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 2016  giugno 28 Martedì calendario

Francia e Italia si piegano alla linea “morbida” della Germania sulla Brexit in cambio di flessibilità

È mezzogiorno quando Matteo Renzi entra nell’aula di Montecitorio per spiegare ai deputati la posizione italiana in vista del vertice del pomeriggio a Berlino con Angela Merkel e François Hollande. Un summit cruciale per rilanciare l’Europa dopo Brexit. Il premier vuole che partorisca proposte forti da portare al summit a 27 (senza Cameron) di oggi e domani a Bruxelles. Laura Boldrini lo avvicina e sussurra: «Allora, come andrà stasera?». Il premier risponde: «Il problema è che la signora non ha voglia di dare una vera scossa all’Europa». La signora è Angela Merkel. Uno scambio di battute che con qualche ora di anticipo rende il senso di quello che diventerà la giornata di ieri. Storica, perché nel pomeriggio a Berlino la linea europea viene dettata in un formato innovativo dai tre maggiori paesi superstiti dell’Unione. La risposta al Brexit c’è, ma è frutto di un grande compromesso e sarà diluita nel tempo.Angela Merkel porta a casa il punto immediato, quello che le stava a cuore. Al di là della retorica sulla necessità di non perdere tempo, nessun pressing concreto (magari con azioni ritorsive) su Londra per accelerare l’avvio delle pratiche di divorzio dall’Unione. I tempi li possono dettare gli inglesi. E dunque tutto rinviato a settembre-ottobre, per non punire un partner cruciale per l’industria tedesca. E c’è da aspettarsi che il divorzio non sarà né rapido né doloroso, come invece auspicavano Parigi e Bruxelles per dissuadere altri governi a tentare l’avventura fuori dall’Ue.E così mentre a Parigi l’Italia sta battendo la Spagna, congedati i cronisti il premier italiano e il presidente francese si siedono a cena con la Cancelliera per continuare le discussioni. Andranno avanti fino a tarda sera. I due leader non ottengono un rilancio in grande della costruzione europea e nemmeno la possibilità di costruire un’Unione a due velocità, con gruppi di paesi che possano andare avanti nell’integrazione su temi specifici. Merkel non vuole toccare nulla prima delle elezioni tedesche del 2017 e non vuole lasciare indietro i paesi dell’Est, croce e delizia di Berlino. Ma se non portano a casa un nuovo progetto visionario, è sull’amministrazione di alcuni dossier specifici che qualche cambiale la incassano. Innanzitutto Renzi riesce a salvare quello che con i suoi definisce «il momentum», lo slancio e l’urgenza del momento, con un’agenda verificabile di riforme europee su temi cruciali per l’Italia, a partire dalla crescita. Il calendario è questo: a settembre ci sarà un vertice straordinario a 27 per passare alle proposte concrete. Nei summit di ottobre e dicembre si chiuderà il lavoro, dunque «entro sei mesi», come avevano auspicato sabato Hollande e Renzi all’Eliseo. Per rendere l’Europa più forte e in grado di rispondere alle richieste dei suoi cittadini, Renzi e Hollande ottengono che nel comunicato finale – redatto in francese e tedesco, ma non in inglese – si assicuri che le proposte che saranno sfornate a settembre si punterà alla «crescita per creare occupazione, in particolare per i giovani» e sugli «investimenti per rilanciare l’economia». E ancora, si promettono «nuove tappe» per rinforzare la crescita dell’eurozona, anche dal punto di vista delle politiche di bilancio. Per Roma e Parigi un libro dei sogni, anche se questi impegni entro settembre dovranno essere declinati in proposte concrete attraverso negoziati prevedibilmente duri. Hollande ottiene impegni forti sulla sicurezza, con la promessa di «rinforzare i mezzi comuni per proteggere le frontiere esterne» e «lo sviluppo della difesa europea» per portare a termine operazioni militari congiunte.Se tutto questo processo dovrà essere chiuso a dicembre, si riconosce che il 60esimo anniversario dell’Unione che si celebrerà il 25 marzo a Roma «sarà un appuntamento importante per riaffermare l’unità europea». Evento sul quale Renzi punta molto. Il sogno del premier è un nuovo patto politico per l’Europa. Magari, se ce ne saranno le condizioni politiche, per lanciare una costituente che riscriva i trattati europei donando una nuova anima e nuove politiche all’Unione.