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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

Gli attentatori di Istanbul avevano l’esplosivo nascosto sotto piumini e cappotti • Sfida sulle banche tra Roma e Berlino • Niente pezzi di F16: segnale all’Egitto per il caso Regeni • Recuperato il barcone con i cadaveri dei settecento migranti naufragati nell’aprile 2015 • L’uomo che ha massacrato a coltellate una transessuale brasiliana e una ragazza dominicana • L’uomo che ha sparato alla compagna

 

Istanbul La strage all’aeroporto Atatürk di Istanbul è stata «una vendetta dell’Isis». Una risposta a Erdogan, responsabile agli occhi dei jihadisti di aver fatto pace con Israele e di aver ripreso le relazioni con l’alleato di Assad, Putin. Il modus operandi è lo stesso dell’attacco a Bruxelles. Gli attentatori arrivano in taxi. Entrambi indossano abiti invernali, forse per coprire le armi e le cinture esplosive. Uno cammina all’esterno della zona arrivi. Indossa un piumino nero. Si tiene una mano sulla pancia, le telecamere lo immortalano forse un attimo prima che si faccia saltare. È il «kamikaze ariete» che ha permesso agli altri due di entrare sfruttando il panico, spiega il premier turco Binali Yildirim. L’altro indossa un cappotto nero, lungo. Entra nella hall. Spara sulla folla, gli si inceppa l’arma (un AK47), si fa saltare. Il terzo uomo viene colpito da un poliziotto al piano superiore, nella zona partenze. Cade a terra, è agonizzante. Ma riesce ad azionare il detonatore. All’interno dell’aeroporto si scatena l’inferno. «I kamikaze sono stranieri, abbiamo eseguito le autopsie e fatto le analisi del Dna»: è l’unica informazione che trapela dalla cortina di censura imposta dal governo di Ankara. Quarantadue le vittime: di quelle identificate, 23 sono turche (fra cui una coppia di inservienti, un tassista, cinque poliziotti, guide turistiche). Gli stranieri sono 14: sauditi, iraniani, un cinese, un uzbeko, una donna palestinese. C’è anche un pediatra dell’ospedale militare di Tunisi (Serafini, Cds).

Vertice 1 Il Consiglio dei capi di Stato e di governo, riunitosi per la prima volta senza la Gran Bretagna, è apparso unito nel rinviare le decisioni sull’uscita di Londra dall’Ue a un summit straordinario del 16 settembre prossimo a Bratislava (Caizzi, Cds).

Vertice 2 Dal vertice a Bruxelles è emersa una divergenza tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier Matteo Renzi su come affrontare le possibili conseguenze negative di Brexit sull’economia e i sistemi bancari nazionali, segnalate ai leader Ue dal presidente della Bce Mario Draghi. Merkel, rispondendo sulle banche italiane, ha escluso che Brexit possa consentire di ottenere più flessibilità di spesa: «Credo che il patto di Stabilità abbia al suo interno abbastanza flessibilità anche nell’attuale situazione. Sull’Unione bancaria abbiamo stabilito regole specifiche. Non possiamo tirarne fuori nuove ogni due anni». Renzi ha replicato polemicamente che l’Italia non ha chiesto una revisione delle regole «cambiate l’ultima volta nel 2003 per consentire a Germania e Francia di sforare il tetto del 3% sul deficit». Ha ricordato che «allora il governo Berlusconi accettò di violare le regole per fare un favore alla Francia e alla Germania». E che «il problema delle banche doveva essere affrontato in passato», quando non c’erano gli attuali limiti sugli aiuti di Stato. Ha chiamato in causa anche i governi di Mario Monti e di Enrico Letta (con Fabrizio Saccomanni all’Economia), riferendosi a vari accordi accettati con Bruxelles. Il Fiscal Compact, l’Unione bancaria (senza garanzia dei depositi) o gli aiuti Ue alle banche tedesche e francesi esposte nei Paesi a rischio sono risultati vantaggiosi per la Germania e penalizzanti per l’Italia, colpita da anni di recessione, impoverimento e conseguente crescita dei crediti bancari non esigibili. «La Germania ha messo 247 miliardi di euro per salvare le proprie banche, mentre i premier italiani, pur potendo, non lo hanno fatto», ha accusato Renzi, garantendo di essere comunque «nelle condizioni per proteggere i denari dei correntisti e dei cittadini». Anche perché, nonostante Merkel e le riserve della Commissione europea, intende «ricapitalizzare ulteriormente» il fondo Atlante per le banche in difficoltà, che «ha dato risposte molto importanti» (Caizzi, Cds).

