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 2016  luglio 24 Domenica calendario

«Era più femmina di me eppure aveva tutti i privilegi da maschio. Pure quando mi ha rubato il fidanzato l’ho dovuto perdonare roba che se lo rifacesse adesso gli strapperei con le mie mani quelle quattro extension dai capelli». Vladimir Luxuria vista dalla sorella Laura Guadagno

Quello? Era più femmina di me eppure aveva tutti i privilegi da maschio: stava in camera da solo, poteva rientrare più tardi la sera. Ed era l’unico ad avere il permesso di andare dalla nonna a guardare il Festival di Sanremo fino a tardi». Cominciamo bene. «Se si rifaceva il letto al mattino? Figuriamoci... Pure quando mi ha rubato il fidanzato l’ho dovuto perdonare, roba che se lo rifacesse adesso gli strapperei con le mie mani quelle quattro extension dai capelli». Quando si dice parenti serpenti. «Gli invidiavo la libertà che aveva solo per diritto di nascita: una ingiustizia bella e buona. E lui mi invidiava gli abiti nell’armadio: quante gonne gli ho dovuto mettere in un sacchetto assieme ai trucchi perché li potesse indossare fuori di casa. Comunque avevo le mie rivincite: a Carnevale io uscivo vestita da spagnola, con tanto di nacchere, lui da sceriffo».
Laura Guadagno s’infiamma mentre ricorda la sua infanzia «non proprio facile» a Foggia, in una famiglia piuttosto affollata: papà Antonio camionista, mamma Michela casalinga, il primogenito Wladimiro come «Nonno Miro», lei, Barbara, Cristina e, infine, Glauco. «Quando è nato avevo 18 anni, sono andata via di casa subito dopo. Lui è il maschio convenzionale: commercialista, fidanzato, vive ancora con mamma e papà».
Anche Wladimiro, all’arrivo di Glauco, non abitava più in Puglia e aveva già scelto di chiamarsi Vladimir Luxuria. È da lì in poi che Laura comincia a parlarne al femminile e, a dispetto delle battute iniziali, con profondo affetto. Davvero le rubò il fidanzato? «Sì, Matteo. Cioè, si chiama in un altro modo, ma Vladi vuole che lo tuteliamo, siamo rimasti amici. Ora la capisco, mia sorella: quando una persona si reprime, sta male e può creare disagio agli altri. Ecco perché lei lotta contro l’ipocrisia, perché in Italia siamo messi male se un padre, dopo che il figlio uccide in modo barbaro un altro ragazzo, sente l’urgenza di dire: “Mio figlio non è gay”».
Nella cucina di casa, primo piano in un cortile interno di corso Buenos Aires a Milano, Laura inanella ricordi rivelatori degli adulti che sarebbero diventati. «D’estate papà ci portava al mare con un furgone, ci metteva dentro tutti, compresi i cuginetti. Partivamo con le sdraio, l’ombrellone. Parcheggiavamo all’ombra, nella pineta dove mangiavamo pasta al forno e cotolette preparate da mamma. L’anguria restava nella borsa frigo. Non ne ho mai più mangiata una così dolce e saporita: c’era il rito del triangolino, la porzione che mio padre testava per primo. E dopo eravamo liberi. Vladi si occupava dell’animazione, ci intratteneva con i suoi racconti, riusciva a inventare storie sempre diverse con le figurine che davano in omaggio assieme ai formaggini Mio».
La fantasia è sempre stata una caratteristica tipica di Luxuria. «A cominciare dalle scuse assurde che rifilava ai nostri genitori, come quella volta che rientrò a casa con un ritardo clamoroso, forse due ore. Papà lo stava aspettando sveglio, noi friggevamo, e lui riuscì a dire che aveva perso l’autobus. A Foggia l’autobus? Pure quella volta fu perdonato».
Antonio Guadagno non fu subito pronto ad accettare l’identità sessuale del primogenito. «Era impreparato, faceva finta di niente, ma era sotto gli occhi di tutti. Una sera lo sentii prendersela con mamma: “Tuo figlio va in giro truccato come una donna!”. Lo aveva visto vicino alla stazione con dei colleghi, camionisti come lui. Ma alla fine non successe nulla. Provò a “mascolinizzare” Vladi, gli diceva: “Tu non ti devi truccare e ti devi vestire da maschio”. Capirai... Gli entrava in un orecchio e gli usciva dall’altro. Però a casa non si è mai travestito, penso per evitare inutili attriti».
Del fratello di allora amava la capacità di sdrammatizzare. «E che talento a improvvisare spettacoli! Faceva Al Bano e Romina, la Carrà. Ridevamo come matti». Della sorella di oggi, invece, ama il coraggio. «Non si risparmia e ci mette sempre la faccia». Riconosce tra di loro una sana competizione. «Ma è inutile, lei è più femminile di me». La loro famiglia si è riunita l’ultima volta un anno fa, per i 50 anni dell’ex parlamentare. «Ci ha portati a Torvaianica, c’era pure il fotografo, sembrava un matrimonio. Mamma e papà erano elegantissimi, erano tutti belli. Lo eravamo per Vladi, se lo meritava».