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 2016  luglio 26 Martedì calendario

Roma non fa più schifo di Milano e merita le Olimpiadi... Sì, ma non se non si ripulisce a gareggiare saranno i topi. Un botta e risposta tra Giancarlo Perna e Vittorio Feltri

Caro direttore,
a proposito delle Olimpiadi romane di cui carsicamente si parla e che secondo Libero non s’hanno da fare. Ricordo i tuoi anatemi di un mese fa contro la Capitale infetta e gli strali altrettanto sarcastici di Mario Giordano. Sentii allora un certo prurito alle mani e ora, visto che ci si torna su, non resisto.
Intanto, vi ringrazio entrambi per avermi riconciliato con Roma, la città dove ho sempre vissuto. L’avete descritta una tale suburra che a viverci invece davvero pare un sogno. Roma ha tutti i difetti, è sporca, non ci si muove, regna il menefreghismo, ma alla fine te la cavi.
Se il traffico t’imbestialisce te ne vai a Villa Borghese o a Villa Ada o a Villa Pamphili o in un altro dei tanti parchi cittadini e ti disintossichi. Se vuoi, con mezzora di Metro, sei al mare a Castel Fusano o al Lago di Bracciano. Il Centro non è peggiore di quelli di Milano o Genova. Giusto Torino sta meglio. È comunque meno incasinata di Napoli e Firenze e si cammina più spediti che a Venezia, strozzata dagli ingorghi pedonali. Sul fronte dei cumuli d’immondizie siamo ben piazzati ma secondi a molti: Palermo, Napoli su tutti; ma, ti dirò, anche a Milano ho visto cassonetti da fare paura. Del tutto inventata è poi la divertente iperbole di Giordano secondo cui la specialità olimpica del judo è praticata dai romani per approdare sani e salvi a casa. Roma è, da sempre, tra le città più sicure. Noi a l’una di notte attraversiamo tranquilli Villa Borghese mentre nessuno di voi farebbe altrettanto nel Parco Forlanini.
Allora, se come anche tu affermi, i Giochi Olimpici non si devono fare perché Roma è già oberata di suo, mi sento di dirti che non lo è più di tante altre città olimpiche. A parte l’abitudine ai grandi avvenimenti, dai Giubilei ai funerali papali, non va dimenticato che l’Urbe ha già ospitato un’Olimpiade. Quella del 1960 fu un successo – indimenticabile la vittoria dei 200 metri pani di Livio Berruti – e per la città un grande vantaggio. Sulle modernità strutturali introdotte per fare fronte ai Giochi – sottopassaggi, impianti sportivi, ricezione alberghiera – Roma ha poi campato per il successivo mezzo secolo. Dunque, l’unico precedente contraddice le vostre tesi e spingerebbe ad auspicare un bis. Mi colpisce di più, semmai, l’argomento economico. Pare che nelle Olimpiadi degli ultimi decenni i conti non siano mai tornati e che a rimetterci siano stati i contribuenti. Non discuto. Si tratterà di valutare i contro – il rosso contabile – e i pro di immagine: Paese vitale, capace di iniziative, che si mette in gioco, guarda al futuro.
Quello che però non si può fare, è dire no perché diffidiamo di noi stessi. È per questo in verità, direttore, che ho preso carta e penna. Classificarci a priori imbroglioni congeniti che al primo circolare di denaro lo arraffano – come avete fatto entrambi nei vostri articoli- ci condanna alla decadenza ancora più della preoccupante denatalità nazionale. Affermare che in Italia nulla si può fare perché tutto finisce in furto, è l’argomento più marxista e antiliberale che si possa usare. Ogni buona intenzione, diciamo pure ogni ideale, è ridotto a mercimonio. È come nell’interpretazione comunisteggiante delle Crociate definite un affare di mercanti vogliosi di arricchirsi in Oriente. Tutto a questo mondo è mescolato. Ma, come nel Medioevo a muovere genti, Re e Papi fu il pio desiderio di riaprire al culto la Terrasanta, così oggi l’impulso di organizzare un’Olimpiade è segno di risveglio anziché il solito adagiarsi nella nostra pigra e imbelle autodenigrazione. Poi gli imbroglioni si infiltreranno, ma saranno l’eccezione. In ogni caso, non si può dargliela vinta anticipatamente bloccando sul nascere ogni refolo di sangue che cominci a tumultuarci nelle vene. D’altronde, l’Expo a Milano è stata fatta. Ne è venuto un capolavoro. Forse anche lì, i conti immediati non torneranno ma la ribalta goduta dall’Italia ci riporterà all’attivo. Si erano temuti gli inghippi ma ci abbiamo messo Raffaele Cantone e i suoi trecento prodi dell’Autorità anticorruzione. Ormai, questo meccanismo c’è e pare funzioni. Oppure, bisognava fermare tutto per la presunta infiltrazione mafiosa di cui ci ha parlato Ilda Bocassini due settimane fa? E se anche c’è una zoppia ma l’insieme marcia, perché non utilizzare il metodo Expo anche per l’Olimpiade?
L’eventuale Olimpiade, in realtà. Chi l’ha detto infatti che altri Paesi, profittando delle nostre autoflagellazioni, non ci lascino con un palmo di naso? Così, ci rivoltiamo dall’altra parte, e ripiombiamo nel nostro sonno. 

