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 2016  luglio 23 Sabato calendario

Elisa Di Francisca, il fioretto e l’arte di non prendersi troppo sul serio

Pare che Rio de Janeiro somigli a Jesi, la collina verde, il mare vicino «e l’accento, guardate che non è lontano dallo jesino stretto, anzi la cadenza è quasi la stessa». Elisa Di Francisca ride, sa di essere andata un po’ oltre, ma per lei casa non è mai troppo lontana, soprattutto ora che è pronta a partire per il Brasile. Destinazione Olimpiadi. Ci sono atleti per cui questo momento è clausura, per la fiorettista, oro in carica, «è la fase in cui iniziare ad assaporare ogni istante e goderselo. E sarebbe il caso di abbassare la tensione: lo sport si prende troppo sul serio».
Ma come: i Giochi, l’appuntamento della vita, concentrazione massima. Non è così?
«Sì, questa direi è esattamente l’atmosfera che si respira al Villaggio ed è proprio tossica».
Non si direbbe: a Rio distribuiranno 42 preservativi per atleta, per due settimane di gare. Un record.
«E che ci fanno? Io quest’aria così disinvolta e festaiola non l’ho mai vista e mai vissuta».
A Londra 2012 c’è stato il boom di Tinder, la app per appuntamenti.
«Davvero? Non l’ho notato, ma questo rientra purtroppo nello stile. Stare dietro uno smartphone. Che tristezza... le persone non si possono cercare, conoscere? Comunque i colleghi non sono a caccia di avventure di solito, forse alla fine, però quando arrivano sono tutti tesi e concentrati a calcolare i passi e le calorie. Tutti precisi con le loro divise e le loro manie».
Mentre lei?
«Da fuori sembro uguale, lo so, eppure vi assicuro che non la vivo in quel modo paranoico. Chiacchiero, rido, purtroppo fumo perché non sono mai riuscita a smettere. Insomma, vizi a parte, in quel mondo non mi ci ritrovo».
Non è il suo mondo?
«Proprio no, la pedana, quello è il mio universo».
In pedana è il primo appuntamento importante senza Valentina Vezzali, 6 ori olimpici, mito della scherma. Come ci si sente senza?
«Leggeri... no, non fraintendete: Valentina è un esempio, una campionessa rara. Niente da dire, solo che ha i suoi rituali, esigenze e ritmi precisi. La sua presenza si avverte e visto il valore e la forte personalità ha sempre condizionato un po’ il gruppo. Era logico che fosse così».
Lei invece come vive le gare?
«Non da ossessionata. A Londra in tanti mi dicevano, “vedrai dormirai a fatica”. Ho dormito e pure sognato, ha suonato la sveglia la mattina in cui si decidevano i podi e mi sono girata dall’altra parte: l’ho ritardata, c’era tempo».
Nella scherma c’è poca concorrenza. Luogo comune o verità?
«Una volta magari era così, non oggi. Nel corso degli anni ci hanno studiato, imitato, hanno preso i nostri allenatori e abbassato le età, escono sempre nuove terminator».
Trillini, Vezzali, Di Francisca. Tutte ori cresciuti a Jesi. Che c’è lì di speciale?
«Il verdicchio marchigiano o forse la serenità».
Trillini è diventata la sua allenatrice.
«Un cambio radicale rispetto a quattro anni fa: venivo da un maestro con un carattere tosto, Giovanna è più timida. Ma si è creato un feeling speciale. Unite da un comune obiettivo».
Quattro anni fa ha vinto due ori. Cosa le è rimasto negli occhi di quei successi?
«Il salto dei miei fratelli. Me li sono ritrovati addosso rincorsi dalla sicurezza, mia sorella si è storta una caviglia. Il fratello l’hanno portato via a braccia».
Tornano tutti?
«Stavolta c’è il fidanzato».
In passato ha avuto una relazione tormentata, un uomo che l’ha maltrattata. Cosa resta di quell’Elisa?
«Niente. Adesso vedo una Elisa che ha imparato a riconoscere l’amore e ha capito l’importanza di credere in sé: diventare quello che si pensa potrebbe piacere ti porta a commettere errori madornali. Non mi vergogno più a cercare protezione e sto con una persona che mi fa sentire unica sempre».
Ha partecipato a diverse campagne per denunciare la violenza contro le donne. Le è capitato di parlare con delle vittime?
«Ho visitato centri di recupero, sentito storie che non immaginavo possibili e ho visto che purtroppo non è poi così fuori dal mondo ritrovarsi vicino a chi alza le mani».
Perché nel 2016 situazioni simili sono in aumento?
«Certi uomini si sentono messi da parte, le donne in carriera li spiazzano. Tanti non si sono adeguati per ignoranza anche se ovviamente non ci sono scuse».
Quando era incastrata in una relazione sbagliata sfogava la frustrazione in pedana?
«No, quella è un’oasi. E poi non funziona così: l’assalto è la situazione più razionale del mondo, lo devi controllare. Se ci metti l’emotività è una disfatta».
È anche testimonial di una clinica che congela ovuli.
«Sta a Barcellona, sono testimonial della libertà. Credo che aiuti sapere che si possono fare tante scelte diverse e in questo Paese più si parla di possibilità meglio è. La mentalità è spesso chiusa, credo sia colpa della cultura religiosa».
Lei è religiosa?
«Sì, sono soprattutto rispettosa».
Dopo i Giochi Tania Cagnotto smette per diventare mamma, Federica Pellegrini valuta il matrimonio e lei?
«C’è aria di famiglia olimpica e potrei lasciarmi contagiare. Credo di stare con l’uomo giusto, lui fa il produttore televisivo. In questo periodo è stato complicato, lui a Roma, io a Jesi. Ogni volta che ero in difficoltà si è precipitato. Però è uno che apprezza la leggerezza come me».
Pensa di lasciare la scherma o di tornare dopo un figlio?
«Quando costruirò una famiglia saluterò l’agonismo».
Tante sportive rientrano.
«La famiglia non è un gioco. Non sono il tipo che fa un bambino poi si butta sei mesi ad allenarsi, viaggia, passa dai genitori e se lo riprende».
Quindi non si porterebbe un figlio sul podio come Vezzali?
«No. Gli racconterò i podi di mamma quando sarà il momento, mi sembra meglio».