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 2016  luglio 24 Domenica calendario

Occhio ai cugini del bosone

Il caldo dell’estate ginevrina quest’anno ha tardato molto. Fino a poche settimane fa sembrava ancora che fosse inverno, ma ora si fa sentire. Da alcuni giorni si sono superati i trenta gradi e i corridoi del 40, l’edificio del Cern che ospita i fisici di Atlas e Cms (i due esperimenti principali del Cern), assomigliano ai lungomare di Viareggio o di Catania. Torme di ragazzi e ragazze impegnati nell’analisi si aggirano in short e magliette. Gli architetti non hanno tenuto conto che il riscaldamento globale avrebbe investito anche Ginevra; insomma si è deciso di risparmiare sull’aria condizionata e nei locali esposti al sole, chiusi da immense vetrate, si bolle. Ma c’è in giro una notevole frenesia e si intuisce che sono momenti molto particolari.
Si sta preparando il grande show, la presentazione dei nuovi risultati alla più importante conferenza dell’anno, che quest’anno si tiene a Chicago dal 3 al 10 agosto. Gli occhi sono puntati sull’analisi che ricerca particelle pesanti che decadono in due fotoni. Lo scorso dicembre i due esperimenti hanno mostrato un leggero eccesso di eventi intorno alla massa di 750GeV (un GeV è l’energia equivalente alla massa di un protone, quindi 750 GeV sono 750 protoni). Una piccola gobba nei grafici che è comparsa sia in Atlas che in Cms e l’attenzione di tutti si è concentrata su questo Mister X. Potrebbe essere un cugino del più famoso bosone di Higgs (la famosa particella di Dio), che decade in modo simile, ma è sei volte più pesante. E in questo caso sarebbe una scoperta destinata a rivoluzionare la nostra concezione della materia.
Con l’osservazione del bosone di Higgs il catalogo delle particelle del Modello Standard (la teoria che spiega tutta la materia conosciuta) è ormai completo. Qualunque nuovo venuto metterebbe in crisi profonda la teoria di cui siamo così orgogliosi e sarebbe un’evidenza diretta di quella che viene chiamata la nuova fisica. Una nuova visione del mondo, tutta da costruire, che conterrebbe il Modello Standard come caso particolare e permetterebbe forse di spiegare qualcuno dei misteri, troppi, tuttora aperti. Ma potrebbe trattarsi di una di quelle maligne fluttuazioni statistiche, che ci fanno sognare per mesi, per poi svanire non appena si accumulano nuovi dati. Noi fisici sperimentali ci siamo abituati. Ne capitano di frequente quando si esplorano vaste regioni di massa; per questo siamo un po’ scettici. I teorici invece si sono esaltati, forse prematuramente, nel produrre spiegazioni per la presenza di una particella che ancora non si sa se esiste.
Fra pochi giorni sarà il momento della verità. Ad oggi la risposta non è ancora nota, ma qualunque sia il risultato che sarà presentato a Chicago, penso che, d’ora in avanti, ci si dovrà abituare a questo continuo sbalzo di emozioni. Lavorare oggi nella fisica delle particelle è un po’ come essere sulle montagne russe dei moderni parchi dei divertimenti. Roba da brividi.
Sappiamo già che prima o poi uno studente di Kolkata, o un post-doc di Boston o di Roma, scoprirà nei dati una qualche anomalia che sopravviverà a tutti gli infiniti controlli e, di colpo, crack, tutto cambierà di nuovo. E questo potrebbe accadere in qualunque momento: forse domattina o magari fra trent’anni, dopo avere sputato sangue per sviluppare una nuova generazione di macchine acceleratrici. È la bellezza del nostro mestiere.
Perché siamo così interessati a potenziali cugini del bosone? Perché nuove particelle potrebbero dare risposta a una serie di problemi aperti nell’infinitamente piccolo. La lista dei fenomeni per i quali il Modello Standard non fornisce alcuna spiegazione è talmente lunga da essere francamente imbarazzante: materia e energia oscura, inflazione, asimmetria fra materia e anti-materia, unificazione delle interazioni e ruolo della gravità e così via. Ad esse, con la scoperta del bosone di Higgs se ne è aggiunta una nuova. Perché il nuovo arrivato è così leggero? Una questione che, come vedremo, ha molto a che fare con la supersimmetria.
Sotto il nome di supersimmetria si nasconde in realtà una vasta famiglia di teorie molto diverse fra loro, tutte accomunate dall’ipotesi che esista una speciale relazione che a ogni bosone, particella con spin intero (come il fotone, o lo stesso Higgs) associa un fermione, particella con spin frazionario (come i quark o l’elettrone). Lo spin è una proprietà quantistica delle particelle che richiama la rotazione intorno a un asse. La supersimmetria moltiplica per due tutte le particelle. Per ognuna c’è un super-partner il cui spin differisce per 1/2, con un nome facile da ricordare perché basta aggiungere una «s» davanti: lo stop è il partner del top, il selettrone quello dell’elettrone e così via.