Giancarlo Perna


*** 

Caro Giancarlo Perna, avrai anche le tue ragioni, ma io non le trovo. Anzi, leggendo il tuo pezzo mi saltano all’occhio molti torti. Certamente Roma è la città più bella del mondo, altro che Parigi. Ma la manutenzione organizzata dal Comune fa pena. D’altronde. L’amministrazione si è segnalata per dabbenaggine e non solo: mafia capitale, ruberie, sprechi, incapacità gestionale e debiti mostruosi. Si vede che l’efficienza romana è una chimera. Ovvio che gli abitanti si siano abituati a convivere con la monnezza e con il pressapochismo generalizzato degli enti.
Basti pensare che il Campidoglio dispone di un patrimonio immobiliare enorme di cui ha perso il conto e di cui non riscuote gli affitti: già, manca perfino il censimento degli appartamenti di proprietà pubblica e «regalati» non ai bisognosi, bensì ai soliti furbetti.
Tutte le metropoli sono soffocate dal traffico – convengo con te -, però Roma ha qualcosa di speciale: la gente parcheggia non più solo in seconda fila, ma anche in terza. I marciapiedi sono cosparsi di sacchi zeppi di rifiuti. Il dominio delle pantegane è fuori dubbio. La responsabilità di tutto ciò è collettiva, non solo delle varie giunte comunali. Un maggiore autocontrollo individuale aiuterebbe a risolvere i problemi urgenti. Tu dici che il centro non è peggiore di quello di Genova o Milano. Constato che non frequenti né l’una né l’altra città del Nord. Genova è un casino, però Milano è un giardino, profughi permettendo. Vieni a trovarmi qui a due passi dal Duomo e ti dimostrerò una cosa che ti è sfuggita: dalle nostre parti non esistono i cassonetti da parecchi anni, la nettezza urbana si è evoluta. Il sindaco Albertini ha inaugurato un fantastico inceneritore almeno dieci anni orsono. E la raccolta differenziata non è un tabù. Chi la fa? I cittadini. Il bilancio di Palazzo Marino non è un disastro come quello di Roma. Ti conviene leggerlo e paragonarlo, capirai al volo che siamo di fronte a cifre ben diverse.
Se confronti Villa Borghese con il Parco Forlanini prendi un granchio. Villa Borghese è lì, in via Veneto, nel cuore dell’Urbe. Il Parco Forlanini è all’estrema periferia. A ridosso dell’aeroporto di Linate eppure è pulito come il tuo salotto. Ma questo è un discorso antipatico dal sapore campanilistico, e non mi piace. Sono sicuro che se la Città eterna, avesse dei capoccia all’altezza si trasformerebbe in fretta e diverrebbe degna di essere annoverata tra le migliori capitali europee. Ma non li ha da decenni e forse non li avrà in un prossimo futuro. Purtroppo. Per cui pensare di ospitare le Olimpiadi a Roma è una follia. Significa andare incontro ai corrotti e alle loro esigenze di rubare, offrire ai farabutti nuove occasioni per arricchirsi illegittimamente, rischiare altri scandali perché contro il malaffare non sono state erette delle protezioni che garantiscano un minimo di lindore negli appalti e roba simile.
Su un punto concordo con te. Le Olimpiadi del 1960 dettero alla Capitale un notevole impulso, furono una opportunità di sviluppo urbano e contribuirono a esaltare le grandi bellezze di Roma. Ma diciamolo con franchezza. Roma allora era un’altra Roma. Lo affermo per esperienza. Ci vissi due anni, all’epoca, dal 1964 al 1965. Era una città splendida, pulita, ordinata, seria. Vi si circolava agevolmente, parcheggiare era un gioco da ragazzi, i locali erano invitanti, trattorie gradevoli, negozi di lusso, teatri e cinema sempre attivi e anticipatori delle mode culturali. Oggi essa non è più un’oasi, ma un refugium peccatorum. Perfino la politica si è abbassata a livello dei ratti. Non prendiamoci in giro. Gli amministratori hanno l’obbligo di raddrizzare la barra. Altro che progettare Olimpiadi. Restituiscano all’Urbe la dignità di un tempo, il rigore che merita di esibire. I giochi olimpici sono divertenti e affascinanti, ma serve saperli allestire e presentare. Offrirli alla malavita per aggravare la situazione giudiziaria della Capitale non è corretto né conveniente. Non è sensato dire che noi ci auto flagelliamo, semplicemente ci descriviamo per ciò che siamo. Un Paese allo sbando.
Vittorio Feltri