Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  luglio 23 Sabato calendario

La minaccia terrorismo sui Giochi di Rio

È (quasi) tutto pronto per la grande festa, quella delle Olimpiadi di Rio de Janeiro. «La nostra cultura – scrive Ferreira Gullar, un grande della letteratura contemporanea del Brasile – non nasce né dalla mitologia né dalla divinità. E quando le adotta lo fa in funzione della festa, non del rito».
A guastarla, la festa, potrebbe essere l’Isis. Lo temono i servizi segreti brasiliani che hanno elevato l’allarme a livello 4, in una scala da 1 a 5.
L’ultima retata, quella di due giorni fa, non pare sia indicativa del pericolo reale di attentati. La stampa brasiliana ritiene che le misure adottate per i 10 brasiliani arrestati siano persino eccessive, se rapportate alle prove raccolte.
Eppure il pericolo di attentati, durante le Olimpiadi, è rilevante: le pagine “postate” in rete dall’Isis, in portoghese, l’allarme dell’agenzia di intelligence Abin, le dichiarazioni del ministero della Difesa brasiliano, sono fattori che dimostrano l’entità del rischio.
Pensare che i brasiliani, e soprattutto i carioca, ovvero gli abitanti di Rio, rappresentano un esempio di integrazione perfetta. Il samba è l’eterna colonna sonora della città, di Rio naturalmente.
Harold Trinkunas, analista di Brookings Institution di Washington, ricorda che «il melting pot brasiliano ha giocato un ruolo chiave nell’integrazione, soprattutto di quella comunità di origine mediorientale perfettamente inserita nel tessuto sociale brasiliano». Non solo, queste comunità di immigrati hanno rafforzato l’identità brasiliana e i conflitti mediorientali sono sempre stati percepiti come lontani.
Tuttavia ciò non è sufficiente a tranquillizzare polizia ed esercito. André Luis Woloszyn, esperto di controterrorismo che ha lavorato in Brasile, ricorda che 100 individui potenzialmente pericolosi in Brasile sono pochissimi, se rapportati ai 200 milioni di abitanti. «Ma sufficienti a raccogliere il messaggio dell’Isis, il cui obiettivo è lo show. L’azione spettacolare, visiva e televisiva. La neutralità del Paese non riduce la disponibilità di qualche kamikaze a commettere stragi».
Un’altra questione riguarda le armi, non facilmente acquistabili come invece accade negli Stati Uniti. Comunque reperibili in Paesi confinanti, come il Paraguay o l’Argentina. Un altro elemento di preoccupazione riguarda l’utilizzo delle armi a disposizione delle forze speciali brasiliane in questa situazione emergenziale. La grave crisi economico-sociale che attraversa il Brasile provoca spesso proteste e manifestazioni.
La crisi che vive il Brasile è triplice: politica, economico-sociale e giudiziaria. Un intreccio di problemi che ha provocato una disaffezione progressiva dell’elettorato verso la politica e la classe dirigente. Gli scandali e la corruzione che hanno travolto la presidenta Dilma Rousseff e l’intero Pt (Partito dei lavoratori) hanno determinato uno scollamento tra popolazione e politica.
Il consenso superiore all’80% – raggiunto dall’ex presidente Inacio Lula da Silva, alla fine del suo mandato, nel gennaio 2011 – non è stato solamente un record assoluto mai eguagliato da nessun Paese democratico. È stato soprattutto la rappresentazione più chiara di una coesione sociale scaturita dal combinato disposto di due fattori: l’ingresso trionfale di 35 milioni di poveri nella classe media e la stabilità delle variabili macrofinanziarie. Ora è cambiato tutto. La depressione congiunturale e lo tsunami giudiziario hanno disgregato quel prezioso patrimonio di governabilità. Acceso una conflittualità sociale mai registrata negli ultimi 60 anni.
Il colosso energetico Petrobras è stato al centro delle polemiche, negli ultimi 18 mesi. Da lì, un fiume di denaro affluiva alle casse dei partiti politici e nei gangli della corruzione. La prima buona notizia in arrivo da Petrobras, dopo anni di discredito, è arrivata due giorni fa: secondo Rio Times, il giugno 2016 passerà alla storia della Petrobras per l’aumento record nella produzione di petrolio e gas naturale. Il petrolio ha raggiunto il picco dei 2,9 milioni barili al giorno.
Una nota positiva che mitiga poco il clima avvelenato che vive la società brasiliana.