Nel Modello Standard i fermioni sono le particelle che costituiscono la materia, mentre le particelle che trasportano le interazioni sono i bosoni. Nel mondo supersimmetrico avviene il contrario: le particelle di materia hanno spin intero mentre quelle che portano le interazioni sono fermioni.
Una teoria davvero affascinante. Forse è per questo che è stato scelto un acronimo, Susy (Super Symmetry), che sembra il nome di una bella ragazza.
Questa simmetria doveva essere perfetta immediatamente dopo il Big Bang, e si è rotta spontaneamente in qualche primissima fase dell’evoluzione dell’universo, per cui intorno a noi è rimasta soltanto materia ordinaria. Tutte le particelle supersimmetriche sono, apparentemente, sparite, con l’unica eccezione del neutralino o di altre particelle neutre, stabili e molto massicce, che interagiscono debolmente, e che spiegherebbero la materia oscura. Ecco che tutto diverrebbe chiaro: quella materia non luminosa, che tiene assieme galassie e ammassi di galassie e che, da sola, costituisce il 27% della massa totale dell’universo, sarebbe un gas di neutralini, residuo fossile di quel brevissimo periodo in cui la super-materia occupava felicemente ogni angolo dell’universo primordiale.
Il fatto che non si trovino particelle di super-materia intorno a noi si spiegherebbe con il motivo che i partner supersimmetrici sono molto più pesanti delle particelle conosciute. Ma esattamente quanto più pesanti non è dato di saperlo. Potrebbero avere masse di centinaia di GeV o di qualche TeV o addirittura di decine di TeV. La presenza di particelle supersimmetriche sembrerebbe permettere anche la possibilità di «riunire» tutte le forze conosciute (a parte la gravità) in un’unica super-forza che dominava l’universo nelle sue primissime fasi.
Inutile dire che sarebbe una visione dell’universo completamente nuova. Tra le altre cose, Susy prevede che ci siano più tipi di bosoni di Higgs, tanto da formare una famiglia. Il costituente più leggero sarebbe simile all’Higgs previsto dal Modello Standard, cioè quello che abbiamo osservato al Cern. Ma per dimostrare che il bosone da noi osservato è in realtà un super-Higgs, o si scopre uno degli altri cugini che compongono la famiglia, o si trova qualche anomalia nelle sue interazioni con le altre particelle.
In realtà, dal punto di vista della meccanica quantistica, una particella scalare come l’Higgs è un oggetto molto strano. Poiché interagisce di preferenza con le particelle più pesanti, esso ha un rapporto privilegiato con il quark top. Lo dobbiamo perciò immaginare come avvolto da un nugolo di top, che dovrebbero alterare in modo significativo la sua massa. Più precisamente, le correzioni quantistiche tenderebbero ad appesantirlo in maniera incontrollata, spingendo la sua massa verso valori assurdi, enormemente più elevati dei 125GeV che abbiamo misurato. Se questo non succede, o c’è un meccanismo sconosciuto che lo protegge, oppure, per ogni contributo che tende a farlo ingrassare, ce n’è un altro che tende a farlo dimagrire, esattamente nella stessa proporzione. Quest’ultima possibilità è proprio quella che si verificherebbe se Susy fosse vera. Il segno dei contributi alle correzioni quantistiche alla massa, infatti, è opposto per fermioni e per bosoni, e quindi per ogni contributo positivo, dovuto al quark top, ce ne sarebbe uno negativo dovuto allo squark stop. Vale a dire che mentre la nuvola di particelle che in ogni istante circonda l’Higgs tende ad aumentarne la massa, quella di sparticelle tende a diminuirla, cosicché i due fenomeni si cancellano perfettamente e il bosone può rimanere leggero. La presenza di particelle supersimmetriche, insomma, spiegherebbe in modo naturale perché l’Higgs è così leggero, ed è per questo che Susy continua a mantenere un suo fascino. Tuttavia, perché questo meccanismo possa funzionare, lo squark stop non dovrebbe avere una massa troppo più grande di quella del top, che vale circa 173GeV.
E qui nascono i problemi, perché se gli stop fossero così leggeri avremmo già dovuto trovarli all’acceleratore Lhc, qui a Ginevra. Invece tutte le ricerche effettuate finora non hanno dato alcun esito, e sappiamo già che, se esistono, devono avere una massa superiore a 500GeV.
Ed eccoci al punto. Susy si presenta come una teoria meravigliosa, capace di risolvere, in un colpo solo, alcune delle questioni più profonde della fisica moderna (la materia oscura, la grande unificazione, il puzzle dell’Higgs leggero), ma ha un enorme punto debole. Nessuno finora è riuscito a vedere una qualunque delle tante particelle che la teoria prevede.
Se Susy esiste, le sue particelle devono essere molto pesanti, e, visto che per ora non se ne ha traccia, qualcuno comincia a pensare che sia il momento di abbandonare questa bella congettura. Ma è presto per farlo, soprattutto perché stiamo esplorando sistematicamente una vasta regione di energia nella quale si potrebbero nascondere molte sorprese. Rimanete sintonizzati e allacciate le cinture: il giro sulle montagne russe è appena cominciato.