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 2016  luglio 22 Venerdì calendario

Cosa fanno i figli di Erdogan, tra traffico di petrolio, navi e politica

All’ombra del fallito colpo di stato, avranno tirato un sospiro di sollievo anche i quattro figli del presidente turco Recep Erdogan, al sapere che papà era salvo e ancora saldamente in sella. Premesso che i prestigiosi studi universitari si dice siano stati pagati ai figli del presidente dall’imprenditore tessile turco Remzi Gür, sostenitore dell’Akp e del suo leader, il più celebre dei ragazzi, è il 35enne Necmettin Bilal Erdogan, detto anche solo Bilal, accusato di trafficare petrolio dell’Isis lungo la frontiera turco-siriana, ma non solo. Pochi giorni fa la Procura di Bologna ha reso noto che continueranno le indagini su di lui, relative alle accuse di riciclaggio mossegli fin dal 2013 dall’imprenditore turco, e oppositore del padre, Murat Hakan Huzan. Finora non è emerso nulla che confermi le accuse di aver importato in Italia una grossa somma illegalmente, come aveva denunciato anche Fuat Avni un account twitter dell’opposizione. Sta di fatto che lui, da Bologna, ha preferito andarsene, la sicurezza non è mai troppa. Nel settembre 2015, infatti, Bilal aveva deciso di trasferirsi nel capoluogo emiliano per conseguire un master alla sede locale della Johns Hopkins University. In autunno il giornale turco Cumhuriyet aveva rivelato che Bilal si era già preso un appartamento per sé e la sua famiglia, anche iscrivendo i figli a scuola. E chiedendo alla polizia italiana una scorta. Pare fosse prevista una sua permanenza a Bologna fino a due anni, a tanto sarebbe arrivato il suo permesso di soggiorno. Poi, col progredire dell’inchiesta, il 6 marzo ha annunciato di andarsene dall’Italia temendo per la propria incolumità. Aveva motivato in un sms agli amici: «La nostra sicurezza a Bologna è diventata una questione molto delicata, sia per il governo italiano sia per quello turco». Valigie e via, in patria.

Tanto, l’originaria inchiesta in Turchia, che lo vedeva coinvolto insieme a quattro ministri, è stata archiviata nel 2014, secondo gli oppositori su impulso del padre. Dicono che il denaro che Bilal Erdogan avrebbe portato all’estero sarebbe frutto del giro di corruzione noto come «mafia del Bosforo», nonché, come da mesi accusano siriani e russi, del contrabbando di greggio sottocosto con l’Isis e altri jihadisti. Barili poi imbarcati ed esportati su navi della società di trasporti Bmz di proprietà della famiglia Erdogan, secondo Gursel Tekin, del partito Hdp: «È affare di famiglia, gli Erdogan controllano la società e vi hanno deviato fondi pubblici e prestiti dalle banche».

Già il giornale tedesco Bild aveva insinuato due mesi fa sulla grande disponibilità di denaro di Bilal e dei fratelli, fra ville di lusso e affari poco trasparenti. Si calcola che il commercio con l’Isis avrebbe fruttato forse 500 milioni di dollari. Sul fratello maggiore di Bilal, Ahmet Burak, classe 1979, non ci sono accuse di collusione terroristica, ma certo è curioso che sia divenuto al 99% padrone della società di navigazione Mb Denizcilik, che conta almeno sei navi, di cui la più prestante una portacontainer acquistata in cantieri cinesi per 20 milioni di dollari e con stazza di 91.000 tonnellate. Sembra che una nave della compagnia di Ahmet sia stata una delle poche navi turche, forse l’unica, a continuare a fare la spola fra Turchia e Israele anche durante gli anni dell’embargo reciproco dovuto alla lite per la flottiglia di Gaza.

Ci sono infine due femmine, entrambe velatissime in omaggio alla tradizione islamica. Se Esra Erdogan è piuttosto riservata e defilata, è invece più lanciata nella carriera politica la 31enne Sümeyye, che Erdogan ha fatto entrare nei ranghi dell’Akp nel 2015 affidandole in particolare la vicepresidenza di un’associazione femminile affiliata al partito, Kadem. Ebbene, nel corso di un comizio, la figlia di un «sultano» non poteva che dichiarare: «Che le donne ricevano una quota più bassa di eredità rispetto agli uomini è una cosa normale e giusta, considerando le responsabilità che gravano sulle spalle degli uomini secondo l’islam».