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 2016  agosto 22 Lunedì calendario

Le farfalle della ginnastica ritmica beffate dalla giuria

E poi un giornalista di Israele ti ferma e chiarisce che no, non siamo i soliti piagnoni. «Italiana? Meritavate il bronzo. Guardi che lo dicono tutti, i voti sono stati crazy, crazy. Tutto sbagliato». La protesta delle farfalle, poco prima, era stata educata e piena di dignità. «Ci aspettavamo di più, ma lo accettiamo». Controllata, come la loro vita monacale, piena di rinunce, convivenza forzata a Desio per 11 mesi all’anno, un ingranaggio di nastri, cerchi e clavette portato ai limiti della perfezione, che mettere in discussione ora mentre si piange un quarto posto sarebbe un peccato capitale. È vero, alla giuria non era sfuggito il nastro rimbalzato sul tappeto nel primo esercizio: senza quell’errore sarebbe stato bronzo, che è sfuggito di due soli decimi. Con i cerchi e le clavette però (inutile provare a descrivere la complessità degli scambi, con i cerchi che rimbalzano di petto, sulle gambe) l’esecuzione era stata perfetta, e l’Italia aveva agguantato il momentaneo terzo posto dietro la solita Russia (in rimonta con un punteggio super nel secondo esercizio) e la sorpresa Spagna. Mancava solo le bulgare: pulite, ma niente di entusiasmante. Le farfalle le guardano con le mani intrecciate e quando finiscono sono convinte di avere il bronzo al collo.
«Se mostri la perfezione ti aspetti che venga riconosciuta», è la voce di Emanuela Maccarani, c.t. da vent’anni ora in vena di ripensamenti. «Io le mie gratificazioni le ho, mi stanno facendo tutti i complimenti. Ma come faccio a spiegarlo alle ragazze? Il nostro esercizio con cerchi e clavette non era nemmeno paragonabile a quello della Bulgaria, e forse anche alla Spagna. Meritavamo quattro decimi in più, non è stata valorizzata la difficoltà».
C’è – tra noi e le giurie – anche una differenza culturale: noi rischiamo con esercizi belli e creativi, loro premiano la pulizia. Noi non cambiamo («È la nostra scuola, tutti ci copiano», ripete il presidente federale Riccardo Agabio), le giurie neanche. Ci sono, però, tutte le condizioni per ripartire da qui, anche se il quadriennio passato è stato un lungo work in progress con il quintetto definitivo raggiunto negli ultimi mesi. E anche se nel futuro bisognerà fare a meno della capitana, Marta Pagnini, e se Camilla Patriarca e Sofia Lodi ora sono piede di dubbi: «Io chiudo qui una carriera lunghissima, dopo un anno speciale – spiega Marta —: siamo partite da un disastro, ne è uscita una squadra con le palle. In palestra è nato un affetto che non scorderò».
Il capitale umano è ricchissimo. Manca l’altro capitale. «Ho giovani bravissime che posso mettere in squadra subito, perché il movimento c’è – continua Maccarani —, ma servono soldi, sponsor, visibilità. Per andare avanti servono certe condizioni».
Magari cominciando con la prima pietra del palazzetto nuovo.