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 2016  giugno 28 Martedì calendario

Quelle microtelecamere nascoste nelle buste che facevano vincere gli appalti. È successo a Benevento

Come in un film di Totò, anzi di più. Perché se è vero che con quei 140 mila euro pronti per pagare le tangenti nascosti sotto il materasso si fa un balzo indietro nel tempo, con l’uso del laparoscopio per leggere l’offerta delle società edili sigillata nelle buste, si va verso il futuro della corruzione.
Lo strumento di microchirugia, dotato di microscopica telecamera, era utilizzato dal dominus dell’operazione di Benevento per leggere il contenuto, segretissimo, delle buste e poter così truccare le gare d’appalto. Angelo Mancini, 46 anni, dirigente comunale e presidente delle commissioni di aggiudicazione delle gare, è finito in carcere. Da chiarire tra l’altro dove si sia procurato il laparoscopio, apparecchio in uso alle strutture sanitarie pubbliche e private di non facile reperibilità. Altre nove persone – imprenditori edili – sono agli arresti domiciliari e un altro ha l’obbligo di firma. I carabinieri del Comando provinciale di Benevento agli ordini del colonnello Pasquale Vasaturo, coordinati dal procuratore capo di Benevento Giovanni Conzo, ieri mattina hanno sequestrato 250 mila euro in contanti (oltre a quelli sotto il materasso, 110 mila che un costruttore custodiva nella cassaforte), più beni immobili per oltre un milione.
Gli appalti pilotati grazie al laparoscopio risalgono alle gare del Comune di Benevento nell’ambito del progetto «PiuEuropa» che, tra il 2011 e il 2013, gestiva fondi comunitari. Nello specifico riguardano i lavori per la riconfigurazione di alcune piazze, la realizzazione del Terminal Bus nei pressi dello Stadio, la riqualificazione del ponte di Santa Maria degli Angeli, la costruzione del ponte didattico ciclo-pedonale e di un altro sul fiume Sabato. L’importo dei progetti variava tra i 600 mila ed i 5 milioni di euro, mentre le mazzette erano saldate in tranche da 30, 40, 50 mila euro. Mancini, come si legge nell’ordinanza del gip Flavio Cusani, «proponeva ai responsabili delle imprese partecipanti il pagamento di una tangente di importo pari al 7% dei lavori da effettuare». 
Il nucleo investigativo, guidato dal capitano Vincenzo Pappalardo, ha accertato – tramite intercettazioni ambientali – il metodo utilizzato dal dirigente comunale. Dopo aver letto il contenuto delle buste dei vari partecipanti – con una microcamera introdotta attraverso un impercettibile foro tramite una cannula sottilissima – poteva stabilire in anticipo il punteggio da attribuire alle varie ditte, in modo da favorire quelle «amiche» che gli avevano versato la mazzetta. 
Al momento dell’apertura delle buste, nessuno si è mai accorto della manomissione. Per tutti gli undici indagati le accuse sono di corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio.
L’inchiesta è partita da un’altra indagine che vedeva alcuni degli imprenditori arrestati coinvolte in un giro di usura. Alcuni come vittime, altre come strozzini, in barba a vecchie e insospettabili amicizie.