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 2016  agosto 22 Lunedì calendario

In America sono tutti impazziti per Gomorra

Dark, darker, darkest. È l’escalation di aggettivi, dal semplice al superlativo assoluto, che usa il New York Times per descrivere i passaggi successivi di Gomorra: dal libro al film alla serie tv. La corrispondente dall’Italia, Rachel Donadio, riempie un’intera pagina del quotidiano per annunciare l’esordio americano della serie, da mercoledì su SundanceTV. Snocciola i record già accumulati. Ricorda l’infuocato dibattito politico sull’effetto-Gomorra. Il Wall Street Journal annuncia ai suoi lettori – fascia medioalta – che “i fan di The Sopranos e The Wire hanno una nuova serie criminale da aggiungere alle loro liste”, e definisce “Gomorrah” (con h finale nella versione inglese) come “l’esportazione televisiva italiana di maggiore successo”. Esatto: per la precisione solo ora è stata battuta la performance storica de La Piovra.
Il tam tam mediatico per la prima Usa del 24 agosto è comprensibile. L’esordio di Gomorrah fa notizia, e scalpore, per diverse ragioni. L’America aveva insegnato al mondo intero come raccontare il crimine. Dai maestri del noir come Raymond Chandler (sguardo cinico, disincantato, realismo estremo versione anni Trenta) al Padrino di Mario Puzo ai Soprano, erano loro a fare scuola. Ora è l’Italia a suggerire le nuove regole del gioco, e un nuovo stile? Sta per succedere nel genere “crime story” quel che Sergio Leone rappresentò con la sua irruzione nel cinema, quando alle convenzioni formali del western americano sostituì botte vere, personaggi moralmente ambigui, un mondo terribilmente reale dove i confini tra il bene e il male sono incerti?
Roberto Saviano è convinto che questa è la vocazione naturale del nuovo “mezzo”, la serie televisiva che sta soppiantando il cinema per audience e potenza innovativa. «Le serie», dice Saviano, «hanno più spazio per entrare nella realtà, documentarla. Un singolo film come Il padrino di Coppola non ci descriveva gli ingranaggi dell’arricchimento mafioso, come facevano le estorsioni, a quali negozi. Nelle ultime serie americane invece comincia a vedersi l’impronta di un neorealismo all’italiana: Breaking Bad ti mostra come si cucina la metanfetamina; proprio come in Gomorra si vedono i meccanismi per truccare un’elezione, trattare coi politici».
Lo sbarco di Gomorrah sugli schermi Usa, in una piattaforma colta come Sundance, è l’ultimo segnale di una rinascita europea che ha già precedenti interessanti. Sabato sul Wall Street Journal la grande dama del giornalismo di destra, l’opinionista repubblicana Peggy Noonan, ha espresso la sua ammirazione per una serie danese ( Borgen) che secondo lei consente di decifrare meglio di House of Cards la politica attuale: il risentimento popolare contro le élites, il rigetto del “politically correct”, la crisi dell’ideologia progressista. Saviano indica altri segnali come il successo nelle sale americane de Il Profeta, film francese che raccontava l’universo carcerario in modo crudo; poi seguito dalla serie tv americana Orange is the new black su un penitenziario femminile. Il thriller politico Homeland, altra serie americana di successo, è il remake di una israeliana. Gli inglesi della Bbc con House of Saddam hanno affrontato la storia dell’Iraq con una coraggio che gli americani non avevano ancora trovato. Dark, darker, darkest… forse la situazione stessa dell’Europa, periferia di un impero declinante, ai confini con tutte le crisi geopolitiche e le ondate migratorie, con un’economia in piena stagnazione secolare, ha immunizzato autori e spettatori contro gli automatismi del Happy Ending, i buonismi hollywoodiani, i moralismi facili. «I primi americani che si sono avvicinati a Gomorrah», dice Saviano, «sono rimasti colpiti dall’assenza del Bene. Si costringe lo spettatore a entrare fino in fondo in quella realtà, a immergersi in quel punto di vista, senza fuggire subito verso la figura del poliziotto buono». Per adesione a uno stile europeo che non rifugge dal “documento”, Saviano sta resistendo alle proposte di un remake americano.
Quella che invece non sembra poter attecchire negli Stati Uniti è la polemica italiana sugli “effetti” di Gomorra. La Donadio sul New York Times e Tobias Grey sul Wall Street Journal accennano alle accuse: l’effetto diseducativo (o peggio: di incitazione a delinquere) sui giovani spettatori nelle aree più segnate dalla camorra; nonché il possibile danno sull’immagine di Napoli nel mondo. Ma quando qualcuno provò ad accusare House of Cards di screditare la reputazione della democrazia Usa in paesi autoritari come Cina e Russia, Barack Obama reagì twittando con ironia: “No spoiler, please”, nessuno sveli il finale per favore… Risalendo più indietro, non ci furono polemiche contro Mean Streets e Taxi Driver di Martin Scorsese per avere “infangato” New York, in un’epoca in cui la Grande Mela era davvero una città violenta e pericolosa, con interi quartieri sconsigliati ai turisti. The Sopranos a suo tempo suscitò qualche protesta della National Italian American Foundation (Niaf) per la “caricatura” degli italo-americani, ma il successo della serie continuò imperterrito… e non impedì l’elezione di due italo-americani a governatore e sindaco di New York. Per Gomorrah abbiamo perfino una pizzeria italiana che organizza i gruppi d’ascolto. This is New York.