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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

Il caso dell’acchiappa-clic della Casaleggio

«Incredibile! Guardate cosa è stato capace di fare il tigrotto...». «Ecco come Di Maio ha strapazzato...». In quei puntini sospensivi c’è tutta l’essenza del clickbait, pratica che si può tradurre in un più diretto «accalappia-clic». Titoli sensazionalistici, foto accattivanti, punti esclamativi: tutto pur di indurre a puntare il cursore e vedere cosa cela quel link.
Fenomeno stranoto per gli utenti di Internet, diffuso sui social network, blog e siti di informazioni, è strumento largamente usato anche dal M5S. Al punto che Paolo Coppola, un deputato del Pd, docente di informatica all’Università di Udine, ha chiesto di vederci chiaro presentando un’interpellanza alla Camera. «Il M5S è l’unica forza politica a usarlo, indirizzando gli utenti dalla pagina di Facebook verso siti di proprietà personale come quello di Beppe Grillo, registrato a nome di Emanuele Bottaro». Non solo: il M5S è linkato anche ad altri siti di proprietà aziendale, tra i quali tzetze.it, la-cosa.it, lafucina.it, a loro volta in mano alla Casaleggio Associati Srl. Siti che hanno fatto scuola con la loro titolazione urlata che rimanda a video di parlamentari 5 Stelle in un’arena tv o durante un intervento in Parlamento. Nella rete logistica del Movimento di Grillo tutto si tiene. Clic dopo clic si attraversa il labirinto pentastellato fatto di pubblicità e siti di para-informazione. Si apre il blog del comico, bardato di banner, e si può cliccare sulla nuova piattaforma Rousseau o andare sul sito vero e proprio del M5S.
Un processo che pone molte domande sui lati ancora poco chiari della gestione aziendale di un partito politico. «Usano i loro simpatizzanti e li sfruttano per fare soldi. Anche perché non è che mettono i clickbait sulla pagina degli spettacoli di Grillo. Ma su un sito politico che fa guadagnare la Casaleggio. E chi ci dice che non sia anche un modo per aggirare le regole sul finanziamento pubblico ai partiti?», spiega ancora Coppola. Ma cosa chiede il deputato Pd? «Di vietarlo per le forze politiche, soprattutto se stabiliamo che è una pratica fraudolenta». Sul tema c’è un lungo dibattito che ha portato Facebook e altri social a rivedere i propri algoritmi per limitarne l’uso. E un riflesso, in realtà, c’è stato anche dentro il sito di Grillo, dovuto forse al passaggio di testimone da Casaleggio padre al figlio: «Noterete che sono titoli molto più misurati» spiega Paolo Romano, deputato grillino delegato ai nuovi media che difende l’impianto web del M5S: «Penso sia netta la separazione tra il sito di Grillo e il nostro dove non c’è traccia di pubblicità. Se poi la Casaleggio guadagna dai clic e dirotta i soldi su Rousseau e altro, io questo non lo so, ma può anche essere».