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 2016  luglio 24 Domenica calendario

Alla Merkel non resta che affrontare l’insicurezza del suo popolo

È un massacro che lascia in confusione, quello di venerdì a Monaco. Non un attentato di ispirazione islamista. Non una vendetta anti immigrati dei neonazisti. E difficile da considerare solo come il gesto di un giovane senza il controllo della propria mente: perché è parte di un flusso di omicidi con stili e caratteristiche simili e perché in una fase meno segnata dal terrorismo non avrebbe prodotto lo stesso panico, nella bella città della Baviera e in tutta Europa. Confusione che va a complicare ulteriormente le sfide micidiali che ha di fronte Angela Merkel (e con lei tutti i governanti europei).La strage del centro commerciale ha reso evidente quello che tutti sappiamo: il terrorismo non è l’esclusiva di qualche Paese, è questione come minimo europea, più probabilmente globale: anche se il responsabile non aveva una matrice politica, ideologica, religiosa, tutti, per ore, abbiamo dato per probabile, quasi certo, che l’avesse. I tempi sono questi. È comunque terrorismo. I militanti omicidi legati all’Isis hanno avuto successo nel creare questo clima di insicurezza in tutto il Continente. Questo è il primo problema che la cancelliera Merkel dovrà affrontare. Il massacro di venerdì e, ancora di più, l’assalto di un giovane rifugiato, armato di ascia e coltello, ai passeggeri di un treno, sempre in Baviera, rendono chiaro che il terrorismo non è un fatto di mancata integrazione o, se si vuole, che la buona integrazione non è una misura antiterrorismo. La Germania è mobilitata, con iniziative pubbliche e private per coinvolgere le centinaia di migliaia di rifugiati che da un anno entrano nel Paese. E lo sta facendo in qualche caso con successo: Berlino dovrà impegnarsi ancora di più a farlo. Il problema, però, è che i terroristi che hanno creato il clima di insicurezza non sono tali perché emarginati: lo sono per scelta politica e ideologica. L’integrazione, insomma, non è una misura di antiterrorismo. Merkel sa che contro le quinte colonne dell’Isis in Europa o contro i lupi solitari o contro il clima che esalta le stragi delle menti instabili servono misure forti e precise in termini di intelligence, controllo, prevenzione, repressione, oltre che la vittoria militare e politica contro l’Isis. E ciò si può fare solo in un progetto comune europeo, e poi globale.La sicurezza dei cittadini e delle democrazie dell’Europa, in altri termini, è diventata la questione numero uno della Ue. Ora che la Germania ne è stata colpita, la cancelliera ha una ragione in più per mettersi alla guida dei 27, meglio se dei 28 perché in questo campo il contributo di Londra può essere essenziale. L’idea, a Berlino ma anche a Roma, Parigi, Bruxelles, è quella di fare della sicurezza un pacchetto prioritario e complessivo. Prioritario nel senso che viene prima di tutto. Complessivo nel senso che per avere successo e unificare gli europei deve tenere insieme la lotta al terrorismo; la difesa dai bulli che stanno ai confini della Ue, a cominciare da Putin e Erdogan ma non solo; una politica finalmente davvero europea di rapporto con il resto del mondo, a cominciare dalla questione degli immigrati che pur non essendo all’origine del terrorismo contribuisce a creare insicurezza e confusione se lasciata a se stessa. Su queste basi, un compromesso tra europei, che spesso hanno interessi e opinioni diverse, è probabilmente possibile. Anche con i Paesi dell’Est che sono restii ad accettare i profughi ma hanno grandi timori delle intenzioni russe. Una sorta di Compact europeo per la Sicurezza.È un cambiamento di paradigma per l’Europa. La focalizzazione non è più su se stessa, sui suoi problemi di moneta e di economia. O lo è meno. Il suo futuro si gioca rispondendo alle sfide che arrivano da fuori, quelle che non ha voluto vedere per qualche decennio. Solo così il clima di insicurezza e la conseguente confusione sociale e politica si potranno forse affrontare. L’alternativa è il caos. Islamista, di estrema destra o senza ispirazione politica. Ma caos.