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 2016  agosto 21 Domenica calendario

Il corpo della trans più famosa della Turchia, Hande Kader, è stato ritrovato mutilato e bruciato dentro un’auto a Istanbul. Aveva 22 anni

Mutilata, torturata, bruciata. Il corpo lasciato dentro l’auto in uno dei quartieri eleganti di Istanbul. Quanti messaggi in un gesto solo, nella Turchia che ogni giorno preoccupa e spaventa di più. Così è finita Hande Kader, 22 anni, una delle trans più famose e contestatrici nel Paese della Mezzaluna.
La sua foto aveva fatto il giro del mondo, quando piangente veniva portata via per essersi opposta ai poliziotti durante il Gay Pride del giugno 2015, duramente represso dal governo. Per quelle foto Hande era diventata, senza volerlo, un’icona della comunità transessuale in Turchia.
Zekeriyakoy è oggi una delle zone più richieste dagli acquirenti di ville e appartamenti di pregio. Posta sulla parte europea della metropoli, guarda lo Stretto del Bosforo dall’alto, ed è piena di agenzie di mediazione pronte a soddisfare le esigenze di una clientela medio alta. Hande è stata trovata qui lo scorso 8 agosto. Era stata uccisa il 4 e soltanto due giorni fa da alcune protesi il medico legale è riuscito a risalire alla sua identità. Il quotidiano filogovernativo
Sabah
ricorda che la vittima si prostituiva ed è stata vista l’ultima volta mentre a fine luglio saliva sull’auto di un cliente. Ma la comunità transgender chiede giustizia. E Twitter è inondato di messaggi che sotto l’hashtag # HandeKadereSesVer (date voce a Hande Kader) cerca di rompere il silenzio sulla vicenda.
Arnaud Gauthier-Fawas, portavoce internazionale dell’associazione Inter-Lgbt-Studio, ha denunciato il «silenzio assoluto delle autorità e dei media turchi sulla vicenda». Per questa sera è annunciata una manifestazione a Istanbul: «Tutti sono invitati», fanno sapere dall’associazione per i diritti Lgbt (acronimo per Lesbiche, gay, bisessuali e transgender), al corteo che, nonostante lo stato d’emergenza, vuole sfilare per le vie del centro, dal Tunel fino a a Galatasaray, le zone tradizionali del Gay Pride.
Gay, transgender, ma anche laici e liberali sostengono che la Turchia, dove l’omosessualità è legale, è ancora troppo conservatrice per riconoscere questi diritti. E la comunità Lgbt vive nel terrore. Lo scorso 4 agosto un rifugiato siriano gay è stato ritrovato senza testa a Istanbul. Secondo alcune indiscrezioni, l’uomo voleva lasciare al più presto la Turchia perché un gruppo di uomini armati lo aveva minacciato di stupro. Secondo i dati riportati da Bianet, agenzia di stampa indipendente turca, dal 2008 ad oggi sono stati uccisi nel Paese 1993 transgender.
Ma quello di Hande Kaner non è il solo caso di ieri. In mattinata è stato confermato l’arresto, dopo il fermo, della scrittrice Asli Erdogan, giornalista del quotidiano curdo Ozgur Gundem chiuso tre giorni fa. L’accusa è di avere legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan, l’organizzazione del Pkk considerata come separatista e terrorista, stessa accusa che ha portato il giudice a chiudere il giornale e ad arrestare 25 fra giornalisti e amministrativi, 22 dei quali poi rilasciati. La scrittrice è accusata anche di porre in essere «attività eversive». Erdogan, 49 anni (solo omonima del Presidente Tayyip Erdogan), vinse nel 1997 il premio della tv tedesca Deutsche Welle con un racconto intitolato Gli uccelli di legno. Nel 2005 il suo romanzo Il silenzio della vita fu scelto come storia dell’anno dall’organizzazione mondiale degli editori. Un capitolo del romanzo sarà presto rappresentato al Piccolo di Milano in una pièce teatrale interpretata dall’attrice Serra Yilmaz, ben nota in Italia per molti film tra cui quelli del regista Ferzan Ozpetek.
La repressione governativa dopo il fallito golpe del 15 luglio, intanto, non si è fermata nemmeno ieri: a finire in carcere sono stati 40 ufficiali dell’Accademia militare, accusati di essere seguaci dell’imam Fethullah Gulen indicato da Ankara come la mente del putsch. Per il quotidiano Sabah durante le perquisizioni nelle case e negli uffici dei militari la polizia ha trovato banconote da un dollaro che sarebbero state usate dai golpisti come segno di riconoscimento.
Dagli Stati Uniti arriva invece la notizia, scrive il Washington Post, che la richiesta di estradizione presentata dalla Turchia agli Usa per Gulen contiene solo elementi che si riferiscono esclusivamente alle sue presunte attività illegali prima del fallito golpe. Insomma, nessuna prova. Un macigno, per le relazioni Usa-Turchia. Erdogan aveva detto a chiare lettere a Washington: «O la Turchia o Gulen». Tra pochi giorni il vice Presidente Joe Biden andrà ad Ankara per tentare di convincere il leader turco ad abbassare i toni.