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 2016  agosto 22 Lunedì calendario

Una grande rimonta per Valentino Rossi

Vent’anni dopo è ancora lì con lo champagne sul podio di Brno. Non sul gradino più alto come in quella magica estate del 1996, ma non importa. Non ha più i capelli da paggetto, il viso è solcato dalle rughe, ma il sorriso è lo stesso. Perché Valentino ai limiti fisici dell’età, rimedia con la testa: e così quando tutti lo davano per naufrago nelle retrovie dopo una pessima partenza – «Pensavo di aver sbagliato strategia, i primi giri sono stati da incubo: mi passavano da tutte le parti» – riemerge dalle acque con un secondo posto che ha il sapore della vittoria: «Era da giugno, da Barcellona, che non vedevo il podio. Avrei potuto vincere alcuni Gp, ma fra errori e sfortuna ho perso tanti punti. Cominciavo a essere triste, ora sono più contento». Il Dottore ha indovinato la combinazione giusta degli pneumatici da bagnato (morbida all’anteriore e dura dietro) cambiando idea in griglia, pochi minuti prima del via. E ha scavalcato il compagno Jorge Lorenzo nel Mondiale. Lo spagnolo della Yamaha ha finito ultimo e pure doppiato una domenica horror. Allergico alla pioggia— caduta in abbondanza prima della partenza ma non durante i 22 giri, così la corsa si è trasformata in una lotteria perché l’asfalto si è asciugato solo verso la fine e chi aveva scelto le coperture più resistenti è stato premiato –, ieri più che dall’umido è stato tradito da una gomma in frantumi che lo ha costretto a due cambi di moto.
Il campionato è andato e non solo per lui: Marquez, scattato dalla pole, rinuncia a duelli e acrobazie pensando solo a navigare fra i rivoli. E ha ragione: il terzo posto, con il quale mantiene un margine di 53 punti su Rossi, è un’ipoteca sul Mondiale. Anche Rossi non si fa illusioni: «È troppo avanti, io ho mancato alcune occasioni e recuperare è difficile: poi Marc è veloce e non sbaglia mai. Però non mi arrendo perché i conti si fanno alla fine».
Lo scacco matto però in Repubblica Ceca lo fa uno dei piloti più folli e simpatici del paddock, Cal Crutchlow che corre con una Honda non ufficiale. Dopo 35 anni torna a suonare «God Save the Queen» per il successo di un inglese nella top class del motociclismo – l’ultimo è stato di Barry Sheene nel 1981 in Svezia —, il ragazzo è in estasi. Nel parco chiuso dribbla telecamere e microfoni, si fa passare un telefono e chiama la compagna Lucy. È diventato da poco papà e questa vittoria «è la cosa più bella dopo mia figlia Willow». La piccola dormiva a casa, fin troppo sveglio invece era il numero uno della Lcr Honda (un team indipendente), Lucio Cecchinello. Ha vissuto l’ultimo giro in apnea aggrappato al muretto: «Lo vedevo saltare su e giù, avrei voluto dirgli: “calmati”». Come ha fatto Cal a stendere campioni del mondo e a divorarsi Iannone per tre quarti della corsa al comando? Con una mossa «rischiatutto»: gomma dura davanti e dietro, «dopo 5 giri ho capito che avevo fatto bene». Così è arrivato come un razzo sul ducatista – che aveva scelto la morbida all’anteriore— e lo ha fulminato. «The Maniac» ha concluso sui cingoli ottavo. Sfortunatissimo il compagno Dovizioso che ha lacerato una gomma e si è ritirato.