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 2016  giugno 30 Giovedì calendario

Mario Gomez non cerca vendetta, almeno così dice

Ci sono stati momenti in cui Mario Gomez faceva letteralmente ridere, s’era infilato uno di quei costumi da attaccante iellato che prima o poi quasi ogni centravanti finisce per indossare, facendo figure da pagliaccio: la palla gli passa vicino senza che lui la prenda, oppure non finisce mai dove deve, o ancora prende dei giri senza attinenze con il movimento fisico di una sfera. Capita. Mariolone, mentre gli altri gli ridevano dietro, ha finito per intristirsi e ha dovuto andare (scappare?) lontano, fino in Turchia, però adesso è qui, con la faccia molto seria, a rappresentare una serissima minaccia per la nazionale italiana. Quanti l’avrebbero detto a Firenze, in Toscana, in Italia ma forse persino in Germania? «Comunque non sono questi i motivi che rendono speciale la partita di sabato. Lo è perché vale una semifinale. Io di personale non ho niente da mettere, e anche se l’esperienza di Firenze non è stata del tutto felice non ho nessun sentimento di vendetta» diceva ieri dalle sponde del Lago di Ginevra, dove si trova il campo base tedesco.
Firenze per lui è stata un’incompiuta, soprattutto perché è stato sovrastato dalla sfortuna: nei due anni viola, Gomez, comprato dal Bayern per 20 milioni, s’è rotto praticamente tutto: caviglia, ginocchia, cosce. Doveva, lui possente, far coppia con il raffinato Pepito Rossi, rotto ancor più di Mario. Hanno lasciato solo rimpianti, oltre alle ironie che hanno perseguitato questo centravantone tedesco senza che se le meritasse tutte. Ma ora sembra uscito dai suoi moltissimi tunnel (anche al Bayern gli infortuni furono il suo limite: fu Mandzukic a fregargli il posto durante una delle sue più lunghe convalescenze): ripartendo dalla Turchia, ha vinto con il Besiktas sia il campionato sia il titolo di capocannoniere, con 26 gol in 33 partite, riportando su di sé le attenzioni di Loew che ho la ripescato dopo 4 anni di vuoto (da Euro 2012 al marzo scorso ha giocato solo 4 amichevoli) e poi lo ha rimesso al centro dell’area, lui unico vero 9 in una squadra che s’era ormai abituata, o forse rassegnata, a giocare senza centravanti ma che alla fine è attorno alla figura del centravanti che s’è ripristinata, se è vero che le due gare più convincenti del torneo, con Irlanda del Nord e Slovacchia, i tedeschi le hanno giocate con lui davanti, e le hanno vinte con i suoi gol vecchio stile. «Sto facendo un buon Europeo. Ma solo alla fine potrò dire quanto lo sarà stato veramente».
Bisogna però dirlo: non è detto che Gomez con l’Italia giochi. Loew potrebbe sacrificarlo se decidesse di riproporre il 3-4-3 con cui vinse (4-1) l’amichevole di tre mesi fa a Monaco, ma anche se ritenesse di non dover tornare alla formula presentata inizialmente in Francia, con Goetze (finora deludente fino allo sfinimento) centravanti per finta. «Decido in base agli avversari», spiega il ct. Contro quelli grandi e grossi ha messo il grande e grosso Gomez, che nel frattempo sta anche recuperando quella reputazione internazionale che aveva quasi perduto, nonostante una carriera con 259 gol tra i club e 29 in nazionale. Nella Fiorentina, dove è rientrato dopo il prestito al Besiktas (che, per riscattarlo, non ha offerto più di un milione), non c’è spazio per lui: Paulo Sousa non lo considera adeguato alle sue idee di gioco. I viola stanno facendo il tifo per Gomez per ragioni molto opportunistiche: se Mariolone gioca e segna la sua quotazione torna a crescere e magari qualcuno che paga lo si trova. La cosa strana è che il centravanti della nazionale tedesca vale al massimo 3 o 4 milioni, che sono quelli che i Della Valle spererebbero di incassare vendendolo. È una quotazione che sembra pure lei ridicola, ma pesano due fattori: il contratto in scadenza nel 2017 e lo stipendio di 4,5 milioni ancora da pagare. Ma a tenere basso il prezzo era soprattutto la reputazione perduta. A qualcuno serve un vero nove?