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 2016  luglio 22 Venerdì calendario

Il grande ritorno dell’Argentina. Il boom del grano e la cura Macri hanno fatto tornare il Paese a pieno titolo nei mercati internazionali

Per l’Italia, la “guerra del grano” che sta facendo crollare i prezzi è una possibile tragedia per almeno 300.000 aziende. Ma per l’Argentina, che con Ucraina e Canada è una della più importanti protagoniste di questo boom dell’export, è un primo segnale di successo delle riforme economiche del nuovo governo di Mauricio Macri, proprio nel momento in cui stava divampando la polemica sugli effettivi risultati della nuova politica economica dell’amministrazione liberale che è seguita a 12 anni di populismo kirchnerista. Mercoledì a Buenos Aires sono infatti stati aggiornati i dati sull’export agricolo, e le cifre sul grano sono impressionanti: 3.009.500 tonnellate un anno fa, 6.545.000 tonnellate negli ultimi 12 mesi, per un aumento netto del 117,5%.
Appunto, era stata una delle basi della politica kirchnerista il sistema di imposte all’export agricolo definito delle “retenciones moviles”, assieme a un severo regime di razionamento del dollaro che aveva fatto impennare il mercato nero e una bardatura di tariffe doganali che aveva reso quasi impossibile gli acquisti on line, oltre a interdire del tutto l’import di libri. E una delle prime cose che Macri ha fatto è stato di smantellare questo impianto. Il peso, la moneta argentina, si è così svalutato ai livelli del 2013, ma in proporzione ha retto meglio del real brasiliano, e comunque il cambio parallelo è svanito come neve al sole. A 1400 prodotti è stata poi abbassata la tariffa doganale ai limiti che il Wto raccomandava e Cristina Kirchner rifiutava. Per «proteggere l’industria nazionale»: ma un risultato paradossale era che, ad esempio, per il costo troppo alto delle componenti era sparita dalle linee di produzione nazionale tutta una serie di auto di alta gamma, di cui ora Mercedes Benz, Ford, Peugeot e Renault hanno annunciato il ritorno. Ma già un primo risultato tangibile è appunto questo boom del grano, che segue all’abolizione pura e semplice delle “retenciones”: a parte quella sulla soia, ridotta però dal 35 al 30%. È un risultato, questo +117,5%, che fa tanto più impressione se confrontato non solo alla carestia del Venezuela di Maduro, ma anche a quell’improvvisa penuria di fagioli che sta privando i brasiliani del loro cibo preferito proprio in tempo di Olimpiadi.
MERCATI INTERNAZIONALI
Ma un altro punto centrale del programma di Macri è stato quello di raggiungere un accordo con i creditori che avevano rifiutato le ristrutturazioni del debito fatte nel 2005 e 2010, e le intese sono state in effetti raggiunte. Prime fra tutte, proprio quelle con i detentori di bond italiani. L’Argentina è dunque rientrata a pieno titolo nei mercati internazionali dei capitali, e un’altra notizia appena resa nota in contemporanea a quella sul boom dei cereali riguarda infatti un flusso di investimenti stranieri che nei sette mesi dell’era Macri ha già raggiunto 1,304 miliardi di dollari: già quanto era arrivato nell’intero 2015. Ma a questa somma secondo il Banco Central bisogna in più aggiungere altri 900 milioni di dollari di investimenti di portafoglio, e ben 23,732 miliardi di investimenti che sono stati promessi. Scomponendo gli 1,304 miliardi per settori, si hanno ai primi posti 336 milioni di investimenti stranieri per il settore petrolifero, 247 nelle comunicazioni, 179 per bibite e tabacco e 111 nell’industria automobilistica. Sono parte di questo sforzo per l’apertura economica la ripresa dei negoziati tra Unione Europea e Mercosur che Macri ha propiziato e al contempo l’inizio del processo di adesione dell’Argentina all’Alleanza del Pacifico.
MENO SPESA SOCIALE
I problemi per Macri sono però su un terzo versante: quello del ridimensionamento di una spesa sociale insostenibile – per esempio ha ridotto da 512 a 370 i prodotti con prezzi calmierati nei supermercati – l’aumento dei tassi d’interesse, il taglio delle sovvenzioni all’energia, il licenziamento di almeno una parte dei 130.000 dipendenti pubblici assunti dai Kirchner in 12 anni. In effetti era stata questa spesa a far schizzare l’inflazione a oltre il 40%, il secondo livello mondiale dopo il Venezuela di Maduro. E però, sebbene il governo si sforzi di fare le cose gradualmente, rincari e tagli hanno avuto un effetto depressivo. A parte i critici interni, secondo cui l’inflazione è aumentata e la povertà si è accresciuta di 1,4 milioni di unità, lo stesso Fondo Monetario Internazionale prevede che nel 2016 l’Argentina resterà in recessione, e che solo nel 2017 il Pil tornerà a crescere. Macri è stato attaccato per aver promesso che il Paese tornerà comunque a crescere entro fine anno. La Banca Mondiale assicura che i risultati dei primi sei mesi di Macri «sono stati impressionanti», l’Economist sostiene sia «sulla strada sbagliata». In questo bailamme, l’export del grano e l’import di capitali rappresentano due primi importanti dati concreti che qualcosa inizia a funzionare, anche se gli effetti si consolideranno nel tempo.