il gioco del libro è molto meno crudele di altri». Conservare significa creare biblioteche personalissime, percorsi di lettura, mondi imprevedibili. «La collezione è qualcosa di vivente, che si muove, cambia, cresce. I miei libri per esempio sono tutti mischiati. Nessun ordine, semmai quello, molto convenzionale, per altezza». E sa come ritrovarli? «Chi è il bibliofilo che non è capace?». Già, è una scelta di vita. «Diciamo che ci vivo dentro. Costruisco, elimino, aggiungo. È un organismo di memoria, un mondo intero e fragile. Potrebbe scomparire, è perennemente minacciato. Non dimentichiamo che i distruttori di libri spesso sono persone colte».
Alessandro Bertolotti coltiva la sua collezione di nudi & erotici come un giardino. Senza ansia, dice. Non certo quella di avere «tutti» i libri, né quella del possesso. «In realtà, ho superato le tipiche paure del bibliofilo». E come? La risposta è semplice. Pubblicando. Ha già raccontato la sua collezione in tre libri, Livre de nues (pubblicato con successo anche in Italia e negli Usa) e Curiosa (ed. La Martinière) e ora in una Guida alla letteratura erotica. Dal medioevo ai nostri giorni (Odoya), ovvero da quando, come scrive «la sensualità repressa irruppe nei costumi con una tensione nuova». Sono i suoi volumi a tracciare la rotta. Libri meravigliosi, alcuni rarissimi come le prime edizioni di Sade, su tutte la prima di Justine, del 1791, e la seconda del 1799, con un profluvio di illustrazioni.
Sade e i suoi fratelli
«Dopo averli pubblicati, potrei anche perderli», dice. Forse non è del tutto vero, ma la pubblicazione diventa qualcosa di catartico. La collezione resta tale, labirintica e misteriosa, ma si trasforma anche, in qualche modo, in un bene comune. «Scriverne è stata una terapia», e pensa alle terribili sindromi che si favoleggia colpiscano il bibliofilo (qualcuno ricorda il professor Kien in Autodafé, il romanzo di Canetti, dove di fronte all’irruzione del mondo e di una temibile cameriera l’anziano sinologo si immola con tutta la sua biblioteca?), per non parlare del bibliomane, ultimo stadio della malattia.
In ogni caso, quand’è avvenuto il contagio? «Ho cominciato a raccogliere libri da sempre. Quelle sono passioni, non si da dove vengano. Ma fin da ragazzo mi piaceva moltissimo anche la fotografia. Così per qualche anno ho pubblicato nudi artistici su Excelsior - ma anche su altre riviste – e immagini scattate in Francia nei campeggi di nudisti. Excelsior era una rivista tipica di quel periodo, che mischiava di tutto, politica, intrattenimento, provocazioni. Massimo Balletti, che la pubblicava, cercava sempre di andare un po’ oltre». E lei ci si trovava benissimo. «A mio avviso l’erotismo è legato al piacere ma anche alla ribellione. Nelle storie di taglio erotico il momento più eccitante è sempre quando il protagonista in qualche modo trasgredisce». Rompe un equilibrio, scompagina le carte, beffa la repressione. «E contamina, stupisce. Sì, bellezza e ribellione. Sono i miei due poli, come fotografo e come amante dei libri».
Bertolotti ha portato la sua collezione di nudi fotografici («Potrei addirittura affermare di averli tutti») alla parigina Maison Européenne de la Photographie, li ha trasfusi in un solo libro, ne ha cercato il senso profondo. E sa che invece, per quelli «libertini», sarà una corsa senza traguardo. Magari si possono avere tutti i titoli, ma non certo tutte le edizioni. I più popolari del ’700 (potremmo dire, per l’epoca, pornografici) sono stati armi a volte inconsapevoli a volte esplicite di battaglia culturale, contrabbandati e letti di nascosto con i dovuti brividi di trasgressione, moltiplicati, copiati, minacciati, feriti e distrutti all’infinito, tanto che lo storico americano Robert Darnton li ritiene ben più importanti, poniamo dell’Encyclopédie o di Rousseau, nel preparare la Rivoluzione francese.
Non solo Sade e i suoi fratelli. Tra le gemme più amate, Bertolotti estrae un titolo apparentemente umile, del tutto a sorpresa: la biografia di Lewis Carroll scritta al nipote, il reverendo Stuart Dodgson Collingwood – e pubblicata intorno al 1899 -, che peraltro descrisse lo zio come un bacchettone conservatore. Anche lui, enigmatico abitatore della biblioteca, nuota nel labirinto, e con un ruolo di tutto rispetto. Un libro non deve necessariamente essere famoso: anzi, quando lo si trae dall’oscurità, cresce il piacere