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 2016  luglio 24 Domenica calendario

Quella di Ali Sonboly è la tristissima storia di un ragazzo disadattato, malmenato psicologicamente dai bulletti compagni di scuola, figlio di povera gente ed emigrato, un bambino feroce che a un certo punto ha creduto di potersi vendicare del mondo «ammazzando tutti» come dicono appunto i bambini quando giocano alla guerra

Quella di Ali Sonboly è la tristissima storia di un ragazzo disadattato, malmenato psicologicamente dai bulletti compagni di scuola, figlio di povera gente ed emigrato, un bambino feroce che a un certo punto ha creduto di potersi vendicare del mondo «ammazzando tutti» come dicono appunto i bambini quando giocano alla guerra.

Non ho tutta questa pietà per uno che ha ammazzato nove innocenti e poi (forse) si è suicidato. Perché è di lui che sta parlando, vero, cioè del massacratore di Monaco?
Sì, Ali Sonboly di 18 anni, doppio passaporto tedesco e iraniano, studente senza religione (mai visto in moschea), figlio di un tassista e di una commessa dei grandi magazzini Karstadt, abitanti nel quartiere Maxvorstadt, dove Ali aveva una sua stanzetta. In questa stanzetta però gli inquirenti non hanno trovato niente di significativo. Nessun legame con l’Isis. Gli incubi del ragazzo erano tutti nella sua testa. E nel computer.  

Ricostruiamo un momento l’eccidio, su cui ancora ieri a tarda notte c’erano troppi dubbi.
Monaco è tornata una città normale intorno all’una e mezza del mattino, quando la polizia, che aveva sguinzagliato 2.500 agenti, s’è convinta che il killer aveva agito senza complici, e che quindi non c’era da dare più la caccia a nessuno. I cronisti hanno avuto grosse difficoltà perché la polizia tedesca, a differenza di tutte le altre polizie, dice poco o niente, specie quando le operazioni sono in corso: qualunque informazione, è il loro ragionamento, può favorire il ricercato o i ricercati. Credo che abbiano ragione. Il ministero dell’Interno s’era tra l’altro specialmente raccomandato di non mettere in rete nessun filmato di nessun tipo.  

Dov’è cominciato il massacro?
Fuori dal centro commerciale Olympia, all’interno del quale c’è anche ristorante McDonald’s. Ali aveva una Glock17 nove millimetri con matricola abrasa e almeno 300 proiettili. Dove si sia procurato la pistola e le munizioni, senza avere il porto d’armi, è per ora un mistero, anche se chi sa navigare su internet sa trovare quello che gli serve. Ha cominiciato a sparare in mezzo alla strada davanti all’Olympia, un poliziotto l’ha visto e gli ha sparato a sua volta, ferendolo. Ali è allora scappato dentro il centro commerciale, dove ha continuato a uccidere, prendendo di mira in modo particolare ragazzi e ragazze: le vittime con meno di vent’anni (anzi, con un’età compresa fra i 13 e i 20 anni) sono cinque su nove e uno dei ventisette feriti, un ragazzo di tredici anni, lotta in ospedale per sopravvivere. Le donne ammazzate sono tre, tra i morti non ci sono turisti, ma immigrati: tre kosovari, tre turchi, un greco. Un altro poliziotto deve averlo colpito da McDonald’s, e Ali è fuggito di nuovo. Ne hanno trovato il cadavere poco dopo, in una stradina laterale. La polizia dice che si tratta di suicidio. Può anche non essere vero, ma a questo punto non ha importanza.  

L’Islam non c’entra.
Nella maniera più assoluta, anche se una testimone sostiene di averlo sentito gridare «Allah Akbar» mentre sparava a dei bambini seduti da McDonald’s. Il movente di Ali è stata la frustrazione per le angherie subite nella sua vita moltiplicata dall’ammirazione incondizionata per tutti gli autori di stragi. In primo luogo, Breivik, quello che cinque anni fa uccise 77 ragazzi che partecipavano a un raduno dei giovani socialisti sull’isola Utoya, in Norvegia. L’anniversario di quel massacro ricorreva proprio il 22 luglio, e Ali lo sapeva. L’agenzia Dpa (Deutsche Presse-Agentur) scrive che dall’esame del pc risulta che il ragazzo trascorreva la maggior parte del tempo in giochi di sparatorie e ammirava l’autore della strage di Winnenden (Stoccarda), uno studente di 17 anni che nel 2009 ha ucciso 15 persone nella sua scuola.  

È un fatto che il fenomeno dei lupi solitari si sta moltiplicando.
Io penso che non esista nessuna possibilità di prevenire i lupi solitari. D’altra parte negli Stati Uniti i lupi solitari (Columbine ecc.) esistono da un pezzo. Voglio dire: l’Islam, alla fine, per questi qui è solo un pretesto. Abituiamoci a convivere con la possibilità di essere ammazzati in una qualunque sera in un qualunque ristorante, esattamente come ci siamo abituati all’idea che ogni anno, nell’indifferenza generale, muoiano in macchina tre-quattromila persone. Fidiamo nel fatto che la ripetitività tolga al massacro forza mediatica, quindi significato. Come tutti i fenomeni di moda, verrà a sbiadire anche questo. Io non m’affannerei neanche troppo nelle misure di sicurezza.