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 2016  luglio 23 Sabato calendario

Di Maio visto da un lobbista che lo ha incontrato

«Di Maio? Con noi era a suo agio, si è presentato come un politico che fa i conti con la realtà, che è fatta anche dai gruppi che rappresentano interessi, una componente essenziale di una democrazia. Non è un marziano. Se una forza vuole candidarsi al governo non può non tenere conto degli interessi organizzati, a meno che non si voglia relegare in un ghetto della politica».
Fabio Bistoncini, fondatore della «FB & Associati», è l’uomo che ha invitato Luigi Di Maio mercoledì a un incontro nel centro di Roma con numerosi lobbisti e rappresentanti di aziende, da Enel a Vodafone e Fastweb.
Mi scusi, ma voi lobbisti non siete il nemico numero uno dei grillini?
«Credo che nella loro semplificazione elettoralistica intendessero i poteri forti, i soliti noti. Ma ci sono anche interessi sociali e ambientali che vengono rappresentati…».
Resta il fatto che loro volevano impedirvi l’accesso al Parlamento.
«Ora invece ci troviamo d’accordo sulla necessità di una regolamentazione chiara della rappresentanza di interessi. Vogliamo che i registri siano obbligatori, non più facoltativi. Sui principi siamo perfettamente d’accordo col M5S, e dunque credo che la proposta di legge che presenteranno non sarà penalizzante per noi».
Ma il M5S non passa per il partito che dice sempre no?
«Non è vero, e lo dimostriamo in una ricerca del nostro centro studi: nel 25% dei casi in questa legislatura hanno votato insieme alla maggioranza. Hanno fatto approvare 800 loro emendamenti. Per questo studio abbiamo esaminato circa 35mila atti parlamentari. Smentendo alcuni pregiudizi sul M5S».
Dunque non sono più una forza anti-sistema?
«Si tratta di una normale forza di opposizione. Che, dopo le vittorie a Roma e Torino, si sta attrezzando per diventare forza di governo nazionale».
C’è molto interesse tra i suoi clienti per il M5S?
«Naturalmente sì, e questo non deve sorprendere. Il Movimento è uno degli attori principali della politica e delle istituzioni italiane, e l’attività di lobbying non si fa solo a Bruxelles o a Roma, ma anche nei Comuni. Dopo le vittorie di Roma e Torino i gruppi di interesse sono molto più attenti alle dinamiche di questa forza politica. A partire dai criteri di selezione delle classi dirigenti. Di Maio ci ha detto che nelle giunte di Roma e Torino ci sono molti assessori esterni, che non sono militanti, e che questa è la direzione che intendono seguire».
Che giudizio si sente di formulare dopo questo primo incontro?
«È una forza politica che sta vivendo una fase di transizione, che si interroga su come attrezzarsi per il governo del Paese. Quando vinci in una città come Roma è inevitabile…».
E il parallelo di Di Maio tra la lobby degli inceneritori e dei malati di cancro?
«Un infortunio, ma tecnicamente non ha sbagliato. Il problema è l’accezione negativa che in Italia si dà al termine “lobby”».