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 2016  luglio 23 Sabato calendario

A proposito di Ivanka, la prediletta di Donald

Al netto del discorso di Donald Trump, il più lungo che una Convention ricordi dai tempi di Bill Clinton, il gran finale è stato scritto da Ivanka. È bastato poco per percepire vibrazioni che, sino a quel momento, avevano sfiorato appena la Quick Loans Arena. Senza dubbio la scommessa più riuscita della Convention da parte del tycoon newyorkese che, non a caso, per il sermone di chiusura si è fatto presentare dalla sua primogenita.
Ivanka è salita sul palco con uno schema ben preciso e con un copione assai calibrato sotto gli occhi. A lei papà Donald ha affidato il compito di catalizzare i voti delle donne, insidiare Hillary Clinton al centro e tra gli indecisi, serrare le fila dei delegati spiazzati da una convention foriera di divisioni e plagi. E sembra sia riuscita nel suo compito a giudicare dall’applauso, il più lungo della Convention, che ha incassato al termine dell’intervento. Ricorda quando giocava con i Lego (hotel e palazzi ovviamente) sul tappeto dello studio del papà, mentre lui le ripeteva «Devi pensare in grande».
Ivanka ha raccontato di un uomo completamente agli antipodi dell’omofobo e cinico sciupafemmine di cui si racconta. «Nelle aziende di mio padre ci sono più dirigenti donne che uomini», ha sottolineato con cura. Ivanka parla alle lavoratrici in famiglia: «Da mio padre le donne sono pagate allo stesso modo degli uomini in virtù del lavoro che fanno, e quando diventano mamme, vengono aiutate e non tagliate fuori».
È audace quando rilancia sulla condizione della donna e dell’assistenza all’infanzia con un programma pensato nel dettaglio. Parla come una democratica, ma ai repubblicani piace e non fa mistero della sua indole trasversale: «Non sono repubblicana e non sono democratica», ma se «mio padre dice che riporterà l’America a essere un grande Paese lo farà davvero». È un appello a indecisi, centristi e a un certo elettorato della sinistra e lo fa da ambasciatrice del buon senso. Come quello dimostrato alle primarie quando in virtù della sua amicizia con Chelsea Clinton ha impedito che lo scontro tra i genitori ricadesse sui figli. C’è chi chiede se in caso di vittoria sarà Ivanka a entrare alla Casa Bianca accanto a Donald, e non Melania, quasi trasparente se non per le accuse di plagio e l’abito dalle maniche ampollose. Le credenziali da «real first lady» le ha tutte Ivanka: 34 anni e studi eccellenti, è il braccio destro del padre nella Trump Organization, ha fondato un magazine online ed è autrice del best seller «The Trump Card: Playing to Win in Work and Life». È bella ed elegante senza eccedere. Se Michelle Obama fa vanto di acquistare abiti «pret a porter» del popolare J. Crew, lei risponde con il vestito da 138 dollari indossato per il gran finale di Cleveland. Ovviamente griffato Ivanka Trump.