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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

La creazione di un esercito europeo è fallita. Che cosa si può fare

Nel 1954, con Pierre Mendès France, la Francia fece cadere la Ced (Comunità europea di Difesa) e fu un trauma. Sembrò la fine di un 
sogno. E invece, proprio da lì, l’idea di Europa riprese il suo cammino. 
Sarà così anche stavolta?
Filippo Fabrizi
 
Caro Fabrizi,
Ne abbiamo già parlato su questa pagina in altre occasioni, ma il tema resta attuale e, soprattutto dopo il voto britannico, può essere utile rinfrescare la memoria di uno scacco. La formazione di un esercito europeo integrato, composto dai sei Paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi) che avevano recentemente creato la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, era un progetto francese e presentava almeno due vantaggi: avrebbe risolto il problema del riarmo tedesco, che gli Stati Uniti ritenevano necessario per fare fronte alla minaccia sovietica e altri consideravano inopportuno; sarebbe stato un passo decisivo verso la creazione di uno Stato federale europeo.
Il progetto cadde nel Parlamento francese il 30 agosto del 1954 grazie a una alleanza contro natura fra gollisti e comunisti. I no furono 319, i sì 264; e nel gruppo degli avversari vi furono anche voti di deputati socialisti e radicali. Fu chiaro, da quel momento, che la creazione di un esercito europeo, dopo il cattivo esempio francese, si sarebbe scontrata in ogni Paese contro un connubio fra nazionalisti e comunisti. Alla conferenza di Messina, nel giugno 1955, fu deciso di adottare un altro percorso: quello della integrazione economica. Due anni dopo, nel marzo 1957, i sei avrebbero firmato a Roma, in Campidoglio, i trattati per la creazione del Mercato comune.
Oggi il tema dell’esercito europeo viene sollevato ogniqualvolta le vicende internazionali dimostrano che la mancanza di un braccio armato impedisce all’Europa di avere, soprattutto nel Medio Oriente, un ruolo corrispondente ai suoi interessi e alle sue ambizioni. Ma esiste, a mio avviso, un’altra difficoltà che renderebbe ogni tentativo poco realistico.
Tra la statura militare dei singoli membri dell’Unione Europea esiste ormai una forte disparità qualitativa. Vi è una potenza nucleare, la Francia, che non sembra avere alcuna intenzione di portare in dote all’Europa la sua principale risorsa militare. Vi sono Paesi che spendono per le loro forze armate somme significative, e altri, come l’Italia, che spendono troppo poco. È difficile creare una nuova istituzione paritetica e solidale con membri che non sono tali. È meglio, soprattutto in questo periodo, non intraprendere iniziative in cui il rischio del fallimento è alto. Sarebbe meglio puntare su un altro obiettivo, più urgente e più realizzabile. Penso alla creazione di una polizia di frontiera europea. Il Trattato di Schengen ha creato una frontiera comune, ma ha implicitamente permesso che ogni Paese gestisse il proprio tratto con criteri nazionali. Sappiamo quali siano stati i risultati di questa negligenza. Una polizia europea, con competenze nel campo della lotta contro il terrorismo, potrebbe essere la migliore risposta possibile al problema dell’immigrazione e diventare domani l’embrione di un esercito europeo.