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 2016  luglio 25 Lunedì calendario

Sedici ore in coda per passare la frontiera francese. Succede al porto di Dover, dove i controlli sono stati intensificati

Venti chilometri di coda. Sedici ore di attesa, fermi in autostrada. E come se non bastasse, sotto il sole, che da queste parti è una rarità anche in estate. Un mostruoso ingorgo paralizza da due giorni i turisti inglesi in fila per salire con le loro macchine sui traghetti per la Francia al porto di Dover. Elicotteri di soccorso innaffiano le vetture dall’alto. Polizia e ambulanze offrono acqua e toilette portatili a decine di migliaia di persone bloccate, ansiose, disperate. «Ingorgo infernale», titolano i tabloid londinesi. Qualcuno ci vede una beffa del destino: la Gran Bretagna, che vuole uscire dall’Europa, in Europa non riesce più a entrare. I tabloid inglesi ci vedono addirittura un complotto: la vendetta premeditata della Francia, e per estensione di tutto il continente, dell’Unione Europea insomma, per Brexit.
Tutto è cominciato, in effetti, con i doganieri francesi, che da sempre effettuano i controlli passaporti al punto di partenza dei traghetti, a Dover appunto, non a quello di arrivo, a Calais, dall’altra parte del canale della Manica. È necessario fare così, perché quando i traghetti abbassano i ponti, all’arrivo, auto e camion non possono sottoporsi a ispezioni, altrimenti lo sbarco prenderebbe ore. E poiché la Gran Bretagna non ha mai partecipato agli accordi di Schengen, la Manica è una frontiera reale, per attraversare la quale occorre presentare documenti. Ma da venerdì, in coincidenza con la chiusura delle scuole nel Regno Unito e con la grande partenza di massa per le vacanze, i controlli a Dover diventano più lenti e meticolosi. Una ragione, naturalmente, è lo stato d’emergenza proclamato in Francia dopo l’attentato di Nizza: la minaccia del terrorismo. Pare tuttavia che ci sia anche un’altra motivazione del rallentamento: per caso o per dispetto, al turno del week-end non si presentano abbastanza doganieri francesi. L’imbottigliamento è immediato. La fila si allunga con il passare delle ore. Sabato si ferma tutto. E comincia il panico.
Domenica arrivano i rinforzi: poliziotti e doganieri britannici, pur non potendo effettuare il controllo passaporti, partecipano all’ispezione dei veicoli. Il transito si velocizza un po’. Chi può fa inversione di marcia, torna indietro, almeno fino a Folkestone, per mettersi in coda per l’Eurotunnel, il treno che carica a bordo veicoli e attraverso la Manica in meno di mezz’ora. Intanto esplodono le polemiche. «È comprensibile che la Francia aumenti le misure di sicurezza, ma è inaccettabile che il servizio funzioni così male», accusa Patrick McLoughlin, presidente del partito conservatore. A Londra non si crede alla teoria del complotto, alla vendetta per Brexit: «Il turismo è troppo importante per i francesi», nota la Bbc. Oltretutto la nuova premier Theresa May è stata appena all’Eliseo dal presidente Hollande. A Dover, tuttavia, se la prendono anche con le autorità britanniche: «Il porto aveva avvertito il nostro ministero degli Interni che si prevedeva il caos e non è stato fatto niente», dice il deputato locale Charlie Elphickie. E la gente del posto sostiene che gli ingorghi, in realtà, sono una «maledizione dell’estate».