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 2016  luglio 24 Domenica calendario

Terrorismo, golpe e Brexit: il primo a farne le spese sarà l’export

Da quasi novant’anni, la ditta Besana esporta da San Gennaro Vesuviano, a pochi chilometri da Napoli, noci, nocciole e altra frutta secca in giro per il mondo.
Tra il 2010 e l’anno scorso, il gruppo ha raddoppiato il suo fatturato fino a 180 milioni di euro, grazie anche alle vendite nel Regno Unito che oggi comprendono circa il 50% delle sue esportazioni. La decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea sta creando qualche grattacapo all’azienda campana, soprattutto a causa del forte deprezzamento della sterlina che obbligherà il gruppo e i suoi distributori a ridurre i margini di profitto o a aumentare i prezzi. «Abbiamo vissuto questi momenti in passato, ma nei prossimi mesi dovremo darci un pizzicotto – dice Pino Calcagni, presidente di Besana – Il drammatico sta nell’incertezza su cosa verrà dopo, ma sono convinto che i britannici continueranno a comprare i nostri prodotti».
Il referendum su Brexit è solo uno degli incidenti geopolitici che rischiano di rendere difficile la vita ai nostri esportatori. Dalle sanzioni commerciali alla Russia, in vigore ormai da qualche anno, al recente colpo di Stato mancato in Turchia seguito dalla brutale repressione del presidente Recep Tayyip Erdogan, il mondo sta diventando un posto molto più difficile in cui fare business. «Sempre più spesso la fase di bonaccia dei mercati internazionali è frutto di elevati livelli di incertezza di carattere geo-politico, oltre che finanziario» dice Alessandra Lanza, partner di Prometeia, una società di consulenza. Prometeia ha stimato in circa un miliardo di euro i costi per gli esportatori italiani della decisione del Regno Unito di uscire dall’Ue, a causa degli eventuali dazi che potrebbero essere imposti dal governo sulle nostre merci.
Più difficile è invece misurare l’impatto della crisi in Turchia, un Paese che acquista beni dall’Italia per un valore di circa 10 miliardi. «I settori più colpiti sarebbero quelli dei beni strumentali – aggiunge Lanza con meccanica ed elettrotecnica che arrivano a 3 miliardi di export, seguiti dal comparto petrolchimico». Queste turbolenze politiche si inseriscono in un quadro di ripresa economica che rimane fragile. Il Fondo monetario internazionale ha tagliato di nuovo le sue stime della crescita globale, portandole a 3,4% per l’anno prossimo. Il commercio mondiale continua a stentare anche a causa di cambiamenti strutturali nelle catene di distribuzione. «I mercati emergenti non trovano la via della ripresa e le economie avanzate non hanno più la spinta necessaria per compensare questo rallentamento» dice Loredana Federico, un’economista a Unicredit. Questa frenata ha un impatto sull’Italia dove, negli scorsi anni, le esportazioni sono cresciute a un ritmo superiore al 3%, mentre oggi Federico ritiene sia più realistico pensare a un tasso intorno al 2%.
Siccome l’export pesa per circa il 30% sul nostro prodotto interno lordo, questo rallentamento ha un impatto significativo sulla nostra economia. UniCredit ha dimezzato le sue stime per la crescita italiana per l’anno prossimo dall’1,2% allo 0,6% soprattutto per il calo dell’export. Per il Fmi i ritmi di espansione saranno più sostenuti, ma comunque soltanto dell’1 per cento.
Dati diffusi venerdì dall’Istituto nazionale di statistica mostrano come il commercio con i Paesi extra-Ue sia calato del 2,4% rispetto allo scorso anno, nonostante un leggero rialzo rispetto a maggio. Ma gli economisti dicono che le sorti delle aziende esportatrici italiane continueranno ad essere legate soprattutto a quanto avviene nel resto dell’Ue. «Francia, Germania, Regno Unito e Spagna ricevono circa un terzo delle nostre esportazioni» dice Andrea Goldstein, consigliere delegato di Nomisma, una società di analisi economica. «Le aziende italiane sono capaci di produrre componenti per i macchinari di una manifattura avanzata come quella tedesca, ma questo vuol dire che siamo molto esposti all’andamento delle esportazioni della Germania».
Tra i settori economici, invece, alcuni potrebbero addirittura beneficiare dalla turbolenza geopolitica. Il turismo, che viene contabilizzato tra le esportazioni, sembrerebbe stare beneficiando delle tragedie che avvengono nei Paesi vicini. «Il turismo italiano sembra stare risentendo positivamente di quello che sta succedendo in Nord Africa e Francia – dice Andrea Giurato, di “Travel As You Feel”, un’azienda che gestisce appartamenti e agriturismo. «L’Italia è vista come un Paese più sicuro degli altri, soprattutto per quanto riguarda le mete di mare».
A San Gennaro Vesuviano, anche Calcagni spera che il settore agroalimentare sia più protetto rispetto ad altri. «Il consumatore inglese potrebbe decidere di non cambiare macchina o lavatrice, ma questo non dovrebbe toccare il food – dice – Alla fine la Gran Bretagna non produce molta frutta e verdura, dovrà continuare a importarla».