Regeni L’«emendamento Regeni», come è stata ribattezzata la norma che blocca la fornitura all’Egitto di pezzi di ricambio degli aerei F16, dopo il «sì» del Senato arriva alla Camera. Secondo le voci circolate ieri a Montecitorio, il governo sarebbe intenzionato a porre la fiducia per farlo approvare già nella prossima settimana. Un «segnale», che segue il mancato accreditamento del nuovo ambasciatore al Cairo, Giampaolo Cantini, e vuole essere una forma, indiretta, di protesta per l’esito grottesco delle indagini sulla morte per tortura del ricercatore friulano Giulio Regeni.

Migranti Dal fondo del Mediterraneo, a una profondità di 370 metri, la Marina Militare è riuscita a recuperare i corpi dei migranti, 700, forse 800, naufragati nell’aprile 2015. Un impressionante carico di disperati, affondati dentro uno sgangherato peschereccio salpato dalle coste libiche. Erano stati ammassati fra stiva, ponte e fiancate da brutali scafisti, due dei quali sono sopravvissuti e ora sono sotto processo a Catania. Il barcone, imbragato da braccia meccaniche, pilotate con una sorta di mega joystick da militari e ingegneri di società specializzate, ora è arrivato a Augusta dove lo attendono più di dieci medici legali. Dovranno eseguire autopsie finalizzate a redigere un elenco dei Dna con la speranza di potere rintracciare i familiari (Cavallaro, Cds).

Delitto 1 Gilberto Manoel Da Silva, 45 anni. Transessuale brasiliana, «gentile con tutti, tranquilla e carina», si prostituiva a Firenze in un piccolo appartamento dove abitava con le dominicane Mariela Josefina Santos Cruz, 27 anni, e F.M., 25 anni. Tra i clienti aveva Mirco Alessi, 42 anni, fiorentino, separato da pochi mesi, figlio di imprenditori, venditore di borse. Costui martedì sera andò a casa sua, all’alba in camera da letto chissà perché scoppiò una lite e l’uomo, forse fatto di coca, corse in cucina, afferrò un coltellaccio e lo infilò più volte nel corpo della trans. Quindi si scagliò contro la Santos Cruz, la ragazza provò a fuggire ma lui la raggiunse nell’androne e lì la massacrò di coltellate. Voleva ammazzare pure F.M. ma quella vendendolo brandire la lama si gettò dalla finestra del primo piano procurandosi solo feriti lievi. Subito dopo l’Alessi montò sulla sua Citroën C1 rossa, andò nel suo mini appartamento di via Palazzuolo, dove viveva prima della separazione con la moglie e un figlio, e si cambiò gli abiti zuppi di sangue. Quindi telefonò agli anziani genitori per dirgli «ho fatto una cavolata», rimontò in auto e arrivò a Siena, dove fu arrestato. Alle 7 di mattina di mercoledì 29 giugno in un piccolo appartamento in via Fiume 1, a due passi dalla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, a Firenze (Gasperetti, Cds).

Delitto 2 Emanuela Preceruti, 44 anni. Di Dorno in provincia di Pavia, casalinga, una figlia di 12 anni avuta da una precedente relazione, qualche anno fa s’era trasferita in Francia per seguire un nuovo amore ma anche quella storia era finita male. Su Facebook aveva ritrovato il compaesano Roberto Garini, 51 anni, infermiere, separato. Tra i due era subito sbocciata la passione, lui l’aveva fatta tornare a Dorno dicendosi disposto a mantenerla e ad accogliere pure la figlia. Così i tre erano andati a vivere in una palazzina a due piani di via Passerini, nel centro del paese, da cui erano stati ricavati due appartamenti attigui ma separati. Da tempo però le cose non funzionavano più, lui beveva troppo ed era diventato irascibile, così lei tre settimane fa gli aveva fatto sapere che voleva lasciarlo. Lui, imbestialito, pretendeva che lei gli restituisse i soldi che gli aveva fatto spendere per la ristrutturazione della casa e per «comprarle la macchina, i vestiti, tutto quanto». L’altra sera dopo aver trangugiato otto birre di fila le mandò un sms sollecitando il «saldo del debito», lei in segno di scherno scoppiò in una fragorosa risata e allora lui entrò nell’appartamento impugnando una delle tre pistole che usava al poligono, sfondò con una mazza la porta del bagno dove madre e figlia s’erano rifugiate, sparò più colpi solo contro la compagna ma un proiettile rimbalzando colpì di striscio la ragazzina che si finse morta e poi quando capì che il killer s’era allontanato corse in balcone e si tuffò in cortile. Intanto il Garini, dopo aver chiamato il 118 («ho ucciso la mia compagna») si trincerò in salotto, aprì la finestra, minacciò i pochi passanti di far fuoco e infine si lasciò catturare dai carabinieri di Vigevano che lo trovarono in bagno, avvinghiato in lacrime al cadavere della Preceruti. Intorno alle 23 di martedì 28 giugno in via monsignor Passerini a Dorno, cinquemila anime in provincia di Pavia (Galli, Cds).

(a cura di Roberta Mercuri)